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Obesità

Farmaci e terapie

Quali farmaci per l'Obesità?

L’obesità è una malattia cronica, multifattoriale, che comporta gravi conseguenze a livello di aspettativa e qualità di vita.

L’approccio terapeutico si articola sostanzialmente su due fronti. Da un lato si cerca di intervenire sul peso corporeo con una dieta ipocalorica associata ad attività fisica, dall’altro si cerca di individuare le possibili cause che hanno portato all’eccesso di peso. Nei casi di obesità primaria, non provocata cioè da altre malattie (es. morbo di Cushing, ipotiroidismo, neoplasie ipotalamiche), individuare le cause all’origine del sovrappeso spesso risulta difficile anche per il coinvolgimento della sfera psichica.

“L’obesità non è riconosciuta come un disordine del comportamento alimentare (DCA) e quindi non richiede necessariamente il ricorso ad un intervento di tipo psicologico, ma è ormai accettato che il suo trattamento si avvale positivamente di tecniche di tipo cognitivo comportamentale. Non serve prescrivere ai pazienti obesi la dieta e dire loro cosa fare e non fare. Limitarsi a prescrizioni sulla qualità e sulla quantità dell’alimentazione renderà il paziente passivo di fronte al suo cambiamento, che per essere significativo e duraturo deve nascere da una partecipazione attiva. Il cambiamento, invece, si può raggiungere attraverso un impegno costante e la consapevolezza che esso può avvenire solo accettando i piccoli passi che costituiscono l’unica strada per un risultato vero e duraturo. La parola chiave, deve essere “insegnare ed educare” e non “prescrivere”. Il paziente deve avere la percezione del controllo e per questo è basilare aiutarlo ad acquisire capacità di autogestione e abilità decisionali. Una volta impostato il programma dietetico (educazione nutrizionale volta ad una dieta normocalorica bilanciata o schema dietetico ipocalorico bilanciato), l’efficacia del trattamento deve essere verificata con controlli clinici periodici effettuati dal medico, meglio se in collaborazione con un dietista, a scadenza non superiore a 6-8 settimane fino al raggiungimento dell’obiettivo e ogni 4-6 mesi per i successivi 3 anni. I controlli clinici periodici dovranno comprendere la misurazione dei valori antropometrici ed un’attenta valutazione della compliance del paziente e della sua famiglia agli interventi proposti, valorizzando i miglioramenti, evidenziando eventuali difficoltà, con disponibilità a modificare eventualmente l’approccio iniziale." (Ministero della Salute, 2004)

Poichè l’obesità si configura come malattia strettamente connessa all’alimentazione, l’obiettivo terapeutico principale è quello di ridurre il peso corporeo e di intervenire sul comportamento e sullo stile di vita del paziente perchè la riduzione di peso si mantenga nel tempo.

Il trattamento terapeutico più efficace, pertanto, come riportato nella Consensus SIO-SISDCA, “consiste in un programma terapeutico-riabilitativo attuato presso le Unità Operative di Dietetica e Nutrizione clinica di strutture accreditate, con un team approach multidimensionale affidato al lavoro integrato di diverse figure professionali medici specializzati (internisti, nutrizionisti clinici, psichiatri, fisiatri e chirurghi quando indicato), psicologi, dietisti, fisioterapisti, educatori ed infermieri” (Donini et al., 2010).

Dieta
Dieta ed esercizio fisico rappresentano i due cardini principali su cui si base l’intervento terapeutico nel paziente obeso. Programmi accurati di dieta possono produrre perdita di peso nel breve periodo, il cui mantenimento però richiede esercizio fisico continuativo associato ad una corretta alimentazione. Nel paziente obeso la riduzione delle calorie introdotte (dieta ipocalorica) e della quota di grassi (dieta ipolipidica) consente di ottenere una diminuzione del peso iniziale pari al 5-10%, che, anche se non rappresenta il peso ideale in base all’altezza del paziente, si associa ad una riduzione del rischio cardiovascolare e metabolico. La riduzione delle calorie introdotte con la dieta, nel paziente obeso, deve associarsi alla scelta di alimenti a basso indice glicemico (dieta ipocalorica a basso indice glicemico). L’indice glicemico di un alimento indica la velocità con cui l’alimento aumenta la glicemia dopo la sua assunzione. L’indice glicemico può cambiare, per uno stesso alimento (es. pasta) a seconda della varietà, di come viene cucinato e dal grado di maturazione dell’alimento stesso. Il prodotto dell’indice glicemico per la quantità di carboidrati presenti in un alimento determina il carico glicemico; dal carico glicemico dipende la quantità di insulina rilasciata dal pancreas.

