La fenitoina è indicata nella prevenzione e trattamento delle crisi parziali complesse o tonico-cloniche generalizzate (grande male) anche in associazione a metilfenobarbitale (la fenitoina non è efficace nel trattamento delle assenze o piccolo male, e nella prevenzione e trattamento delle convulsioni causate dalla febbre alta). (leggi)
La dose ottimale (dose minima efficace) di fenitoina deve essere adeguata al singolo paziente. (leggi)
La fenitoina è controindicata in caso di ipersensibilità al principio attivo o a farmaci strutturalmente simili (idantoine). (leggi)
La fenitoina non è efficace nel trattamento delle assenze pertanto nei pazienti che manifestano sia attacchi tonico-clonici che assenze, la terapia con fenitoina deve essere associata ad un farmaco efficace nel trattamento delle assenze. (leggi)
L’acido folico può ridurre l’effetto della fenitoina quando somministrato contemporaneamente. (leggi)
A livello cardiovascolare, la fenitoina può provocare problemi di conduzione dell’impulso elettrico atriale e ventricolare anche con esito fatale (soprattutto con fenitoina somministrata per via endovenosa). (leggi)
In caso di sovradosaggio da fenitoina possono comparire movimento regolare, oscillatorio e non volontario degli occhi (nistagmo), perdita della coordinazione muscolare (atassia), sonnolenza, mal di testa, vomito, disturbi della parola, confusione mentale, vertigini, contrazione muscolare. (leggi)
La fenitoina (chiamata anche difenilidantoina e dintoina) è un farmaco antiepilettico, immesso sul mercato nel 1938. (leggi)
L’assorbimento della fenitoina è dipendente dalla formulazione della dose somministrata. (leggi)
La formula bruta della fenitoina è C15H12N2O2. (leggi)
Le informazioni contenute nella ricerca Pharmamedix dedicata alla fenitoina sono state analizzate dalla redazione scientifica con riferimento alle fonti seguenti. (leggi)
Fenitoina è prescrivibile nelle specialità commerciali Aurantin, Dintoina, Fenitoina, Dintoinale, Gamibetal Complex. (leggi)
La fenitoina, sintetizzata per la prima volta nel 1908 presso l’Università di Kiel in Germania, è il più vecchio farmaco antiepilettico non sedativo, introdotto sul mercato nel 1938 in seguito ad una sistematica valutazione di composti che avevano la capacità di modulare le convulsioni indotte sperimentalmente. E’ stata conosciuta per decenni come difenilidantoina in quanto appartiene alla famiglia delle idantoine, molecole a struttura pentatomica con due atomi di azoto che formano un gruppo ureidico (-NN-CO-NH-). Questo farmaco è indicato nel trattamento di crisi parziali complesse o tonico-cloniche generalizzate, nel trattamento dello stato epilettico convulsivo e nella profilassi. La fenitoina è spesso utilizzata in monoterapia nel trattamento iniziale mentre non è utilizzata nel trattamento delle assenze poiché può aumentarne la frequenza. È utilizzata anche nel caso di nevralgie trigeminali e per alcuni tipi di aritmie cardiache.
In Italia la fenitoina è disponibile in preparati per la somministrazione orale e parenterale (endovena). La dose orale media è pari a 300-400 mg/die per l’adulto, e a 4-8 mg/kg/die per il bambino. La dose totale giornaliera è in genere suddivisa in tre somministrazioni, da assumere ai pasti principali, con almeno mezzo bicchiere d’acqua. La somministrazione per via endovenosa è raccomandata nello stato epilettico, condizione d’emergenza, e in ambito cardiovascolare. La fenitoina può essere somministrata per via intramuscolare nella profilassi delle convulsioni associate ad interventi di neurochirurgia. La fenitoina è disponibile anche combinata con il metilfenobarbitale in preparati antiepilettici da somministrare per via orale. La fenitoina è un farmaco caratterizzato da un indice terapeutico basso, questo significa che la differenza tra concentrazione efficace e concentrazione tossica è piccola. Nella maggior parte dei pazienti, la concentrazione efficace nel sangue è pari a 10-20 mg/L; concentrazioni superiori a 25 mg/L risultano essere già tossiche.
