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Litio

Carbolithium e altri


Indicazioni - Quali sono le indicazioni terapeutiche di Litio?

Il litio è indicato nel trattamento del disturbo bipolare (forme maniacali, forme ipomaniacali, forme maniaco-depressive) e nella prevenzione delle recidive. (leggi)

Posologia - Qual è la posologia di Litio?

Riportiamo di seguito la posologia del litio nelle diverse indicazioni terapeutiche. (leggi)

Controindicazioni - Quando non si deve usare Litio?

Il litio è controindicato in caso di ipersensibilità. (leggi)

Avvertenze - Quali informazioni conoscere prima di usare Litio?

La dose giornaliera di litio deve essere individualizzata sulla base dei livelli plasmatici del farmaco. (leggi)

Interazioni - Quali sono le interazioni farmacologiche di Litio?

Gli ACE-inibitori diminuiscono l’eliminazione di litio (aumento dei livelli plasmatici di litio) con conseguente comparsa di tossicità neurologica. (leggi)

Effetti collaterali - Quali sono gli effetti collaterali di Litio?

La somministrazione di litio comporta la comparsa di effetti collaterali dose-dipendenti, quali nausea e diarrea, tremore fine localizzato alle mani, stanchezza e debolezza muscolare. (leggi)

Tossicità - Qual è la tossicità di Litio?

Il litio possiede un basso indice terapeutico, cioè la differenza fra dosi terapeutiche (0,5-1,2 mEq/L) e tossiche è piccola. (leggi)

Farmacologia - Come agisce Litio?

Il litio è un farmaco stabilizzante dell’umore, utilizzato in terapia fin dal 1947. (leggi)

Farmacocinetica - Qual è il profilo farmacocinetico di Litio?

La farmacocinetica del litio varia notevolmente da un paziente all’altro (variabilità interindividuale). (leggi)

Classificazione - Qual è la formula di struttura di Litio?

La formula bruta del litio è Li2CO3. (leggi)

Bibliografia - Quali fonti bibliografiche per Litio?

Le informazioni contenute nella ricerca Pharmamedix dedicata al litio sono state analizzate dalla redazione scientifica con riferimento alle fonti seguenti. (leggi)

Specialità - Quali sono le specialità medicinali che contengono Litio?

Litio è prescrivibile nelle specialità commerciali Carbolithium, Litio Carbonato, Resilient. (leggi)

 

Il litio è un farmaco stabilizzante dell’umore indicato nel trattamento del disturbo bipolare (forme maniacali, forme ipomaniacali, forme maniaco-depressive) e nella prevenzione delle recidive; nel trattamento del disturbo depressivo maggiore in associazione ad antidepressivi e nel trattamento dei disturbi schizoaffettivi in associazione ai neurolettici. E’ indicato come farmaco di seconda linea nella profilassi della cefalea a grappolo. Può essere utilizzato in caso di leucopenia (conta leucocitaria < 4000/microlitri) da farmaci in ambito ospedaliero.

Il litio è somministrato in terapia sottoforma di carbonato di litio. La dose di litio raccomandata per il trattamento dei disturbi dell’umore è compresa fra 600 e 18000 mg/die (litio carbonato) da suddividere in 2-6 somministrazioni giornaliere. La stessa dose è indicata nella profilassi della cefalea a grappolo.

Il litio è un farmaco con basso indice terapeutico, la differenza cioè fra dose terapeutica e dose tossica è piccola. Le concentrazioni plasmatiche terapeutiche sono infatti comprese fra 0,5 e 1,2 mEq/L (corrispondenti a 0,5-1,2 mmoli/L), mentre livelli sierici uguali o superiori a 1,5 mEq/L sono già livelli tossici. In alcuni pazienti può comparire tossicità sistemica per concentrazioni sieriche di litio (litiemia) considerate terapeutiche (1 mEq/L). Alcune condizioni inoltre come disidratazione, ridotta funzionalità renale, regimi dietetici specifici possono influenzare in modo significativo la litiemia (ampia variabilità interindividuale). La concentrazione plasmatica del litio deve quindi essere monitorare con attenzione: si raccomanda di misurare la litiemia una volta alla settimana per i primi due mesi, una volta al mese per 6-8 mesi, quindi una volta ogni 2-3 mesi. La litiemia deve essere inoltre controllata ogni volta che si effettua un aggiustamento del dosaggio.

