Quali sono le cause della SLA?
La SLA (sclerosi laterale amiotrofica) sembra essere una malattia multifattoriale, a cui non è possibile associare una causa univoca (Mayoclinic, 2014). Tra le possibili cause si possono elencare:
Il 10% dei casi di SLA è dovuto all’eredità genetica di mutazioni coinvolte nella patogenesi. L’eziologia delle forme sporadiche (non riconducibili alla trasmissione diretta della malattia), invece, è sconosciuta, ma sembra essere collegata a una complessa interazione tra fattori genetici ed ambientali.
Lo studio delle forme familiari ha individuato circa una ventina di geni che, mutati, contribuiscono alla comparsa della SLA. I geni principali sono SOD1, C9ORF72, TARDBP e FUS.
In relazione al gene e alla mutazione presente, la SLA può manifestarsi come carattere dominante, recessivo o legato al cromosoma X. Anche la penetranza, che è la frequenza con cui la presenza di una certa mutazione è associata all’insorgere della malattia, è variabile. Accade, infatti, che il portatore di una mutazione non sviluppi mai la SLA nel corso della vita. Ciò significa che le mutazioni geniche non sono da considerare determinanti, ma sono condizioni che possono contribuire all’insorgenza della malattia (Al-Chalabi et al., 2012).
Lo studio delle funzioni dei geni coinvolti nella SLA è fondamentale per capire i meccanismi alla base della degenerazione dei motoneuroni.
Il primo gene ad essere identificato fu SOD1, nel 1993. SOD1 codifica per l’enzima “superossidodismutasi rame/zinco”, che metabolizza i radicali liberi (piccole molecole ossidanti), proteggendo la cellula dalla loro azione dannosa. Mutazioni in questo gene costituiscono un pericolo non tanto perché la funzione anti-ossidante viene persa, ma piuttosto perché la forma mutata dell’enzima è instabile e tende a formare aggregati proteici. Questi aggregati sono tossici per la cellula, anche se il motivo è ancora incerto. Si ipotizza che gli aggregati di proteine rendano difficile il trasporto delle molecole lungo il neurone (trasporto assonale), interferiscano con la normale stabilizzazione delle proteine cellulari e impediscano lo smaltimento delle proteine non funzionanti, inducendo una situazione di stress cellulare generalizzato (Andersen, 2006).
Del gene C9ORF72 non si conosce la funzione, ma la sua mutazione, che consiste nell’espansione di una sequenza di sei nucleotidi del gene, ricorre frequentemente in associazione alla SLA e spesso è sufficiente che uno solo dei due alleli sia mutato perché la malattia si manifesti (Cooper-Knock et al., 2012).
TARDBP è, invece, il gene codificante per una proteina coinvolta nell’espressione genica. Studi condotti sui topi hanno messo in luce che la perdita di funzionalità di questa proteina è sufficiente a causare neurodegenerazione (Yang et al., 2014). Inoltre nel citoplasma dei motoneuroni dei pazienti di SLA si trovano spesso aggregati (corpi di inclusione), contenenti questa proteina e la proteina FUS, anch’essa coinvolta nell’espressione genica. Tali corpi di inclusione risultano tossici per il motoneurone, esattamente come gli aggregati di SOD1 (Blokhuis et al., 2013).
Un’ipotesi accettata da molti studiosi è che alla base della SLA giochi un ruolo l’eccitossicità indotta dal glutammato, che può essere definita come una forma di eccitazione neuronale eccessiva, al punto da divenire tossica per la cellula.
Il glutammato è uno tra i più importanti neurotrasmettitori eccitatori del sistema nervoso centrale, che agisce da messaggero nelle sinapsi (connessioni tra due neuroni), facendo in modo che il segnale venga trasmesso da un neurone (pre-sinaptico) all’altro (post-sinaptico). Il glutammato liberato dal neurone pre-sinaptico si lega ai recettori presenti nella membrana dei neuroni post-sinaptici, dando origine all’influsso di sodio (Na+) e calcio (Ca2+), necessari per la generazione del segnale nella cellula post-sinaptica. In condizioni di glutammato sovrabbondante (eccitossicità), può avvenire che il calcio all’interno aumenti eccessivamente, risultando pericoloso per due motivi. Da un lato attiva vie enzimatiche calcio-dipendenti che portano alla morte della cellula; dall’altro altera la funzionalità dei mitocondri, danneggiando le riserve energetiche della cellula e inducendo la formazione di radicali liberi (Shaw, Ince, 1997; Van Den Bosch et al., 2006).
I radicali liberi sono piccole molecole che possono formarsi durante le reazioni mitocondriali di trasformazione dell’ossigeno. Sono pericolosi perché, essendo instabili, reagiscono facilmente con proteine, DNA e membrane cellulari, apportando gravi danni che compromettono la vitalità della cellula. Diversi studi supportano l’ipotesi che lo stress ossidativo sia coinvolto nell’origine della SLA, ma non è chiaro se questo sia dovuto alla perdita dei sistemi di detossificazione dai radicali (disfunzione di SOD1 e altri enzimi), all’alterazione mitocondriale, ad entrambe o a cause differenti (Barber et al., 2006).
Negli ultimi anni è divenuto sempre più evidente come anche la neuroinfiammazione possa contribuire allo sviluppo della SLA. I neuroni sono circondati e supportati da cellule di diverso tipo, microglia e astrociti, che, percependo lo stress neuronale, liberano segnali pro-infiammatori e alimentano lo stato neurodegenerativo (David, 2015).