Come prevenire l'Infezione da HPV?
La profilassi primaria dell’infezione da HPV o papilloma virus umano è attuabile con la vaccinazione.
Il vaccino anti-HPV
Esistono tre vaccini per il papilloma virus umano: un vaccino bivalente (specialità medicinale Cervarix, autorizzato in Italia nel febbraio del 2007), uno tetravalente (specialità medicinale Gardasil, autorizzato in Italia nel febbraio del 2007) e uno, il più recente, nonavalente (specialità medicinale Gardasil 9, autorizzato in Italia nel 2015).
Il vaccino bivalente è efficace contro i due principali genotipi virali ad elevato pontenziale oncogeno, il tipo 16 e 18, che da soli sono responsabili di circa il 70% dei casi di tumore del collo dell’utero. Il vaccino tetravalente aggiunge alla copertura dei genotipi 16 e 18, i genotipi a basso potenziale oncogeno 6 e 11, responsabili del 90% dei condilomi genitali e di lesioni intraepiteliali di basso grado. Il vaccino nonavalente offre la copertura oltre che verso i genotipi 6, 11, 16 e 18 anche verso i genotipi 31, 33, 45, 52 e 58 di cui il 31, 33, 52 e 58 sono genotipi a potenziale oncogeno intermedio, mentre il 45 è un genotipo classificato tra quelli ad elevato potenziale oncogeno.
I vaccini per l’HPV sono formati utilizzando proteine virali purificate e assemblate in modo da mimare il virus. Tali vaccini sono ingrado di scatenare la risposta del sistema immunitario dell’uomo, ma non contenendo materiale genetico virale, non possono causare l’infezione. I vaccini sono somministrati per via intramuscolare. I vaccini bivalente e tetravalente richiedono la somministrazione di due dosi, da somministrare a 6 mesi di distanza fino ai 13 anni (bivalente) oppure fino ai 14 anni (tetravalente). Nel caso del vaccino nonavalente, la seconda dose può essere somministrata in un intervallo di tempo compreso tra i 5 e i 13 mesi dalla prima dose; se la seconda dose è somministrata prima che siano trascorsi 5 mesi, lo schema vaccinale prevede tre dosi, in genere a 0-2-6 mesi. Se la vaccinazione viene effettuata in ragazzi di età superiore ai 13-14 anni, lo schema della vaccinazione prevede tre dosi, a 0-1-6 mesi per il vaccino bivalente e a 0-2-6 mesi per il tetravalente e il nonavalente (Epicentro, 2015a; Agenzia Italiana del Farmaco – AIFA, 2017). Secondo gli ultimi dati clinici disponibili comunque due dosi di vaccino risulterebbero sufficienti per una copertura ottimale, la terza dose sembrerebbe non ridurre l’incidenza di lesioni precancerose o cancerose (lo studio clinico è stato condotto su una coorte di più di 11mila donne, di età compresa fra i 17 e i 24 anni a cui sono state somministrate una oppure due oppure tre dosi del vaccino anti-HPV tetravalente) (Zeybek et al., 2017).
Efficacia teraputica
La maggior parte dei dati di letteratura su efficacia e tollerabilità riguardano il vaccino bi- e tetravalente, per i quali la comunità scientifica dispone di più di dieci anni di osservazioni (per il vaccino nonavalente, immesso sul mercato nel 2015, i dati di “real life”, ovvero provenienti da pazienti non selezionati, sono ancora limitati).