La preferenza per alimenti a basso indice glicemico aiuta a contrastare l’insulino-resistenza che rappresenta l’alterazione metabolica più frequente nel paziente obeso.

L’intervento dietetico nel paziente obeso, in assenza di altre indicazioni, dovrebbe mirare ad una perdita di peso del 10% in caso sovrappeso o obesità di I e II grado in un periodo di tempo non superiore ai 6 mesi. Nei grandi obesi (BMI > 40) l’obiettivo di peso perso deve essere superiore al 10% (SIO/ADI, 2012/2013).

Le indicazioni nutrizionali per una dieta corretta nel paziente adulto prevedono (SIO/ADI, 2012/2013):
1) Carboidrati
• apporto raccomandato pari al 55% dell’energia totale giornaliera
• preferenza per alimenti ricchi in fibre o amido a lento assorbimento consumo ridotto per cibi contenenti zuccheri semplici (10-12% dell’energia totale giornaliera) come il saccarosio
• consumo di cibi con indice glicemico basso sopratutto per il mantenimento del peso dopo il calo ponderale
• un consumo eccessivo di saccarosio e di zuccheri aggiunti favorisce l’aumento di peso, l’insulino-resistenza e l’ipertrigliceridemia
• il ricorso a diete con un apporto di carboidrati inferiore a 120-130 g/die ei pazienti obesi non ha evidenze scientifiche
2) Proteine
• apporto raccomandato pari a 0,8-1,0 g/kg peso desiderabile (BMI: 22,5 kg/m2)
• consumo di fonti proteiche animali e vegetali
3) Grassi
• apporto raccomandato non superiore al 30% dell’energia totale giornaliera (ripartito in maniera uguale fra acidi grassi saturi, acidi grassi monoinsaturi e acidi grassi polinsaturi)
• apporto raccomandato di colesterolo non superiore a 300 mg/die (adulto) e a 100 mg/1000 kcal in età pediatrica (< 18 anni)
• consumo non superiore a 2,5 g/die di acidi grassi trans (correlati ad aumento di peso, aumento della circonferenza vita e dell’indice di massa corporea)
4) Fibre
• apporto raccomandato pari a 30 g/die negli adulti e 0,5 g/die/kg in età pediatrica (18 anni)
• una corretta quantità di fibre nella dieta riduce il rischio di malattie cardiovascolari, metaboliche e tumori a carico del tratto gastrointestinale
5) Alcol
• da eliminare nelle diete ipocaloriche perchè costituisce una fonte di energia di pronto uso, non ha potere saziante e interferisce con l’assorbimento di altri nutrienti
• da consumare in piccola quantità una volta raggiunto un peso adeguato
6) Bevande zuccherate
• consumo non raccomandato sia negli adulti sia in età pediatrica perchè introducono quantità elevate di zuccheri.
• influenzano negativamente il senso di sazietà immediata (satiety) e sul lungo periodo (satiation)
7) Integratori nutrizionali
• raccomandati solo in presenza di carenze accertate
8) Dolcificanti acalorici
• l’uso di questo tipo di dolcificante è controverso per gli effetti limitanti sulla sazietà immediata e sul lungo periodo

Nei pazienti in sovrappeso o obesi la dieta ipocalorica dovrebbe comportare una riduzione dell’apporto calorico pari al 15-30%. Le diete fortemente ipocaloriche, che forniscono meno di 1200 kcalorie (VLCD, Very Low calorie Diet), poichè possono indurre carenze nutrizionali, devono essere adottate per periodi di tempo brevi e sono dedicate a pazienti selezionati (controindicate in gravidanza, durante l’allattamento, nei bambini, ragazzi e negli anziani) (SIO/ADI, 2012/2013).

Esercizio fisico
L’esercizio fisico si associa ad una riduzione della mortalità per tutte la cause, della cardiomiopatia, dell’ipertensione arteriosa, dell’ictus, del diabete mellito di tipo 2, della sindrome metabolica, del cancro al colon e alla mammella, della depressione (Physical Activity Guidelines Committe, 2008; Nocon et al., 2008; Sofi et al., 2008; Warburton et al., 2007; Bauman et al., 2005).