Il litio è controindicato in caso di ipersensibilità, insufficienza renale, infarto acuto del miocardio, disidratazione grave, deplezione di sodio, squilibri elettrolitici e trattamento con farmaci diuretici. Il farmaco è inoltre controindicato nei bambini (età <12 anni) e il suo uso routinario è fortemente sconsigliato nel primo trimestre di gravidanza (rischio elevato di malformazioni cardiache) (linee guida NICE).

Da un punto di vista elettrolitico, il litio e il sodio sono sovrapponibili essendo entrambi ioni a carica positiva singola. Questo comporta una sorta di interscambio a livello di flussi elettrolitici nel tubulo renale: un sovraccarico di sodio determinerà un aumento compensatorio della perdita di litio, con conseguente riduzione della concentrazione plasmatica del farmaco, mentre una situazione di disidratazione stimolerà la ritenzione da parte dell’organismo di sodio e insieme a questo anche di litio, con conseguente incremento del livello sierico di quest’ultimo. I diuretici infine possono avere un effetto paradosso di ritenzione urinaria quando somministrati con litio. Sono esclusi i diuretici osmotici e i diuretici inibitori dell’anidrasi carbonica come l’acetazolamide.

Il litio inoltre esplica un’azione inibitoria sull’ormone antidiuretico (ADH) a livello del tubulo collettore che comporta la perdita della capacità di concentrare le urine. La poliuria (volume di urina > 2 litri nelle 24 ore) è uno degli effetti collaterali più comuni in corso di terapia con litio (circa un terzo dei pazienti). In genere è sufficiente reintegrare i liquidi persi assumendo almeno 2-3 litri di acqua al giorno. Con il proseguire del trattamento con litio la poliuria tende a diminuire per un aumento compensatorio dell’aldosterone che porta a ritenzione di sodio e quindi, per effetto osmotico, di acqua. In alcuni pazienti il litio può provocare diabete insipido nefrogenico che può essere trattato con amiloride. L’amiloride è un diuretico risparmiatore di potassio che agisce sul tubulo contorto distale e sul tubulo collettore antagonizzando l’azione del litio a questo livello. Inoltre l’amiloride permette di contrastare la perdita di potassio (rischio di ipokaliemia) associata al diabete insipido.

La somministra cronica di litio può indurre nel tempo cambiamenti morfologici della struttura del rene che possono portare a insufficienza renale grave (dialisi). E’ importante quindi monitorare la funzionalità renale prima di iniziare la terapia con litio e successivamente con cadenza semestrale o annuale.

Nei pazienti in terapia con litio devono essere periodicamente monitorare anche la funzionalità tiroidea (livelli sierici di T4, T3 e TSH) per evidenziare un eventuale ipotiroidismo (2-15% dei pazienti) e la funzionalità cardiaca tramite elettrocardiogramma perchè il farmaco può provocare appiattimento o inversione dell’onda T. Il litio non deve essere somministrato in caso di ipotiroidismo pregresso e in pazienti con disturbi del ritmo e della conduzione del cuore.

La prescrizione di litio richiede cautela anche in pazienti con disturbi o malattie neurologiche quali epilessia, demenza, Parkinson, miastenia grave.

Il litio presenta numerose interazioni farmacologiche. Gli ACE-inibitori, l’aloperidolo, gli antagonisti del recettore dell’angiotensina II (sartani), i FANS, i diuretici (diuretici dell’Ansa, diuretici risparmiatori di potassio, diuretici tiazidici), la tetraciclina modificano, riducendola, la clearance del litio con conseguente aumento dei livelli plasmatici e comparsa di tossicità. Altri farmaci invece riducono la litiemia come ad esempio il sodio, i derivati della xantina i diuretici osmotici e i diuretici inibitori dell’anidrasi carbonica. I calcio-antagonisti, l’amiodarone e il propranololo quando somministrati con il litio possono provocare bradicardia. Gli antipsicotici possono mascherare i sintomi di tossicità indotti dal litio. Infine gli inibitori della ricaptazione della serotonina (SSRI) e la venlafaxina in associazione a litio aumentano il rischio di sindrome serotoninergica (reazione avversa grave potenzialmente fatale).