Oltre ad avere un indice terapeutico basso, la fenitoina presenta anche un elevato potenziale di interazione farmaco-farmaco che ne limita la maneggevolezza. La fenitoina infatti è substrato degli enzimi citocromiali epatici CYP2C9 e 2C19, e, a sua volta, è un induttore enzimatico e presenta esteso legame alle proteine plasmatiche. Ne consegue che i livelli delle fenitoina possono variare per inibizione/induzione farmacometabolica e per competizione con il legame alle proteine plasmatiche. La fenitoina, a sua volta, può modificare i livelli plasmatici dei farmaci metabolizzati dagli enzimi su cui l’antiepilettico ha un effetto inducente (tra questi enzimi è incluso il CYP3A, responsabile del metabolismo di circa la metà dei farmaci utilizzati).
Le controindicazioni all’uso della fenitoina comprendono: ipersensibilità al farmaco o alla classe di appartenenza (idantoine), patologie a carico del sangue e del midollo osseo, problemi di conducibilità cardiaca (bradicardia sinusale, blocco seno-atriale, blocco atrioventricolare, sindrome di Stokes-Adams), infarto miocardico recente (entro tre mesi), insufficienza cardiaca (riduzione della gittata cardiaca < 35%), co-somministrazione con delavirdina (perdita di efficacia virologica dell’antiretrovirale). La fenitoina inoltre non può essere somministrato per via sottocutanea o endorteriosa per il rischio di necrosi (le soluzioni iniettabili hanno un pH alcalino).
Come tutti i farmaci antiepilettici, le fenitoina presenta effetti collaterali dose-dipendenti ed effetti collaterali non prevedibili (idiosincrasici). I primi dipendono dal meccanismo d’azione del farmaco, compaiono in genere dopo mezz’ora e hanno una durata variabile compresa tra i 30 e i 90 minuti. I secondi sono più rari, ma possono essere molto gravi e richiedere la sospensione del trattamento. Gli effetti più comuni della fenitoina comprendono diplopia e atassia; sono molto frequenti anche l’iperplasia gengivale e l’irsutismo di vario grado. La fenitoina può causare precocemente nistagmo e perdita dei movimenti fini extraoculari di ricerca. A dosi elevate si può riscontrare sedazione. L’uso cronico del farmaco induce ingrossamento dei lineamenti e neuropatia periferica che si manifesta con diminuzione dei riflessi tendinei profondi alle estremità inferiori. La fenitoina può interferire con il metabolismo della vitamina D, con conseguente osteomalacia, e ridurre i livelli di folato (che devono essere monitorati durante la terapia) con rischio di anemia megaloblastica. In caso di ipersensibilità al principio attivo si riscontrano eritema cutaneo, febbre, lesioni cutanee di tipo esfoliativo e linfadenopatia. Le complicazioni ematologiche sono rare e si manifestano con agranulocitosi associata a febbre alta ed eritema.
In gravidanza l’assunzione di fenitoina può portare alla sindrome fetale da idantoine (10% dei bambini), una fetopatia che può portare a dimorfismi, ritardo della crescita e dello sviluppo psicomotorio, aumentato rischio di malformazioni cardiache e di insorgenza di tumori benigni e maligni. Comunque nelle donne in gravidanza candidate alla terapia con fenitoina, il farmaco non deve essere sospeso, perché i rischi associati ad una interruzione della terapia possono essere molto gravi sia per la madre che per il feto.
Ma come funziona la fenitoina? Il farmaco esplica la sua attività antiepilettica stabilizzando le membrane dei tessuti eccitabili tramite blocco dei canali voltaggio dipendenti del sodio, e secondariamente, del potassio e del cloro. In pratica la fenitoina aumenta la soglia di eccitabilità delle cellule nervose e il potenziale di membrana e riduce la velocità di conduzione del segnale elettrico e la frequenza delle scariche ripetitive. Il farmaco risulta pertanto efficace nel limitare la diffusione dell’eccitazione neuronale nella zona del cervello (focus primario) in cui si scatena la crisi epilettica.