Nei pazienti in sovrappeso od obesi, l’esercizio fisico è raccomandato indipendentemente dagli effetti sul peso corporeo (Haskell et al., 2007; Lyznicki et al., 2001; Expert Panel on the Identification, Evaluetion and Treatment of Overweight in Adults, 1998). E’ stato osservato che nei pazienti obesi (età =/> 60 anni) con attività fisica buona il rischio di mortalità per tutte le cause è minore rispetto a quello calcolato nelle persone con peso normale ma che non facevano attività fisica (Sui et al., 2007). Inoltre è stata evidenziata una correlazione dose-risposta fra durata dell’attività fisica e calo ponderale.

L’associazione dieta ipocalorica più attività fisica aumenta la perdita di peso rispetto al solo esercizio fisico. Con il solo esercizio fisico, la perdita di peso nei pazienti obesi o sovrappeso difficilmente è superiore al 3% del peso iniziale (SIO/ADI, 2012/2013).

Le linee guida raccomandano almeno 150-250 minuti di esercizio fisico aerobico di intensità moderata alla settimana per prevenire un aumento di peso significativo (> 3% del peso corporeo) (SIO/ADI, 2012/2013).

In sintesi, nei pazienti in sovrappeso od obesi, le linee guida raccomandano:
• almeno 150-250 minuti di attività fisica aerobica alla settimana per ottenere un calo ponderale di 2-3 kg in 6-12 mesi
• almeno 250-400 minuti di attività fisica aerobica alla settimana per ottenere un calo ponderale di 5-7,5 kg in 6-12 mesi
• almeno 200 minuti di attività fisica di media intensità per prevenire il recupero ponderale
• l’attività contro resistenza (impiego della forza muscolare per spostare un corpo che crea resistenza) anche se associata a dieta ipocalorica non è risultata efficace per perdere peso

Poichè il paziente obeso o in sovrappeso può presentare patologie associate a carico del distretto cardiocircolatorio, respiratorio e osteoarticolare, le linee guida raccomandano di verificare l’impatto del set di esercizi fisici dedicati sulle diverse, eventuali, co-morbidità.

Farmaci
Nei pazienti adulti in sovrappeso od obesi, in alcuni casi, può essere utile affiancare una terapia farmacologica per un periodo di durata variabile di 6-12 mesi. La terapia farmacologica è indicata per aiutare il mantenimento del calo ponderale piuttosto che per ottenere un’ulteriore perdita di peso. Nei pazienti che non riescono a perdere peso, la terapia farmacologica dovrebbe essere sospesa (SIO/AID, 2012/2013).

I farmaci più usati agiscono attenuando il senso di fame (farmaci anoressizzanti) o riducendo l’assorbimento di nutrienti (orlistat). Sia gli anoressizzanti sia l’orlistat possiedono effetti collaterali che possono interferire con l’adesione al trattamento. Gli anoressizzanti provocano ipertensione, mal di testa, insonnia, secchezza della bocca e stipsi. L’orlistat è associato a flatulenza, steatorrea, incontinenza fecale e ridotto assorbimento delle vitamine liposolubili (es. vitamina A, vitamina D).

L’orlistat è l’unico farmaco approvato negli USA e in Europa per il trattamento a lungo termine dell’obesità. Agisce interferendo con l’assorbimento dei grassi tramite inibizione della lipasi pancreatica: l’effetto è dose-dipendente. L’orlistat non viene assorbito dall’organismo (assorbimento sistemico < 3% della dose somministrata). Alla dose massima raccomandata (360 mg/die), la quota di grassi assorbita diminuisce di circa il 30%.

I farmaci usati per terapie di breve durata approvati dall’agenzia regolatoria america Food and Drug Administration (FDA), ma non dall’analoga agenzia europea (European Medicines Agency o EMA), comprendono la fentermina, la fendimetrazina, il dietilproprione e il mazindolo. Si tratta di farmaci con proprietà anoressizzanti che, come tali, provocano una diminuzione dell’appetito stimolando il centro della sazietà che si trova nel cervello (ipotalamo) e attivano la lipolisi, il processo tramite cui i trigliceridi vengono scissi in acidi grassi e glicerolo.