La somministrazione di litio comporta la comparsa di effetti collaterali dose-dipendenti, quali nausea e diarrea, tremore fine localizzato alle mani, stanchezza e debolezza muscolare. La comparsa di confusione mentale, contrazioni muscolari involontarie (mioclono) possono essere spesso segno di dosaggi eccessivi di litio (concentrazioni plasmatiche terapeutiche di litio: 0,5-1,2 mEq/L).

IL litio può provocare bradicardia (battiti cardiaci < 60/min) dose-indipendente e depressione dell’onda T dell’elettrocardiogramma (l’onda T corrisponde alla fase di ripolarizzazione dei ventricoli cardiaci). Può esacerbare psoriasi e acne. Quando l’acne è causata dal litio, colpisce zone della pelle che non sono quelle tipiche della malattia dermatologica. L’esacerbazione della psoriasi è una reazione dermatologica ampiamente riportata in seguito a terapia con litio e in genere non è responsiva al trattamento seguito dal paziente, ma tende a scomparire con la sospensione del farmaco.

Altro effetto collaterale comune causato dalla terapia con litio è l’ipotiroidismo. Frequenti sono anche gli effetti collaterali a carico del rene: poliuria fino a diabete insipido nefrogenico e polidipsia.

La comparsa di sintomi neurologici quali rallentamento dei riflessi, apatia, rigidità muscolare, fascicolazione e atassia sono indicativi di un sovradosaggio da litio. Tali sintomi, che tendono a peggiorare in caso di mancato intervento, si associano a tremore e a perdita progressiva dello stato di coscienza del paziente. Nei casi più gravi di intossicazione da litio, il paziente può entrare in coma (coma, coma vigile) e manifestare forme di epilessia con contrazioni degli arti e del corpo. Il trattamento è sintomatico ed è focalizzato in particolar modo a favorire l’escrezione renale del farmaco. Per aumentare la clearance del litio è possibile ricorrere alla somministrazione di sodio cloruro (NaCl) che per competizione a livello del riassorbimento nel tubulo renale favorisce l’escrezione di litio, all’uso di diuretici osmotici o di acetazolamide che favoriscono la clearance del litio, oppure all’emodialisi nei casi più gravi.

In gravidanza il litio non è raccomandato nel primo trimestre perchè può comportare malformazioni fetali soprattutto a carico del distretto cardiovascolare. L’esposizione al farmaco in gravidanza può comportare nel neonato ipotonia/letargia, alterazioni del ritmo cardiaco, scompenso cardiaco congestizio, ipotiroidismo, diabete insipido, sindrome del bambino flaccido (“floppy infant Syndrome“). Questa sindrome è caratterizzata da debolezza e ipotonia muscolare che portano il neonato a rimanere immobile. Le cause sono molteplici e includono ipotiroidismo e cardiopatie congenite, oltre a lesioni cerebrali, del midollo spinale, dei nervi o dei muscoli. Nelle pazienti che non possono interrompere il litio in gravidanza, la litiemia deve essere controllata una volta al mese nella prima metà della gravidanza, quindi una volta alla settimana nella seconda metà fino al parto. Il livello sierico di litio nel sangue deve corrispondere alla concentrazione efficace più bassa possibile. La sospensione della terapia con litio 1-2 giorni prima del travaglio riduce significativamente la concentrazione di litio nel sangue materno (0,28 mEq/L) riducendo l’esposizione neonatale e la tossicità correlata.

Ma come agisce il litio? Il meccanismo d’azione del litio non è ancora stato chiarito in maniera completa ed esaustiva. Da un punto di vista chimico, il litio appartiene al gruppo di ioni con carica positiva unitaria come il sodio e il potassio e con questi cationi sembrerebbe competere a livello i flussi ionici transmembrana nei neuroni. Il litio infatti è in grado di passare attraverso i canali del sodio; può sostituirsi al sodio nei processi che originano il potenziale d’azione nella cellula nervosa, ma a differenza del sodio non è in grado di mantenere tale potenziale. Ad alte concentrazioni, il litio blocca i canali del potassio.

