Come si diagnostica l'Osteoporosi?
Gli esami disponibili per diagnosticare l’osteoporosi sono:
L’osteoporosi è una malattia delle ossa causata da ridotta massa ossea a da alterazioni qualitative della macro e micro struttura del tessuto osseo che si associa ad un aumento del rischio di frattura.
La diagnosi clinica di osteoporosi si basa su una valutazione complessiva degli esami di laboratorio e degli esami di densitometria ossea.
Esami di laboratorio
Gli esami di laboratorio rappresentano il primo passo nell’iter diagnostico dell’osteoporosi e sono finalizzatati all’esclusione, con un alto margine di sicurezza, di forme di osteoporosi secondaria o malattie metaboliche con sintomi simili all’osteoporosi (diagnosi differenziale).
Gli esami di laboratorio sono classificati in esami di I e di II livello:
esami di I livello
esami di II livello
VES
La VES, acronimo per velocità di eritrosedimentazione, indica la velocità con cui i globuli rossi (eritrociti) in un campione di sangue non coagulabile, si depositano sul fondo della provetta in un arco di tempo di un’ora. La VES è un indice di infiammazione.
I valori normali sono pari a 0-15 mm/ora per l’uomo e a 0-20 mm/ora per la donna. Valori superiori a quelli di riferimento indicano la presenza di un’infiammazione in corso.
Il principio alla base di questo esame è quello della normale capacità dei globuli rossi di respingersi: in condizioni fisiologiche normali tale capacità è elevata, in caso di infiammazione la presenza di globuline o fibrinogeno (fattore attivato dai danni tissutali) fa si che gli eritrociti possono aggregarsi con maggiore facilità e quindi sedimentare più velocemente.
La VES rientra nei valori normali in caso di osteoporosi primaria mentre risulta alterata nei casi di osteoporosi secondaria.
Protidemia frazionata
La protidemia frazionata è un esame che consente di separare le proteine presenti nel siero, la parte liquida del sangue. L’esame che sfrutta il campo elettrico (elettroforesi) separa le proteine plasmatiche in base alla carica superficiale e alla massa (le proteine più piccole si muovono più velocemente). L’analisi delle proteine plasmatiche dà una valutazione indiretta del funzionamento del fegato.
Le proteine plasmatiche determinate sono le albumine e le globuline (alfa, beta e gamma-globuline).
Le albumine costituiscono la frazione principale delle proteine plasmatiche e sono prodotte nel fegato.
Le alfa globuline sono un gruppo di proteine globulari distinte in due sottogruppi: alfa 1 e alfa 2. Al primo sottogruppo appartengono l’alfa 1 antitripsina, l’alfa 1 glicoproteina acida, l’alfa 1 lipoproteina e l’alfa 1 antitrombina. Al secondo sottogruppo appartengono l’alfa 2 macroglobulina, l’aptoglobina, la protrombina, la ceruloplasmina e l’alfa 2 lipoproteina. Le alfa 2 globuline sono proteine che aumentano in caso di infiammazione (ad esempio infezioni, tumore, necrosi da ischemia, ustioni).
Le beta globuline comprendono la beta 2 microglubulina, il plasminogeno, la transferrina e la ferritina, la frazione C3 del complemento, le betalipoproteine, il fibrinogeno. Le beta globuline aumentano in condizioni quali, ad esempio, il diabete, le malattie epatiche, l’ipotiroidismo, l’anemia sideropenica (da carenza di ferro), le dislipidemie (aumento delle lipoproteine plasmatiche).
