Come prevenire l'Osteoporosi?
L’osteoporosi è una malattia che, in molti casi, può essere evitata o la cui insorgenza può venire ritardata adottando opportuni accorgimenti volti a correggere essenzialmente i fattori di rischio.
In linea generale va rispettato il seguente vademecum, opportunamente personalizzabile a seconda della presenza o meno di condizioni a più alto rischio di malattia quali menopausa precoce, terapia prolungata con cortisonici, predisposizione genetica:
1. Stile di vita sano con alimentazione varia e ricca di calcio e vitamine, in particolare di vitamina D
2. Evitare la sedentarietà
3. Condurre una vita il più possibile all’aria aperta
4. Praticare attività fisica
5. Non abusare di alcol e bevande superalcoliche ed evitare categoricamente il fumo, soprattutto per le donne poiché è una causa di menopausa precoce
Il primo approccio è quello di garantire un corretto apporto di nutrienti essenziali allo sviluppo delle ossa, dai primi anni di età sino ai 25-30 anni (età in corrispondenza della quale si raggiunge il picco di massa ossea) e successivamente conservare e garantire un adeguato livello di tali elementi.
Calcio e vitamina D non devono assolutamente mancare in una dieta bilanciata. Il calcio è l’elemento principale che compone la matrice minerale delle ossa e il suo assorbimento, a livello intestinale, è garantito da adeguati livelli di vitamina D, prodotta dal nostro tessuto cutaneo successivamente ad un periodo di esposizione alla luce del sole (solo il 20% del fabbisogno di vitamina D deriva dall’alimentazione). Pertanto è necessario che tali elementi siano sempre presenti nel corpo umano in concentrazione ottimale che dipende dall’età e dalla fase di sviluppo della persona (Weaver, 2000).
E’ bene tener presente come alcuni alimenti possano interferire con l’assorbimento intestinale del calcio come ad esempio le fibre alimentari in quantità eccessiva e i cibi ricchi in ossalato (spinaci, legumi, prezzemolo, pomodori, cioccolato, caffè, tè, uva fighi, prugne). Anche l’acqua che si beve può essere una fonte aggiuntiva di calcio: in questo caso le acque da preferire sono quelle con un contenuto di calcio superiore ai 300 mg/litro.
Quando l’apporto di calcio con la sola dieta non risulta sufficientemente adeguato è possibile ricorrere all’uso di supplementi di calcio. L’assunzione di supplementi di calcio può favorire il rischio di calcolosi renale che non si osserva invece con un’alimentazione ricca di calcio. Ne consegue che è preferibile intervenire su eventuali carenze di calcio prima con la dieta e solo in seconda battuta, in caso di insuccesso, con il ricorso ad integratori (Linee guida italiane su osteoporosi) (Rossini et al., 2016).
La supplementazione di calcio è risultata indurre lievi aumenti di densitometria ossea nelle persone con carenza di calcio e nelle donne in post-menopausa da più di 5 anni. In alcuni pazienti, soprattutto anziani, la supplementazione di calcio è stata associata ad un lieve effetto protettivo verso le fratture ossee. Gli effetti clinici maggiori in questo ambito comunque sono stati osservati in caso di associazione calcio-vitamina D (Rossini et al., 2016).
La supplementazione con vitamina D in pazienti con livelli adeguati di calcio ha evidenziato benefici clinici anche in prevenzione primaria. Gli effetti della vitamina sulla densità minerale ossea è limitata e circoscritta prevalentemente all’osso femorale; la riduzione del rischio di frattura è risultato modesto e limitato alle fratture non vertebrali, incluso quelle femorali (Rossini et al., 2016).
La vita sedentaria è considerato un fattore di rischio per osteoporosi. Nei ragazzi in età prepuberale e nei giovani adulti l’attività fisica che è risultata avere effetti positivi sulla densità minerale ossea è quella aerobica come ad esempio le attività di jogging, calcio, pallavolo, pallacanestro, sport con la racchetta, ginnastica (dati da studi caso-controllo), ma le evidenze scientifiche non sono sufficienti per raccomandare tale tipo di attività né nella prevenzione primaria dell’osteoporosi né nella prevenzione secondaria (paziente con osteoporosi a rischio di fratture o con fratture già avute). Nelle donne in postmenopausa, l’attività fisica aerobica è risultata prevenire, all’anno, l’1% della perdita minerale ossea soprattutto a livello delle ossa vertebrali (Rossini et al., 2016). Anche se i dati clinici relativi all’impatto dell’esercizio fisico sulla massa ossea sono limitati, nei pazienti anziani un’attività fisica moderata, come ad esempio camminare per più di 30 minuti all’aria aperta, è raccomandabile per gli effetti sul rischio di caduta e perché favorisce la sintesi di vitamina D endogena.
Uno degli eventi che si manifesta spesso in individui adulti che sono, per familiarità, predisposti ad un quadro osteoporotico, è la presenza di obesità viscerale e addominale (di grado da lieve a moderato). In questi casi è opportuno, oltre alla correzione dello stile alimentare, ricorrere ad una attività fisica prevalentemente aerobica, con lo scopo contemporaneo di attivare il metabolismo al consumo dei lipidi e migliorare il microcircolo e il rimodellamento osseo – muscolare.
In sintesi, la prevenzione dell’osteoporosi può essere realizzata tenendo presente i seguenti punti:
1) Favorire nei ragazzi e negli adulti un adeguato raggiungimento del picco di densità ossea:
a) garantendo adeguati livelli di calcio con l’alimentazione, cercando di seguire una dieta equilibrata fornendo una adeguata educazione nutrizionale;
b) garantendo livelli sufficienti di vitamina D, soprattutto negli adulti, come linea preventiva per contenere eventuali fratture;
c) svolgendo attività fisica regolare
2) Prevenire o ritardare negli adulti l’insorgenza dell’osteoporosi:
a) assumendo un quantitativo di vitamina D non inferiore ai 400 mg;
b) evitando il fumo e limitando l’assunzione di bevande alcoliche;
c) svolgendo un’attività fisica bilanciata in modo da coinvolgere tutto il corpo con movimenti delicati e adeguati a ripristinare un giusto grado di turnover osseo;
3) Ricercare e trattare tutte le condizioni cliniche in grado di compromettere e/o alterare la salute dell’osso;
In alcuni pazienti selezionati è possibile ricorrere ad una terapia farmacologica di prevenzione basata sull’impiego di bifosfonati o raloxifene.