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Malattia di Crohn

Diagnosi

Come si diagnostica la Malattia di Crohn?

Gli esami disponibili per diagnosticare la malattia di Crohn comprendono:

Oltre a confermare la malattia di Crohn, la diagnosi serve a definire il tipo di malattia (ileae, colonica, o mista) perché l’approccio terapeutico, che da questo dipende, può cambiare lo stato di attività della malattia e la presenza di complicanze.

La diagnosi della malattia di Crohn viene posta in genere dopo diverso tempo, anche qualche anno, dalla comparsa dei primi sintomi, perché nella fase iniziale della malattia i sintomi sono poco specifici e sovrapponibili anche ad altre patologie come la celiachia, la sindrome del colon irritabili o la colite ulcerosa.

La triade di sintomi che portano la maggior parte dei pazienti a consultare uno specialista comprende dolore addominale persistente, diarrea e perdita di peso che continuano per più di 4 settimane. Non sempre comunque questi sintomi coesistono; a volte il paziente ne iferisce solo uno o due. In alcuni casi il sospetto di malattia di Crohn si nasconde dietro un apparente caso di appendicite; in altri le manifestazioni cliniche della malattia non hanno nulla a che fare con il tratto gastrointestinale (artropatia, disturbi della pelle).

Non esiste un esame specifico per la diagnosi di malattia di Crohn. La diagnosi si avvale di diverse indagini, cliniche, di laboratorio, radiologiche, endoscopiche fino alla biopsia, ossia l’esame dei tessuti intestinali. I test genetici non sono al momento raccomandati per la diagnosi (European Crohn’s and Colitis Organization, 2017).

Gli esami di laboratorio che possono essere indicativi della presenza di malattia di Crohn comprendono l’esame del sangue che potrebbe rilevare uno stato di anemia secondario a sanguinamento del tubo digerente, un aumento dei globuli bianchi riconducibile ad uno stato infiammatorio così come la valutazione della VES e della proteina C reattiva, la ricerca del sangue occulto nelle feci e il dosaggio della calprotectina e dei grassi indigeriti (Rugarli, 2015). La calprotectina è una proteina ad azione antibatterica la cui concentrazione è indicativa del grado di infiammazione intestinale. E’ utile nella diagnosi differenziale tra malattie infiammatorie croniche intestinali e sindrome dell’intestino irritabile. La determinazione dei grassi indigeriti (steatorrea) viene effettuata tramite l’esame chimicofisico delle feci; l’aumento dei grassi indigeriti è una conseguenza del malassorbimento a livello dell’ileo che si osserva nei paienti con malattia di Crohn.
Due test di laboratorio, inoltre, sono utilizzati per distinguere la malattia di crohn dalla colite ulcerosa: la ricerca degli anticorpi anticitoplasma dei neutrofili con colorazione perinucleare (p-ANCA) e la ricerca degli anticorpi anti S cerevisiae (ASCA). Nei pazienti con malattia di Crohn prevalgono gli anticorpi ASCA, riscontrabili nel 35-50% dei pazienti (vs 1% in quelli con colite ulcrosa), mentre i p-ANCA orientano verso la diagnosi di colite ulcerosa (Rugarli, 2015).

L’ecografia addominale è utile nel rivelare segni riconducibili ad una malattia infiammatoria intestinale. Rappresenta il primo passo nell’iter diagnostico perché si tratta di un esame non invasivo, facilmente eseguibile, di rapida esecuzione e basso costo. Segni ecografici riconducibili alla malattia di Crohn comprendono ispessimento della parete dell’ileo terminale e perdita della normale struttura della parete. Inoltre con questo esame è possibile rilevare la presenza di complicanze associate alla malattia infiammatoria: fistole (passaggi normalmente non presenti tra anse intestinali vicine o tra intestino e organi vicini), ascessi (raccolta di materiale purulento all’interno di un tessuto), stenosi (restringimenti del lume intestinale). Con l’ecografia color Doppler è possibile analizzare la vascolarizzazione della parete intestinale e distinguere zone di tessuto infiammato (vascolarizzazione aumentata) da zone fibrotiche (vascolarizzazione ridotta), entrambe causa di stenosi intestinale. La distinzione tra stenosi di natura infiammatoria o fibrotica è importante perché influenza il tipo di terapia, farmacologica nel primo caso (somministrazione di farmaci antinfiammatori), chirurgica nel secondo (Rugarli, 2015).

La colonscopia con ileoscopia retrograda è un esame fondamentale per la diagnosi e consente di verificare lo stato della mucosa intestinale e di distinguere la malattia di Crohn dalla colite ulcerosa.

Il clisma dell’intestino tenue è un esame che consente di verificare un eventuale coinvolgimento del digiuno, la porzione di intestino che precede l’ileo, che non è osservabile con l’ileoscopia retrograda. L’esame prevede l’uso di un contrasto, il bario, che viene assunto tramite sondino nasogastrico seguito da bolo di metilcellulosa (Rugarli, 2015). Altro esame che serve per studiare la parte alta dell’intestino è la gastroduodenoscopia. In alternativa si può ricorrere all’enteroscopia con videocapsula che però, a differenza dell’endoscopia tradizionale, non permette di prelevare del tessuto per successivi esami istologici.

La tomografia computerizzata e la risonanza magnetica sono due esami utili nel rilevare le complicanze associate alla malattia di Crohn che possono manifestarsi all’esterno del lume intestinale, come ad esempio ascessi intraddominali o retroperitoneali o processi patologici a carico dei linfonodi situati sulla membrana che collega l’intestino alla parete addominale (linfoadenopatie mesenteriche). La tomografia computerizzata sta diventando la prima scelta fra le indagini radiologiche per la diagnosi della malattia di Crohn localizzata al piccolo intestino (Gajendran et al., 2017). La risonanza magnetica, poiché non sfrutta radiazioni ionizzanti, può essere eseguita ad intervalli ravvicinati per monitorare la riposta delle lesioni perianali alle terapie oppure essere utilizzata per distinguere il tipo di stenosi intestinale (infiammatoria o fibrotica) (Rugarli, 2015).