L’influenza è un’infezione virale acuta delle alte vie respiratorie. (leggi)
L’influenza è causata dall’infezione di un virus, il virus influenzale, appartenente al genere Orthomixovirus, famiglia Orthomyxoviridae. (leggi)
Nella maggior parte dei casi, l’influenza si risolve in pochi giorni, mediamente una settimana; in alcuni casi l’infezione può provocare gravi complicanze che richiedono l’ospedalizzazione del paziente. (leggi)
La diagnosi dell’influenza si basa sull’esame da parte del medico di Medicina Generale. La conferma del virus dell’influenza tramite esami di laboratorio specifici non è quasi mai richiesta. (leggi)
L’influenza è una malattia benigna che si risolve spontaneamente in circa 4-5 giorni. I farmaci che possono essere usati in caso di influenza si possono distinguere in farmaci antivirali specifici e farmaci per la cura dei sintomi dell’influenza. (leggi)
La prevenzione dell’influenza stagionale si attua con il rispetto di norme igieniche elementari volte a ridurre il rischio di trasmissione del virus dell’influenza e con la profilassi vaccinale. (leggi)
Se ritieni di avere i sintomi dell’Influenza, o se a qualcuno dei tuoi familiari è stata diagnosticata l’Influenza, parlane con il tuo medico di fiducia. (leggi)
Le medicine non convenzionali tendono ad avere un approccio olistico nei confronti della malattia, tendono cioè a considerare “il malato“ nella sua complessità di individuo, al di là del singolo organo malato. (leggi)
Le informazioni contenute nella ricerca Pharmamedix dedicata all’influenza sono state analizzate dalla redazione scientifica con riferimento alle fonti seguenti. (leggi)
Che cos'è l'Influenza?
L’influenza è un’infezione virale acuta delle alte vie respiratorie.L’influenza presenta carattere stagionale (influenza stagionale): circola ogni anno con un picco di diffusione nei mesi invernali ed è caratterizzata da elevata infettività (facile trasmissibilità) ma bassa mortalità (in Italia la mortalità è pari all’1 per mille).
La stagionalità dell’epidemia influenzale è dovuta all’instabilità genetica dei virus responsabili dell’infezione, i virus influenzali infatti cambiano leggermente da una stagione a quella successiva.
Quando si presenta un virus completamente nuovo o che non circola da molto tempo, l’epidemia influenzale può trasformarsi, potenzialmente, in una pandemia. L’influenza pandemica è caratterizzata da una diffusione molto veloce con interessamento di aree geografiche estese. Negli ultimi 100 anni ci sono state tre pandemie influenzali: nel 1918-19 (“spagnola“, sottotipo virale A/H1N1, con 50 milioni di morti nel mondo), nel 1957-58 (“asiatica“, sottotipo virale A/H2N2, con 2 milioni di morti nel mondo) e nel 1968-69 (“Hong Kong“, sottotipo virale A/H3N2, con 700 mila morti nel mondo). Nel 2009 si è verificata un’altra pandemia infuenzale, originatasi in Messico, sostenuta dal virus influenzale A/H1N1 con una mortalità (< 0,5 per mille) che si è rivelata, a posteriori, inferiore a quella dell’influenza stagionale.
Nell’uomo il virus dell’influenza è stato isolato per la prima volta nel 1933.
L’influenza è un’infezione benigna, si risolve spontaneamente nel giro di 4-5 giorni, ma può dar luogo a complicanze importanti (es. polmonite) che possono avere anche esito mortale. Il rischio di complicanze è maggiore nei bambini, negli anziani, in caso di pazienti con patologie croniche quali ad esempio insufficienza cardiaca congestizia, asma, diabete.