E’ in studio un possibile ruolo della liraglutide come farmaco antiobesità. La liraglutide è già utilizzata per il trattamento del diabete di tipo 2. Si tratta di un analogo dell’ormone umano GLP-1, in grado di stimolare il rilascio glucosio-dipendente di insulina dalle cellule pancreatiche (cellule beta del pancreas). Il GLP-1 appartiene alla famiglia delle incretine, ormoni coinvolti nella regolazione della glicemia. La liraglutide è quindi un farmaco “incretinomimetico”. Nello studio clinico, la somministrazione di liraglutide (3 mg/die per via sottocutanea una volta al giorno) associata a esercizio fisico e dieta ha determinato una riduzione del peso in pazienti obesi pari all’8% (vs 2,6% nel gruppo placebo). La percentuale di pazienti con una riduzione di peso uguale o superiore al 5% dopo trattamento con liraglutide è stata pari al 64% (vs 27% nel gruppo placebo, p< 0,0001). I pazienti che hanno registrato una riduzione del peso superiore al 10% sono stati il 33% nel gruppo trattato con il farmaco e il 10% nel gruppo placebo (p< 0,0001). Gli effetti collaterali riportati con maggior frequenza nei pazienti trattati con liraglutide sono stati nausea e diarrea. Gli effetti collaterali osservati in percentuale maggiore con liraglutide rispetto al placebo sono stati disturbi della cistifellea (2,7 eventi vs 1 evento per 100 anni-paziente rispettivamente con liraglutide e placebo) e pancreatite (0,3 eventi vs 0,1 evento per 100 anni-paziente rispettivamente con liraglutide e placebo) (Pi-Sunyer et al., 2014).

Chirurgia bariatrica o dell’obesità
Nei casi più gravi, pazienti con obesità acuta (BMI > 35-40) e grave co-morbidità, è possibile ricorrere alla chirurgia bariatrica (o chirurgia dell’obesità). La terapia chirurgica dell’obesità è, al momento attuale, il solo tipo di intervento che garantisca sul lungo periodo il controllo del peso corporeo nel paziente con obesità grave.

La chirurgia bariatrica è indicata per pazienti con indice di massa corporea superiore a 40 kg/m2 oppure a 35 kg/m2 se sono presenti altre patologie importanti, età compresa fra 18 e 60 anni, obesità di durata superiore a 5 anni, incapacità a ridurre e/o controllare il peso sul lungo periodo. Rappresentano controindicazioni all’intervento chirurgico: l’obesità derivante da squilibrio ormonale che può essere trattato in modo specifico, la presenza di malattie gravi incluse le malattie psichiatriche, la bulimia nervosa, l’abuso di droghe o alcol e un rischio operatorio troppo alto.

La chirurgia bariatica comprende (Busetto L., 2014) :
• restrizione gastrica
• restrizione gastrica con by-pass gastrico
• restrizione gastrica con malassorbimento

La restrizione gastrica consiste nella riduzione del volume dello stomaco in modo tale da indurre un senso di sazietà precoce. I processi di digestione e assorbimento delle sostanze non sono modificati.

La restrizione gastrica con by-pass gastrico consiste nell’associare alla riduzione del volume gastrico un by-pass per impedire che il cibo transiti nel primo trattato dell’intestino tenue. Si ottiene, rispetto alla sola restrizione gastrica, una riduzione ulteriore del senso di fame, soprattutto nei primi 12 mesi successivi all’intervento. Questo tipo di approccio però modifica l’assorbimento di alcune sostanze che pertanto vanno aggiunte al regime alimentare (integrazione di ferro e calcio).

La restrizione gastrica con malassorbimento prevede un intervento di minor entità a carico dello stomaco, rispetto alle due precedenti tipologie, ma di maggior importanza a livello intestinale. Gran parte di intestino con funzione di assorbimento viene isolata. La maggior parte delle sostanze introdotte con la dieta vengono di fatto “perse”, non assorbite, ed eliminate con le feci. I nutrienti persi vanno integrati sottoforma di supplementi per tutta la durata della vita.

Negli ultimi anni ha preso piede un particolare sistema di alimentazione per i pazienti obesi, la Nutrizione Enterale Chetogena (NEC) chiamata anche la “dieta del sondino”. Si tratta di sostituire la normale alimentazione con cibi solidi con la somministrazione di una soluzione a base di sali minerali e proteine tramite sondino naso-gastrico. La somministrazione è continua, 24 ore su 24, e dura circa 10 giorni. Il trattamento prevede inoltre l’assunzione quotidiana di farmaci antiacidi (inibitori di pompa protonica), di lassativi e supplementi vitaminici. La NEC non è riconosciuta dalla Federazione delle Società Italiane di Nutrizione come trattamento per l’Obesità (Società Italiana dell’Obesità, Position Statement, 2014).