Le gamma globuline costituiscono l’insieme delle globuline coinvolte nella risposta immunitaria e rappresentano la frazione degli anticorpi prodotti dalle plasmacellule (linfociti B attivati). Le gamma globuline o immunoglobuline (Ig) sono distinte in 5 classi:
a) IgA (immunoglobulina A), gamma globulina coinvolta nella risposta immunitaria a livello delle mucose (bocca, apparato digerente e respiratorio), e presenti nel latte materno (valori normali nell’adulto: 90-450 mg/dL);
b) IgD (immunoglobulina D), gamma globuline presenti sulla superficie dei linfociti B immaturi con funzione di attivazione del linfocita B a plasmacellula (valori normali nell’adulto: < 15 mg/dL);
c) IgE (immunoglobulina E), gamma globuline coinvolte nella risposta immunitaria in caso di infezioni parassitarie e nelle reazioni allergiche (valori normali nell’adulto < 150 UI/ml);
d) IgG (immunoglobuline G), gamma globuline coinvolte nell’attivazione del complemento (gruppo di proteine del sistema immunitario) e nella presentazione di sostanze estranee (soprattutto batteri) ai macrofagi, interagiscono con i macrofagi e le cellule natural killer per combattere le tossine batteriche, proteggono il feto perché sono le uniche gamma globuline ad attraversare la placenta. Le IgG rappresentano la memoria immunitaria di una persona (valori normali nell’adulto: 800-1800 mg/dL);
e) IgM (immunoglobuline M), gamma globuline con duplice conformazione, monomerica (una sola unità) e pentamerica (5 unità associate). In forma monomerica, le IgM sono ancorate alla superficie dei linfociti B inattivati e svolgono funzione di recettore per gli antigeni (sostanze che innescano la risposta immunitaria); in forma pentamerica attivano il complemento. Le IgM sono le prime immunoglobuline che compaiono nel sangue in caso di infezione e precedono la produzione delle IgG (valori normali nell’adulto: 50-370 mg/dL).
Calcemia
La calcemia indica la concentrazione di calcio nel sangue. Il calcio conferisce rigidità al tessuto osseo. I valori di riferimento della calcemia nell’adulto sano sono compresi fra 8,6 e 10,5 mg/dL. Quando la concentrazione di calcio nel sangue supera i valori di riferimento si parla di ipercalcemia, che può essere provocata da iperparatiroidismo (la ghiandola paratiroide produce troppi ormoni), da eccesso di vitamina D plasmatica, da insufficienza renale, da un tumore delle ossa, dall’uso di diuretici o contraccettivi orali. Viceversa se la concentrazione di calcio è inferiore alla norma si parla di ipocalcemia, che può essere causata da ipoparatiroidsmo (la ghiandola paratiroide produce una quantità insufficiente di ormoni), scarso apporto di vitamina D e/o di calcio, perdita eccessiva di calcio con le urine o le feci. In caso di osteoporosi primaria, la calcemia risulta nella norma.
Fosfatemia
La fosfatemia indica la concentrazione di fosforo nel sangue. La fosfatemia dà un’indicazione di massima sullo stato di salute delle ossa perché il fosforo agisce come una sorta di modulatore della rigidità dell’osso (impedisce cioè che l’osso sia troppo rigido).
I valori normali dipendono dall’età:
a) fino ad 1 anno: 5,0 – 7,5 mg/dL
b) 2 – 10 anni: 4,5 – 5,6 mg/dL
c) dopo 10 anni: 2,5 – 4,8 mg/dL
Valori di fosfatemia elevati possono dipendere da un iperparatiroidismo o da livelli plasmatici eccessivi di vitamina D. valori di fosfatemia bassi possono dipendere da ipoparatiroidismo, malassorbimento intestinale, digiuno prolungato, malattie a carico del fegato.
Fosfatasi alcalina totale
La fosfatasi alcalina totale (sigla: ALT) indica la concentrazione totale di fosfatasi alcalina, enzima presente in diversi tessuti e organi, in particolare nelle ossa e nel fegato. Valori normali sono compresi tra 90 e 250 mU/ml negli adulti e tra 100 e 700 mU/ml nei bambini. Valori di fosfatasi alcalina totale superiori alla norma sono indicativi di artrite deformante, fratture ossee, epatiti, tumore biliare.