L’influenza si manifesta con un esordio brusco della sintomatologia, un rialzo termico (> 38°C), almeno un sintomo respiratorio (tosse non catarrale, mal di gola, secrezione nasale, rinite) e almeno un sintomo sistemico (dolori muscolari, astenia, cefalea, sensazione di freddo, malessere generale e inappetenza). Le febbre, in assenza di trattamento antipiretico, può aumentare bruscamente nel corso di 24-48 ore fino a 41°C. Il periodo di incubazione dell’influenza può durare dalle 24 ore ai 5-6 giorni. L’età pediatrica e geriatrica possono presentare quadri sintomatologici più sfumati rispetto all’adulto. Nei lattanti l’influenza si presenta facilmente con vomito e diarrea; nei pazienti anziani (età > 75 anni) la febbre rimane entro valori contenuti e si accompagna a debolezza, dolori alle ossa e stato confusionale (Epicentro, 2011).
La diffusione del virus influenzale è elevata, l’apice dell’epidemia è raggiunta in genere entro 2-3 settimane dalla comparsa dei primi casi di infezione.
L’incidenza dell’influenza stagionale può arrivare, a seconda delle stagioni, fino al 20% della popolazione generale. Il sistema di sorveglianza epidemiologica, in Italia, ha evidenziato un’incidenza del 5% nella popolazione generale che sale al 15% nella fascia più colpita, corrispondente all’età 0-14 anni (Epicentro, 2011). Questa fascia di età poichè meno esposta ad epidemie influenzali precedenti e meno vaccinata (la copertura vaccinale è pari a circa lo 0,3%) funziona come “propellente“ per l’infezione influenzale.
L’analisi dell’andamento dell’influenza nella stagione precedente (2012-2013) ha evidenziato come il picco epidemico (numero massimo dei casi) sia stato raggiunto nella sesta settimana del 2013 (incidenza di malati: 9,97 casi ogni 1000 persone) e l’epidemia influenzale (intendendo per epidemia un’incidenza di malattia superiore a 2 casi ogni 1000 persone) abbia avuto una durata di 15 settimane. L’incidenza cumulativa è risultata medio alta (105 casi ogni 1000 persone) con valori per fascia di età pari a 265 casi su 1000 nei bambini di età 0-4 anni, a 194 casi su 1000 nei bambini di età 5-14 anni, a 90 casi su 1000 nei ragazzi e adulti di 15-64 anni, a 37 casi su 1000 negli adulti con età uguale o superiore a 65 anni (Ministero della Salute, 2013).
Poichè in caso di influenza la determinazione del virus responsabile dell’infezione non rientra nella prassi comune consolidata (i test di laboratorio vengono effettuati solo nei centri che collaborano per la sorveglianza epidemiologica), risulta molto difficile distinguere l’influenza vera e propria dalle sindromi simil-influenzali (influenza- like illnesses, Ili), sostenute cioè da virus diversi da quello influenzale, come il virus respiratorio sinciziale, i virus parainfluenzali, l’adenovirus, il coronavirus, etc.
I casi di Ili sono in genere preponderanti rispetto ai casi di influenza nell’arco dei 12 mesi ad eccezione dei mesi di epidemia influenzale (dicembre-febbraio) quando l’influenza può arrivare a rappresentare circa il 50% di tutte le Ili (in Inghilterra, i campioni analizzati hanno dato il seguente esito: 1190 casi confermati di virus A dell’influenza, 246 casi di virus B dell’influenza, 5113 casi di virus respiratorio sinciziale per il periodo ottobre 2004-maggio 2005; 1517 casi di virus A dell’influenza, 42 casi di virus B dell’influenza, 5165 casi di virus respiratorio sinciziale per il periodo ottobre 2003-maggio 2004) (Wallace et al., 2004; Health Protection Agency, 2005; Zhao et al., 2005).
