L’atomoxetina è indicata nel trattamento del disturbo da deficit di attenzione con iperattività (DDAI o, più comunemente, ADHD, acronimo inglese per Attention Deficit Hyperactivity Disorder). (leggi)
Riportiamo di seguito la posologia dell’atomoxetina. (leggi)
L’atomoxetina è controindicata in caso di ipersensibilità. (leggi)
E’ necessario un attento monitoraggio verso la comparsa o il peggioramento di sintomi suicidari in pazienti trattati con atomoxetina. (leggi)
L’assunzione contemporanea di atomoxetina sembra non agire sugli effetti tossici dell’etanolo. (leggi)
Gli effetti collaterali comunemente riscontrati in pazienti trattati con atomoxetina risultano cefalea, dolore addominale e riduzione dell’appetito. (leggi)
Dopo la commercializzazione sono stati segnalati casi non fatali di sovradosaggio acuto e cronico di atomoxetina. (leggi)
L’atomoxetina è un farmaco inibitore selettivo della ricaptazione della noradrenalina a livello presinaptico e presenta minima attività sui trasportatori di altre monoamine (dopamina, serotonina). (leggi)
Dopo somministrazione orale l’atomoxetina è assorbita rapidamente. Il cibo ha scarsa influenza sull’assorbimento. (leggi)
La formula bruta di atomoxetina è C17H21NO. (leggi)
Le informazioni contenute nella ricerca Pharmamedix dedicata all’atomoxetina sono state analizzate dalla redazione scientifica con riferimento alle fonti seguenti. (leggi)
Atomoxetina è prescrivibile nelle specialità commerciali . (leggi)
L’atomoxetina è un farmaco indicato nel trattamento del disturbo da deficit di attenzione e iperattività (DDAI o più comunemente noto come ADHD secondo l’acronimo inglese per Attention Deficit Hyperactivity Disorder). Il farmaco è usato nei bambini, negli adolescenti e negli adulti come parte integrale di un approccio terapeutico multimodale che prevede interventi psicologici, sociali e comportamentali. La somministrazione dell’atomoxetina in età adulta richiede che sia certa la diagnosi di ADHD in età pediatrica.
La dose di atomoxetina varia in base al peso corporeo. Se il peso è inferiore a 70 kg, la dose iniziale è di 0,5 mg/kg/die. Dopo la prima settimana la dose può essere aumentata fino a 1,2 mg/kg/die (dose raccomandata). Per ragazzi di peso superiore ai 70 kg e per gli adulti, la dose iniziale è di 40 mg/die, incrementabili progressivamente, sempre dopo la prima settimana, fino a 100 mg/die che rappresenta la dose massima somministrabile.
Gli incrementi di dosaggio dipendono dalla risposta terapeutica del paziente e dalla tollerabilità al farmaco.
L’atomoxetina non può essere usata in caso di ipersensibilità al farmaco, in associazione a farmaci che inibiscono le monoamino ossidasi (enzimi che inattivano alcuni neurotrasmettitori fra cui la noradrenalina, la cui attività è invece stimolata dall’atomoxetina) e nelle due settimane seguenti, in presenza di gravi patologie cardiovascolari o cerebrovascolari, glaucoma ad angolo acuto, feocromocitoma.
La somministrazione dell’atomoxetina deve avvenire con cautela se sono presenti problemi al fegato (il farmaco è stato associato a tossicità epatica) e nei pazienti che metabolizzano più lentamente il farmaco perchè si potrebbero avere concentrazioni plasmatiche più alte, a parità di dosaggio, con un maggior rischio di tossicità. L’atomoxetina è metabolizzata dal fegato ad opera di un enzima citocromiale identificato come CYP2D6. Questo enzima presenta differenti forme caratterizzate da un’attività metabolica più o meno efficiente.
Particolare attenzione deve inoltre essere posta, quando si somministra l’atomoxetina in bambini o ragazzi, verso potenziali atteggiamenti volti al suicidio perchè negli studi clinici il farmaco è risultato associato ad un aumento di tali comportamenti rispetto al placebo. Altro aspetto importante è rappresentato dai potenziali effetti del farmaco sul sistema cardiocircolatorio, in particolare l’aumento dei valori pressori e della frequenza cardiaca che in pazienti con patologie cardiovascolari o cerebrovascolari pregresse potrebbe rappresentare un ulteriore fattore di rischio per un peggioramento della malattia cardio o cerebrovascolare. Pertanto è importante che la somministrazione dell’atomoxetina sia accompagnata da un monitoraggio periodico del profilo cardiovascolare del paziente. Poichè inoltre l’atomoxetina è risultata prolungare l’intervallo QT dell’elettrocardiogramma (periodo di tempo corrispondente alla fase di ripolarizzazione ventricolare), il farmaco deve essere usato con cautela nei pazienti con sindrome acquisita o congenita del QT lungo e nei pazienti trattati con farmaci che prolungano l’intervallo QT per il pericolo di gravi aritmie ventricolari.
