La SLA (sclerosi laterale amiotrofica) è una malattia neurodegenerativa, nella quale i motoneuroni superiori ed inferiori vanno incontro a morte progressiva. (leggi)
La SLA (sclerosi laterale amiotrofica) sembra essere una malattia multifattoriale, a cui non è possibile associare una causa univoca. (leggi)
Le manifestazioni cliniche iniziali sono variegate, perché dipendono da quali motoneuroni vengono colpiti. (leggi)
Diagnosticare la SLA (sclerosi laterale amiotrofica) è difficile e richiede diverse indagini. Non esiste un elemento marcatore specifico della SLA, che permetta di riconoscerla immediatamente. (leggi)
La SLA (sclerosi laterale amiotrofica) è una malattia neurodegenerativa irreversibile, che nella maggior parte dei casi conduce alla morte nel corso di 3-5 anni. (leggi)
La SLA (sclerosi laterale amiotrofica) è una malattia neurologica letale, caratterizzata dalla morte progressiva e inesorabile dei motoneuroni, che è causa di atrofia muscolare crescente. (leggi)
Se ritieni di avere i sintomi della SLA (sclerosi laterale amiotrofica), o se a qualcuno dei tuoi familiari è stata diagnosticata la SLA, parlane con il tuo medico di fiducia. (leggi)
Le medicine non convenzionali tendono ad avere un approccio olistico nei confronti della malattia, tendono cioè a considerare “il malato“ nella sua complessità di individuo, al di là del singolo organo malato. (leggi)
Le informazioni contenute nella ricerca Pharmamedix dedicata alla SLA (sclerosi laterale amiotrofica) sono state analizzate dalla redazione scientifica con riferimento alle fonti seguenti. (leggi)
Che cos'รจ la SLA?
La SLA (sclerosi laterale amiotrofica) è una malattia neurodegenerativa, nella quale i motoneuroni superiori ed inferiori vanno incontro a morte progressiva.
Il termine “sclerosi laterale” si riferisce alla cicatrizzazione delle aree delle corna anteriori e laterali del midollo spinale, dovuta alla neurodegenerazione dei nervi che trasmettono il segnale dall’encefalo verso la periferia (fibre motorie).
Il termine “amiotrofica”, invece, indica la diminuzione della massa muscolare, provocato dalla carenza dell’innervazione (Center for disease control and prevention - CDC, 2014).
I motoneuroni sono le cellule del sistema nervoso che coordinano i muscoli volontari dell’organismo, rendendo possibile l’esecuzione dei movimenti. Nella via di trasmissione del segnale il motoneurone superiore (primo motoneurone) si diparte dalla corteccia cerebrale fino a congiungersi con una sinapsi al motoneurone inferiore (secondo motoneurone), che si trova invece nel midollo spinale. L’assone (o prolungamento) del secondo motoneurone termina nella giunzione neuromuscolare, attraverso la quale il segnale passa dai nervi alla fibra muscolare, che in risposta si contrae, generando il movimento.
Nella SLA la morte dei motoneuroni causa rigidità nei movimenti, progressiva perdita del tono muscolare, debolezza, atrofia, difficoltà nell’articolazione delle parole e nella deglutizione, sino all’insorgere di insufficienza respiratoria (National Institute of Neurological Disorders and Stroke – NIH, 2016).
La SLA fu descritta per la prima volta nella seconda metà del 1800, da parte del neurobiologo francese Jean-Martin Charcot, da cui la patologia ha inizialmente preso il nome (malattia di Charcot). Charcot notò per la prima volta il “pallore mielinico” del midollo spinale, dovuto alla perdita dei motoneuroni e alla successiva formazione di placche fibrose. In seguito la SLA è stata anche denominata “Morbo di Lou Gehrig”, dal nome del noto giocatore di baseball statunitense che morì a causa di questa malattia (Boilée et al., 2006).
Della SLA non esiste un’unica causa riconosciuta, ma è stato osservato che circa il 10% dei casi è di tipo ereditario, mentre il rimanente 90% ad insorgenza sporadica (Mayoclinic, 2014).
All’inizio la SLA è asintomatica, perché il processo di morte neuronale si compie in un periodo di tempo di mesi o anni. Inoltre quando la neurodegenerazione dei primi motoneuroni ha inizio i rimanenti riescono a compensarne la funzione. Pertanto la patologia diviene manifesta quando la perdita di motoneuroni risulta troppo ingente e non viene riequilibrata.