Estendendo l’analisi epidemiologica alle sindromi simil-influenzali, inclusa l’influenza, è stato osservato che l’incidenza delle Ili diminuisce con l’età del soggetto colpito: nella stagione 2009-2010 l’incidenza totale è stata di 97 casi/1000 assistiti (vs 116 casi/1000 assisitit per la stagione 2004-2005); l’incidenza nella fascia 0-4 anni è stata di 232 casi/1000 assistiti; l’incidenza nella fascia 5-14 anni è stata di 271 casi/1000 assistiti; l’incidenza nella fascia 15-64 anni è stata di 64 casi/1000 assistiti; l’incidenza nella fascia con 65 anni o più è stata di 26 casi/1000 assistiti (Ministero della Salute, 2010).
E’ stato stimato che l’influenza stagionale nei paesi europei provoca, ogni anno, da 40 a 220 mila morti a seconda della gravità dell’epidemia. In particolare, in Italia, l’analisi dei dati relativi all’eccesso di mortalità causata dall’influenza nel periodo 1970-2001 ha evidenziato una media di 1000 decessi per polmonite e influenza, l’84% dei quali verificatesi in pazienti con 65 anni o più, che quindi costituisce la categoria più a rischio per complicanze respiratorie associate all’infezione influenzale (dati del Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute dell’Istituto Superiore di Sanità).
L’adozione di misure igienico-sanitarie e della profilassi vaccinale rimangono, tutt’oggi, le strategie più efficaci per ridurre il numero di casi gravi e di decessi correlati all’infezione da virus influenzale, sia in caso di influenza stagionale e soprattutto in caso di influenza pandemica.
Per l’influenza pandemica sono stati definiti dei livelli di rischio che comprendono 6 fasi:
• fase 1: assenza di sottotipi virali nuovi per l’uomo
• fase 2: assenza di sottotipi virali nuovi nell’uomo, ma circolazione negli animali
• fase 3: infezione nell’uomo con un nuovo sottotipo virale, ma assenza di trasmissione uomo-uomo o rare prove di trasmissione in caso di contatti molto stretti
• fase 4: evidenza di piccoli focolai (piccoli cluster) con trasmissione uomo-uomo molto limitata e altamente localizzata
• fase 5: si evidenziano focolai di sempre maggiore diffusione (grandi cluster, maggiore adattabilità del virus all’uomo), ma la trasmissione uomo-uomo è ancora limitata
• fase 6: aumentata e prolungata trasmissione uomo-uomo (diffusione mondiale: pandemia).
La fase 1 e 2 corrispondono ad un periodo definibile “interpandemico“; le fasi 3-5 corrispondono al periodo di allerta pandemica; la fase 6 corrisponde alla pandemia. L’influenza aviaria è ferma attualmente alla fase 3, mentre nel caso dell’influenza pandemica del 2009 è stata raggiunta la fase 6.
La sorveglianza clinico-epidemiologica dell’influenza viene effettuata attarverso dei medici definiti “sentinella“ che nei vari paesi sorvegliano un campione rappresentativo della popolazione generale pari a circa l’1-3%. In Italia questo compito è affidato all’Istituto Superiore della Sanità che lo svolge attraverso la rete Influnet.
Come precedentemente accennato, la profilassi vaccinale rimane la strategia più efficace contro l’influenza. Poichè il virus dell’influenza è caratterizzato da elevata variabilità, i ricercatori devono ogni anno modificare la composizione del vaccino per l’influenza. Per ovviare a questo inconveniente, parte della ricerca in questo ambito è focalizzata sullo studio di un vaccino “Jolly” capace di contrastare tutti i possibili ceppi del virus dell’influenza. Gli studi preclinici sembrano sulla buona strada. I ricercatori sarebbero infatti riusciti a combinare una delle proteine virali in grado di stimolare la reazione immunitaria dell’ospite, l’emoagglutinina, con un’altra proteina, la ferritina, in grado di auto-assemblarsi in modo da ottenere una nanoparticella capace di indurre una risposta del sistema immunitario circa dieci volte più potente verso due strutture dell’emoagglutinina presenti in molti ceppi del virus dell’influenza (Kaneklyo et al., 2013).