Il litio inoltre sembra interferire con il metabolismo (sintesi, deposito, rilascio e ricaptazione) delle ammine biogene implicate nei disturbi dell’umore (noradrenalina, dopamina, serotonina) e con i processi di comunicazione cellulare che coinvolgono come secondi messaggeri il cAMP e l’inositolo-1,4,5-trifosfato/diacilglicerolo (IP3/DAG). I secondi messaggeri sono molecole rilasciate nel citoplasma cellulare dall’interazione neurotrasmettitore-recettore che inducono a cascata l’attivazione di enzimi e dei substrati proteici che costituiscono gli effettori della risposta biologica. L’azione del litio sui secondi messaggeri è di tipo inibitorio.

A livello del sistema degli inositoli, il litio impedisce l’utilizzo dell’inositolo per la sintesi dei fosfolipidi di membrana da cui viene rilasciato l’inositolo-1,4,5-trifosfato. La cellula, per azione del litio, non risulta quindi più capace di rispondere agli stimoli esterni che implicano il rilascio nel citoplasma cellulare dell’inositolo-1,4,5-trifosfato.

L’interazione fra litio e secondi messaggeri costituisce parte del meccanismo alla base della sua efficacia terapeutica. Il litio è risultato efficace sia nel trattamento acuto della fase maniacale che depressiva del disturbi bipolare sia nella profilassi delle recidive. Circa i due terzi dei pazienti rispondono al trattamento con litio, mentre un terzo tende ad essere resistente al farmaco. Con la sospensione del litio circa la metà dei pazienti presenta una ricaduta entro 6 mesi. E’ stata inoltre osservata minor efficacia del litio nelle forme del disturbo bipolare “a cicli rapidi“ (almeno 4 episodi di disturbi dell’umore in 12 mesi, intervallati da un periodo di remissione di almeno 2 mesi oppure da un viraggio verso un episodio di polarità opposta, es. da maniacale a depressivo o viceversa).

Il litio è anche impiegato come terapia di potenziamento in associazione agli antidepressivi nel trattamento del disturbo depressivo maggiore e in associazione ai neurolettici nel trattamento dei disturbi schizoaffettivi.

Trova impiego come farmaco di seconda linea nella profilassi della cefalea a grappolo; nel trattamento della leucopenia da farmaci perchè stimola il rilascio del fattore di crescita ematopoietico (CSF).

Il litio è stato valutato come possibile opzione terapeutica nel trattamento della sclerosi laterale amiotrofica (SLA), malattia neurodegenerativa progressiva fortemente invalidante. Dopo un primo studio preliminare positivo, gli studi clinici successivi non hanno evidenziato un’efficacia del litio nel rallentare la progressione della malattia.

Il litio presenta un profilo farmacocinetico caratterizzato da elevata variabilità interindividuale. Dopo somministrazione orale, il litio è assorbito a livello intestinale. La biodisponibilità è molto alta (95-100%) trattandosi di un sale (il litio è somministrato come litio carbonato); il picco plasmatico è raggiunto dopo 0,5-3 ore.

Il litio non si lega alle proteine plasmatiche, si distribuisce in tutti i tessuti e distretti dell’organismo secondo un modello a due compartimenti, extra e intracellulare. Il litio si diffonde prima nel compartimento extracellulare, quindi da questo si diffonde all’interno delle cellule. I movimenti fuori del compartimento extracellulare sono più rapidi, mentre quelli verso e dal compartimento intracellulare sono più lenti e spiegano il tempo di latenza agli effetti tossici del litio a livello del sistema nervoso centrale e il prolungarsi di tali effetti in caso di tossicità cronica.

Il litio permea la placenta e viene escreto nel latte materno.

Il litio è escreto per via renale; l’80% del litio filtrato dai glomeruli viene riassorbito nel tubulo prossimale e a livello dell’ansa di Henle. La clearance dello ione è pari al 20% di quella della creatinina; Non correla a quest’ultima, ma con il peso corporeo e (aumenta nei pazienti obesi).

L’emivita del litio nei pazienti adulti è compresa tra 18-24 ore, aumenta di notte, nei pazienti anziani (30-36 ore) e nei pazienti con ridotta funzionalità renale.