Creatininemia
La creatininemia è l’esame che permette di dosare la creatinina nel sangue. La creatinina è una molecola di scarto del metabolismo muscolare, la sua concentrazione ematica non dipende da fattori esterni come la dieta e la sua eliminazione attraverso i reni avviene con velocità costante. Valori di creatininemia anomali sono indicativi di danno o sofferenza renale.
Valori normali di creatininemia: 0,3-0,6 mg/dL (bambino); 0,7-1,2 mg/dl (uomo); 0,6-1,2 mg/dL (donna).
Calciuria nelle 24 ore
La calciuria nelle 24 ore è l’esame che consente di valutare l’escrezione renale di calcio nelle 24 ore e si esegue raccogliendo le urine per 24 ore, a partire dalla mattina, scartando le prime urine, e seguendo l’orario di emissione. L’esame consente di rilevare eventuali disfunzioni delle ghiandole paratiroidi e di individuare, quando diagnosticati, la natura dei calcoli renali.
Valori normali di calciuria/24h: 100-300 mg/24h (uomo); 100-250 mg/24h (donna).
Calcio ionizzato
Il calcio ionizzato o calcio “libero” è una delle forme con cui il calcio è presente nel sangue. Questo esame viene prescritto quando la calcemia dà risultati anomali, per comprendere meglio i possibili fattori causali. Valori di calcio ionizzato elevati sono indicativi di iperparatiroidismo, malattia di Paget, assunzione eccessiva di vitamina D. Al contrario, valori bassi possono essere indice di ipoparatiroidismo o malassorbimento di calcio (osteomalacia e/o rachitismo).
Valori normali di calcio ionizzato: 4,64–5,28 mg/dL (adulto); 4,80–5,52 mg/dL (bambino).
TSH
L’ormone tireotropo o THS (Thyroid-stimulating hormone) è un ormone secreto dall’ipofisi anteriore la cui funzione è quella di stimolare la tiroide. Valori anomali di TSH sono indicativi di un quadro di ipotiroidismo o ipertiroidismo. Il malfunzionamento della tiroide influenza il metabolismo osseo e può indurre un potenziale quadro osteoporotico. Gli ormoni tiroidei infatti quando prodotti in eccesso, aumentano la distruzione di tessuto osseo (attività osteoclastica), ma non quella di neoformazione di tessuto osseo (attività osteoblastica).
Paratormone sierico
Il paratormone o PTH (Parathyroid hormone) è un ormone prodotto dalle quattro ghiandole paratiroidee, poste dietro la tiroide. L'ormone ha il ruolo fondamentale di mantenere costanti i livelli di calcio nel sangue. La determinazione del PTH da solo non è un esame sufficiente per diagnosticare una condizione di malattia, ma può dare informazioni aggiuntive per delineare un quadro patologico il più completo possibile.
Valori normali di paratormone: 12-72 pg/ml.
Piridinoline
Le piridinoline sono molecole che intervengono nella formazione del collagene di tipo 1. In particolare la piridinolina è presente nella ossa e nelle cartilagini e in piccola percentuale nei tendini. Nella pratica clinica la determinazione della concentrazione di piridinoline nelle urine trova impiego nel monitoraggio di patologie caratterizzate da elevato turnover osseo come l’osteoporosi (le piridinoline nelle urine derivano dal catabolismo del collagene maturo e non di quello in formazione). Livelli elevati di piridinoline sono indicativi di osteoporosi, livelli inferiori alla norma di una insufficiente attività ossea di rigenerazione.
Valori normali di piridinoline: 3-7,4 nM (donne); 2,3-5,4 nM (uomini).
Telopeptide
Il test del telopeptide è simile a quello delle piridinoline. Il test ricerca frammenti peptidici che vengono liberati durante il processo di rimodellamento della matrice ossa e che derivano dal collagene di tipi 1. L’esame del telopeptide trova impiego principalmente nel monitoraggio terapeutico delle pazienti con osteoporosi post-menopausale.
