Il vaccino anti COVID-19 con proteina spike ricombinante è indicato per l’immunizzazione attiva per prevenire la malattia COVID-19 in pazienti adulti. (leggi)
Riportiamo di seguito la posologia del vaccino anti COVID-19 con proteina spike ricombinante. (leggi)
Il vaccino anti COVID-19 con proteina spike ricombinante è controindicato in caso di ipersensibilità. (leggi)
Negli studi clinici l’efficacia massima del vaccino anti COVID-19 con proteina spike ricombinante è stata raggiunta dopo una settimana dalla seconda dose. (leggi)
Quando somministrato con il vaccino antinfluenzale, la risposta anticorpale verso il virus SARS-CoV-2 è risultata inferiore rispetto a quando il vaccino anti COVID-19 con proteina spike ricombinante è somministrato da solo (dati preliminari da studi clinici). (leggi)
Negli studi clinici, le reazioni di reattività al vaccino (sintomi comparsi nella settimana successiva alla vaccinazione) sono state nella maggior parte dei pazienti, di grado lieve-moderato. (leggi)
In studi di tossicità riproduttiva non sono stati evidenziati effetti tossici sulla fertilità, la gravidanza, l’allattamento, lo sviluppo embriofetale e della prole in ratti femmina. (leggi)
Il vaccino anti COVID-19 con proteina spike ricombinante (NUX-CoV2373, commercializzato da Novavax con il nome di Nuvaxovid) contiene la proteina spike del virus SARS-CoV-2 wild-type (virus originario identificato a Wuhan) a lunghezza intera. (leggi)
Per i vaccini non è richiesta una valutazione sulla farmacocinetica. (leggi)
Il codice ATC, anatomo-chimico-terapeutico, per il vaccino anti COVID-19 con proteina spike ricombinante è J07BX03. (leggi)
Le informazioni contenute nella ricerca Pharmamedix dedicata al vaccino anti COVID-19 con proteina spike ricombinante sono state analizzate dalla redazione scientifica con riferimento alle fonti seguenti. (leggi)
Vaccino anti COVID-19 con proteina spike ricombinante è prescrivibile nelle specialità commerciali Nuvaxovid. (leggi)
Il vaccino anti COVID-19 prodotto dalla società Novavax, approvato dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) a dicembre 2021 e distribuito con il nome commerciale di Nuvaxovid, contiene la proteina spike del virus SARS-CoV-2 wild-type (ceppo originario isolato a Wuhan) ottenuta con la tecnica del DNA ricombinante più una sostanza adiuvante, aggiunta per potenziare la risposta immunitaria verso la proteina virale. La proteina spike ricombinante è stata leggermente modificata per aumentarne la stabilità al calore e agli enzimi proteolitici, e per rendere più stabile il legame con il recettore ACE2 che il virus utilizza per entrare nelle nostre cellule.
Lo schema vaccinale prevede due dosi da somministrare a 21 giorni una dall’altra.
Negli studi clinici condotti in diversi paesi – Regno Unito, SudAfrica, USA, Messico - l’efficacia del vaccino anti COVID-19 con proteina spike ricombinante si è attestata, dopo la seconda dose, attorno al 90% verso la malattia COVID-19 sintomatica. Gli studi clinici sono stati condotti in un periodo di tempo in cui oltre al virus originario, circolavano diverse varianti virali preoccupanti, tra cui alfa e beta erano quelle più comuni. La risposta immunologica è risultata significativa sia nei pazienti più giovani che in quelli più anziani. E’ probabile che anche per questo vaccino, come già osservato per quelli che lo hanno preceduto (vaccini a mRNA e a vettore virale), l’efficacia diminuisca nel tempo. Non ci sono dati sull’efficacia del vaccino verso la variante omicron, prevalente nel momento in cui scriviamo (gennaio 2022).
Dal punto di vista della tollerabilità, negli studi clinici, i sintomi di reazione alla vaccinazione (reattogenicità) osservati nella prima settimana dopo l’iniezione sono risultati in genere di grado lieve-moderato, a carico del sito di iniezione – dolore, gonfiore, arrossamento – o sistemici – i più frequenti: febbre, brividi, stanchezza, malessere, dolore alle ossa e ai muscoli, mal di testa, nausea e vomito. L’incidenza dei sintomi di reattogenicità aumenta con la seconda dose del vaccino, e con il diminuire dell’età (i pazienti più giovani hanno manifestato una maggiore reattogenicità). Negli studi clinici non sono stati arruolati pazienti pediatrici.