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Scabbia

Cause

Quali sono le cause della Scabbia?

La scabbia è causata dall’acaro Sarcoptes Scabiei, un parassita microscopico, non visibile ad occhio nudo. Gli acari adulti presentano una differenza di dimensioni a seconda del genere: il maschio è più piccolo (250 mcm) e non è visibile ad occhio nudo, la femmina presenta dimensioni di circa 400 mcm ed è maggiormente visibile. La femmina gravida è responsabile dell’infezione, si insinua nell’ospite penetrando sotto la sua pelle e causa una risposta allergica che provoca un intenso prurito. In genere penetra nelle zone dove la pelle è più sottile (piega del ginocchio, pieghe interdigitali, pieghe mammarie, polso, regione inguinale) in cui scava cunicoli dove depone le uova. Depone fino ad un massimo di 50 uova e feci e dopo due mesi va incontro a morte; dalle uova si sviluppano le larve che successivamente migrano dai cunicoli ai follicoli piliferi o in altri crateri scavati da loro, dove maturano in adulti (Murray et al., 2010).

Il processo di maturazione da larva prevede il passaggio attraverso tre stadi intermedi e dura circa due settimane. Le forme immature sono responsabili della trasmissione perché la femmina gravida tende a non lasciare il cunicolo dove si insinua (Hay et al., 2012). L’infezione provoca una risposta immunitaria che porta al manifestarsi dei sintomi tipici della scabbia; l’insorgenza della scabbia ordinaria piuttosto che della variante di scabbia norvegese, caratterizzata da un decorso clinico differente, è associata all’entità e al tipo di reazione immunitaria. Una volta che si sviluppano le difese immunitarie il numero di acari diminuisce e il paziente diventa meno suscettibile a re-infezioni (Hay et al., 2012; Walton, 2010).
L’acaro della scabbia altera l’equilibrio del microambiente cutaneo, attraverso la compromissione fisica della barriera cutanea e la secrezione di alcune molecole che inibiscono il sistema del complemento (Swe et al., 2014) (sistema di difesa che l’ospite mette in atto nel momento in cui viene a contatto con un patogeno; Murray et al., 2010). In questo modo l’acaro indebolisce le difese dell’ospite, favorendo la crescita di altri patogeni e lo sviluppo di infezioni batteriche secondarie. I meccanismi coinvolti nello sviluppo di infezioni secondarie associate alla scabbia sono stati studiati in vitro e in vivo (Swe et al., 2014; Swe et al., 2014a). E’ stata individuata una famiglia di proteine in grado di inibire il complemento e di favorire lo sviluppo di infezioni da Stafilococcus Aureus (Bergstrom et al., 2009; Mika et al., 2012; Swe, Fischer, 2014); tali proteine sono presenti nell’acaro della scabbia e nelle feci che l’acaro deposita nei cunicoli cutanei insieme alle uova (Willis et al., 2006).

L’acaro della scabbia è un parassita obbligato: il microambiente cutaneo umano favorisce la sua sopravvivenza, allontanato da questo va incontro a disidratazione. Ad alte temperature ambientali (30°C) ed elevata umidità (75%), condizioni climatiche dei paesi tropicali, le femmine di acaro gravide sopravvivono più a lungo lontano dall’ospite, anche 55-67 ore. A temperature intorno a 20°C diventano immobili. Per questo motivo l’incidenza della scabbia è maggiore nei paesi tropicali. Le uova, invece, sopravvivono anche a basse temperature, per 10 giorni lontano dall’ospite, motivo per cui la forma di scabbia nota come “scabbia norvegese” è causata da un’ampia infestazione di acari a tutti gli stadi di sviluppo e i pazienti sono molto contagiosi (Hay et al., 2012).

La scabbia negli animali è causata da una variante dell’acaro della scabbia, geneticamente distinta da quella umana (per esempio Sarcoptes Scabiei var. hominis possiede un corredo genetico differente da Sarcoptes Scabiei var. canis nel Nord dell’Australia) (Panahi et al., 2015; Walton et al., 2004a). L’acaro della scabbia negli animali può talvolta trasmettersi all’uomo ma l’infezione è solo transiente (Hay et al., 2012). Le diverse varietà di Sarcoptes Scabiei, infatti, non infettano esclusivamente un ospite ma possiedono una certa preferenza, dettata dalle differenti proprietà fisiologiche degli ospiti che determinano la sopravvivenza del parassita nell’ospite (Arlian et al., 1984; Arlian et al., 1996).