Valori normali di telopeptide: 1,8-5 ng/ml.
25-OH-vitamina D sierica
Questo esame determina la quantità di vitamina D nel sangue. La vitamina D, vitamina liposolubile, favorisce l’assorbimento di calcio introdotto con la dieta e interviene nel mantenimento dell’omeostasi (mantenimento di uno stato di equilibrio) del calcio. La vitamina D interviene anche nei processi che inducono la differenziazione degli osteoclasti (cellule del tessuto osseo deputate al suo rimodellamento).
Valori normali di vitamina D: 8-42 ng/ml.
Osteocalcina
L’osteocalcina è una proteina di piccole dimensioni, dipendente dalla vitamina k, che costituisce circa il 3% delle proteine ossee totali. L’osteocalcina è prodotta dagli osteoblasti, le cellule del tessuto osseo che formano il nuovo tessuto, sotto l’azione degli ormoni che regolano l’omeostasi calcica, ossia ormone paratiroideo, vitamina D e calcitonina. Valori superiori a quelli di riferimento possono essere indicativi di ipertiroidismo o di osteoporosi; valori inferiori alla norma sono indicativi di un funzionamento insufficiente degli osteoblasti.
Valori normali di osteocalcina: 1-11 ng/ml (donne in pre-menopausa); 1-13 ng/ml (donne in menopausa); 1-11 ng/ml (uomini).
Densitometria ossea
Oltre agli esami di laboratorio, condotti su campioni ematici ed urinari, è necessario procedere con esami più selettivi che, affiancati ai precedenti, possono dare un quadro chiaro della situazione clinica del paziente. Le tecniche radiometriche impiegate sono la densitometria ossea, detta anche mineralometria ossea computerizzata (MOC), e la morfometria vertebrale.
Per la diagnosi di osteoporosi si utilizza la densitometria ossea che consente di valutare la mineralizzazione delle ossa in determinati siti scheletrici, in genere femore e vertebre. La densità minerale ossea (BMD, Bone Mineral Density) è responsabile della resistenza meccanica dell’osso per circa il 60-80%.
La misurazione della densitometria ossea si avvale dell’impiego dei raggi X. Esistono diverse varianti della MOC, la principale, e attualmente in uso, è la MOC-DEXA, acronimo per “dual-energy X-ray absorptiometry” (o DXA, dual X-ray absorptiometry), che impiega due fasci di raggi X, aventi energie differenti. Valutando ed eliminando l’assorbimento del tessuto molle si determina quello del calcio e degli altri minerali, che risulta direttamente proporzionale alla densità ossea (Crabtree et al., 2007). La MOC-DEXA misura la massa minerale ossea (BMC, Bone Mineral Content) e la densità ossea (BMD) espressa in g/cm2 di superficie ossea proiettata. Questa tecnica è quella su cui si deve basare la diagnosi densitometrica di osteoporosi secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Rossini et al., 2016).
Due varianti di MOC, la MOC-DPA e la MOC-SPA, sono tecniche di densitometria ossea superate. La prima prevedeva l’impiego di due raggi fotonici ad energie differenti, ma tempi di esposizione più lunghi della DEXA. La seconda sfruttava un singolo raggio fotonico ma richiedeva tempi di esecuzioni maggiori rispetto alla DEXA.
La MOC-QCT (QTC, Quantitative Computed Tomography) o mineralometria ossea computerizzata tramite tomografia computerizzata quantitativa, è una tecnica non invasiva che consente di misurare la reale densità ossea in un determinato volume, senza la sovrapposizione di altri tessuti. E’ una tecnica diagnostica da riservare a casi specifici soprattutto perché utilizza una dose di radiazioni elevata. La tecnica QTC prevede l’esecuzione preventiva di una “scout view”, ossia l’analisi in toto di un distretto anatomico, quindi la selezione di aree di interesse (ROI, region of interest) per la determinazione, sulla base di valori di riferimento di densità ossea, i corrispondenti valori del paziente. La tecnica QTC, attualmente, è risultata in grado di predire il rischio di fratture vertebrali nelle donne in post-menopausa (non ci sono sufficienti evidenze scientifiche per le fratture femorali in donne e uomini e per le fratture vertebrali negli uomini) (Rossini et al., 2016).