Fra le avvertenze dell’uso dell’atomoxetina sono comprese anche il rischio di convulsione (il farmaco è risultato associato a comparsa di convulsioni), i potenziali effetti sulla crescita lineare del bambino e sulla sfera psichica (comparsa di ansia, depressione, tic, psicosi, mania, disturbo bipolare, aggressività e/o ostilità).
L’atomoxetina è un farmaco usato essenzialmente in età pediatrica o adolescenziale. I dati di letteratura sull’uso del farmaco in gravidanza o durante l’allattamento sono pertanto molto limitati. La gravidanza e l’allattamento non costituiscono controindicazioni assolute, ma la somministrazione dell’atomoxetina in queste condizioni richiede un’attenta valutazione del rapporto rischio/beneficio.
L’atomoxetina dato il suo meccanismo d’azione (farmacodinamica) e il suo metabolismo (substrato dell’enzima epatico citocromiale CYP2D6) può presentare interazione farmacologica con farmaci che agiscono sulla pressione arteriosa (antipertensivi e agenti pressori), con farmaci beta2-agonisti (per il rischio di un effetto additivo sul cuore), con farmaci che interferiscono con la noradrenalina (alcuni antidepressivi), con farmaci che abbassano la soglia convulsiva (aumento del rischio di fenomeni epilettici), con farmaci che prolungano l’intervallo QT (aumento del rischio di gravi aritmie ventricolari), con farmaci inibitori del CYP2D6 (aumento del rischio di tossicità dell’atomoxetina).
Come tutti i farmaci anche l’atomoxetina presenta effetti collaterali che possono incidere negativamente con il suo utilizzo. Gli effetti collaterali più frequenti comprendono mal di testa (cefalea), disturbi addominali, perdita di appetito, aumento della pressione arteriosa e delle frequenza cardiaca. Nel primo mese di terapia possono comparire frequentemente anche nausea, vomito e sonnolenza.
In caso di sovradosaggio, l’atomoxetina ha provocato tossicità gastrointestinale, neurologica (sonnolenza, tremore, vertigini) e psichica (anomalie nel comportamento); raramente, convulsioni e prolungamento dell’intervallo QT. Il trattamento è sintomatico, volto a normalizzare i segni vitali: temperatura corporea, polso, frequenza respiratoria, pressione del sangue, stato di coscienza. Il paziente deve essere mantenuto sotto osservazione per almeno 6 ore.
Ma qual è il meccanismo d’azione dell’atomoxetina? Il meccanismo in base al quale l’atomoxetina riesca a ridurre i sintomi tipici del deficit di attenzione e iperattività (ADHD) non è noto. Poichè il farmaco inibisce la ricaptazione della noradrenalina a livello presinaptico, è stata formulata l’ipotesi che questo neurotrasmettitore possa in qualche modo giocare un ruolo importante nei meccanismi che regolano l’attenzione, l’impulsività e i vari livelli di attività.
Il disturbo da deficit dell’attenzione e iperattività (ADHD) è un disordine neuropsichico dovuto ad alterazioni funzionali di aree specifiche del sistema nervoso centrale (SNC), in particolare dei circuiti cerebrali che sono alla base dei comportamenti di inibizione e dell’autocontrollo (corteccia prefrontale e gangli basali).
L’efficacia di atomoxetina sui sintomi di ADHD è stata valutata mediante studi clinici che hanno fornito evidenze sull’efficacia del farmaco somministrata una o due volte al giorno. La terapia con atomoxetina è risultata associata non solo ad un miglioramento dei sintomi principali del disturbo (assenza di attenzione, iperattività, impulsività), ma anche delle interazioni familiari, scolastiche o lavorative e sociali.
L’atomoxetina è somministrata per bocca. La biodisponibilità orale varia tra il 63% e il 94% per effetto di primo passaggio epatico (la capacità del fegato di metabolizzare il farmaco dipende dal grado di attività dell’enzima CYP2D6). Gli effetti del farmaco sono evidenti dopo 1-2 ore (tempo di picco plasmatico). L’atomoxetina si lega quasi completamente alle proteine del sangue (98%) e il suo volume di distribuzione è pari a 0,85 L/kg. L’atomoxetina è metabolizzata nel fegato ad opera soprattutto dell’enzima CYP2D6. I metaboliti sono escreti nelle urine (80%) e in piccola parte nelle feci (17%). L’emivita plasmatica varia da circa 5 ore nei metabolizzatori estesi a circa 20 ore nei metabolizzatori lenti.