Nella SLA tutte le afferenze nervose ai muscoli volontari del corpo vengono progressivamente colpite dal processo neurodegenerativo. Nella maggioranza dei casi inizialmente si verificano difficoltà a muovere gli arti, con fascicolazioni e crampi muscolari. In seguito la malattia si aggrava, provocando disabilità motoria, problemi nell’ articolazione del linguaggio, deglutizione faticosa e, infine, la perdita dell’innervazione del diaframma rende impossibile la respirazione (National Institute of Neurological Disorders and Stroke - NIH, 2016).
Un aspetto importante della SLA è che la neurodegenerazione rimane confinata ai motoneuroni, senza intaccare altre zone del sistema nervoso. Pertanto non si hanno perdite nelle funzioni cognitive e il paziente permane sempre vigile e conscio del procedere della patologia. Solo in pochissimi casi si registra una lieve forma di demenza frontotemporale, diversa da quella di Alzheimer (Al-Chalabi, Leigh, 2000).
Poiché tra la comparsa della malattia (inizio della neurodegenerazione) e la manifestazione dei primi sintomi può passare molto tempo, non è facile stabilire l’incidenza della SLA nella popolazione. Ogni anno si registrano circa da 1,5 a 2,7 nuovi casi ogni 100 000 persone ed è stato osservato che vengono colpiti maggiormente gli uomini rispetto alle donne, anche se ciò non vale per quanto concerne la forma familiare, la cui incidenza non mostra differenze tra i generi (Salameh et al., 2015). La prevalenza globale della malattia nella popolazione corrisponde a 8-10 casi ogni 100 000 persone.
L’insorgenza della SLA può avvenire in qualsiasi momento, ma si colloca mediamente tra i 58 e i 63 anni di età per la forma sporadica e tra i 47 e i 52 per la forma familiare. In genere le persone colpite vanno incontro alla morte dopo 3-5 anni, anche se nel 10% dei soggetti la sopravvivenza supera i 10 anni (Kiernan et al., 2011).
I fattori di rischio riconosciuti per la SLA sono:
L’età rappresenta un fattore di rischio perché la SLA compare prevalentemente in persone di età compresa tra i 40 e i 60 anni. Il sesso perché la frequenza dei casi è maggiore tra gli uomini, rispetto che tra le donne. La familiarità è dovuta alla presenza di più mutazioni in diversi geni che conferiscono una predisposizione genetica alla malattia, tra i quali il gene SOD1 e C9ORF72 sono, ad oggi, quelli meglio conosciuti.
SOD1 codifica per l’enzima “superossidodismutasi rame/zinco”, importante per liberare l’ambiente cellulare dai radicali liberi. Mutazioni in questo gene sono state trovate nel 10-20% dei casi familiari di SLA, indicando che la funzione alterata di questo enzima aumenta il rischio di sviluppare la malattia.
Del gene C9ORF72 non si conosce la funzione, ma è stato messo in luce come l’aumento del numero di ripetizioni di una sequenza di sei nucleotidi, contenuta in questo gene, sia spesso associata alla SLA. Questa mutazione, infatti, è presente nel 40% dei casi familiari e nel 7-11% di quelli sporadici (Ingre et al., 2015).
Nei casi di ereditarietà familiare le mutazioni vengono tramandate alle generazioni successive, ma è difficile stabilire l’eziologia dei casi di SLA a insorgenza sporadica. Gli studiosi stanno cercando di individuare i fattori di rischio non genetici connessi con la SLA, ponendo particolare attenzione allo stile di vita dei pazienti. Il ruolo che i fattori ambientali giocano nello sviluppo della malattia è, tuttavia, ancora poco chiaro.
Tra i fattori ambientali il fumo sembra aumentare il rischio di sviluppo di SLA (Armon, 2009). Una dieta ricca di antiossidanti, in particolare di vitamina E, sembra, al contrario, proteggere contro il rischio di sviluppare la SLA (Wang et al., 2011), probabilmente perché, come è ormai noto, lo stress ossidativo contribuisce alla morte dei neuroni.
Storicamente è emersa una connessione tra l’esercizio fisico intenso e l’insorgere della SLA: è stato, infatti, notato un aumento della frequenza dei casi tra i giocatori di football o calcio (Abel, 2007; Chiò et al., 2005). Tuttavia nessuno studio è riuscito a individuare un aumento del rischio in relazione all’attività fisica o all’utilizzo di sostanze e integratori volti al miglioramento delle performance fisiche.
Infine anche il contatto prolungato con insetticidi e pesticidi, metalli pesanti (in particolare piombo) o campi magnetici è oggetto di studio, poiché questi elementi sembrano favorire la degenerazione dei motoneuroni e l’insorgenza della SLA.