La MOC-QUS, acronimo per “mineralometria ossea computerizzata con ultrasonografia quantitativa”, è una tecnica che sfrutta gli ultrasuoni per valutare la densitometria ossea. L’ultrasuono a differenza dell’onda elettromagnetica è un’onda meccanica e come tale si propaga solo attraverso la materia e non nel vuoto. L’ultrasonografia ossea si basa sul principio che tra velocità dell’ultrasuono attraverso il tessuto osseo e resistenza meccanica dell’osso esiste una proporzionalità diretta. L’ultrasonografia ossea dà informazioni quantitative sulla densità minerale e qualitative sulla matrice organica del tessuto osseo. La tecnica è impiegata nell’analisi di distretti ossei caratterizzati da un elevato contenuto di osso trabecolare e ridotto spessore delle parti sovrastanti come calcagno, falangi, tibia, rotula. La tecnica ultrasonografica non è applicabile a femore e colonna vertebrale (Mondavio et al., 1998). In Italia lo studio Esopo ha messo in evidenza una correlazione significativa tra frattura ed evidenza di osteopenia e osteoporosi valutata tramite ultrasonografia ossea sia negli uomini che nelle donne (Maggi et al., 2006). Sempre in Italia, secondo la nota 79, recentemente aggiornata, che regola la prescrizione a carico del Servizio Sanitario Nazionale dei farmaci per il trattamento dell’osteoporosi, la valutazione densitometrica a fini diagnostici non include l’ultrasonografia, ma esclusivamente la MOC-DEXA (o DXA) (Agenzia Italiana del Farmaco – AIFA, 2015).
I dati di densitometria ossea sono elaborati con algoritmi che confrontano i dati del singolo paziente con parametri di riferimento ed esprimono i risultati in termini di T-score e Z-score.
Il T-score indica di quante deviazioni standard (DS) il valore del singolo paziente (BMC o BMD) si discosta da quello medio della popolazione sana di riferimento (popolazione sana, dello stesso sesso del paziente, di età pari a 25-30 anni, corrispondente cioè all’età in cui si raggiunge il picco di massa ossea).
L’organizzazione mondiale della Sanità ha stabilito i seguenti valori di riferimento (World Health Organization – WHO, 1994; Rossini et al., 2016):
Per ogni riduzione di 1 DS di densità ossea (BMD), circa il 10%, il rischio di frattura per ogni sito aumenta di 1,5-3 volte (Rossini et al., 2016). I siti in cui si raccomanda la valutazione della BMD con tecnica MOC-DEXA sono la colonna vertebrale, in corrispondenza delle vertebre lombari 1-4 (L1-L4), e la parte prossimale del femore (vertebre e femore rappresentano le sedi dove le fratture da osteoporosi sono più rilevanti).
Lo Z-score ha identica funzione statistica e definizione del T-score ma cambia la popolazione di riferimento. Lo Z-score è utilizzato per diagnosticare l’osteoporosi nelle donne in pre-menopausa e negli uomini con meno di 50 anni (Rossini et al., 2016). L’età rappresenta una variante statistica importante perché necessità di una popolazione di confronto della stessa età e sesso e tiene conto dello sviluppo puberale negli adolescenti. Per definire un quadro di osteoporosi lo Z-score non è sufficiente da solo, ma richiede la co-presenza di fratture, dette di “fragilità”, perché causate da traumi di lieve intensità.
I valori di riferimento dello Z-score sono analoghi a quelli del T-score (Cosman et al., 2014):
Normalità: Z-score < -1
Osteopenia: Z-score compreso fra -1 e -2
Osteoporosi: Z-score < 2 più frattura di fragilità