Tutti i vaccini sono risultati immunogeni, inducendo la formazione di anticorpi in circa il 90% dei vaccinati (Schiller et al., 2012). Una metanalisi pubblicata nel 2015 riporta i dati di efficacia della vaccinazione anti-HPV in 9 stati (USA, Australia, Inghilterra, Scozia, Nuova Zelanda, Svezia, Danimarca, canada e Germania). Nel periodo di tempo a cui si riferiscono gli studi clinici oggetto della metanalisi i vaccini disponibili erano il bivalente e il tetravalente, con un maggior utilizzo di quest’ultimo nei paesi presi in considerazione. Nei paesi in cui la copertura vaccinale è arrivata almeno al 50%, le infezioni da HPV 16 e 18 sono risultate diminuire del 68% e i condilomi anogenitali del 61% nelle ragazze di età compresa fra 13 e 19 anni, con una riduzione anche per le infezioni sostenute dai genotipi 31, 33 e 45, probabilmente effetto di una protezione crociata indotta dal vaccino. I condilomi anogenitali sono risultati diminuire in modo significativo anche nei ragazzi con meno di 20 anni e nelle donne di età compresa fra i 20 e i 39 anni non vaccinate, suggerendo in effetto di immunità di gregge. Nei paesi in cui la copertura vaccinale è risultata inferiore al 50%, sono state osservate una riduzione significativa sia delle infezioni sostenute da HPV 16 e 18 (50%) che dei condilomi anogenitali (14%) nelle ragazze con meno di 20 anni, senza però effetti di protezione crociata verso altri genotipi virali o effetti di immunità di gregge (Drolet et al., 2015).
Utilizzando i dati raccolti in registri di screening e registri vaccinali relativi a Australia, Danimarca e Scozia, il vaccino anti-HPV bivalente è risultato ridurre del 29% le lesioni precancerose del collo dell’utero di grado 1 (CIN 1), del 50% quelle di grado 2 (CIN 2) e del 55% quelle di grado 3 (CIN 3) in donne di 20-21 anni vaccinate con tre dosi di vaccino (Pollock et al., 2014). In Australia, l’incidenza di lesioni precancerose di grado elevato (CIN 2-3) è risulta diminuire di circa il 50% nelle donne con meno di 20 anni che erano state sottoposte a vaccinazione in età adolescenziale (da 10,9 a 5,0 per 1000 donne) (Brotherton et al., 2015).
In una popolazione maschile ad elevato rischio di lesione precancerosa a carico dell’ano (maschi omosessuali), la somministrazione del vaccino anti-HPV tetravalente è stata associata ad una ridizione delle lesioni precancerose del 77,5% (Palefsky et al., 2011).
Sicurezza
L’analisi di sette studi clinici per un totale di 44124 donne ha messo in evidenza come l’effetto collaterale più frequentemente associato alla vaccinazione contro l’infezione da HPV sia risultato essere il dolore al sito d’iniezione, riscontrato nell’83-94,4% nel gruppo vaccinato e nel 75,4-87,2% nel gruppo controllo. Mal di testa e affaticamento sono stati i sintomi sistemici più comuni (50-60% delle partecipanti). Gli effetti collaterali gravi riportati come correlati alla vaccinazione hanno compreso broncospasmo, gastroenterite, cefalea, ipertensione, dolore al sito d’iniezione, riduzione del movimento dell’articolazione in prossimità del sito d’iniezione, ipersensibilità, brividi, mal di testa e febbre. In quattro dei sette studi clinici presi in considerazione non sono stati riportate reazioni avverse correlate al vaccino; negli altri tre, l’incidenza di tali reazioni avverse è risultata pari a 0-0,1%. Complessivamente, la differenza del rischio di reazioni avverse correlate al vaccino fra donne vaccinate e controlli non è risultata statisticamente significativa (Beibei et al., 2011).
Il rapporto dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) sulla sorveglianza postmarketing dei vaccini in Italia per il biennio 2014-2015, riporta le segnalazioni di reazioni avverse raccolte tramite i sistemi di farmacovigilanza. Tali segnalazioni, come riportato nella nota introduttiva dello stesso rapporto, “rappresentano sospetti e non la certezza di una relazione causale tra prodotto medicinale (vaccino) somministrato e evento avverso. Nel 2014 per il vaccino bivalente e tetravalente le segnalazioni sono state rispettivamente 65 e 131, di cui il 16,9% e il 9,2% gravi. Le segnalazioni riportate con più frequenza hanno compreso; (vaccino bivalente) cefalea (16 casi), pre-sincope (9 casi), febbre e mialgia (8 casi) e nausea, vomito (6 casi); (vaccino tetravalente) dolore al sito d’iniezione (21 casi), cefalea (19 casi), febbre (17 casi), orticaria (11 casi) e pre-sincope, eritema (10 casi). Nel 2015 le segnalazioni di reazioni avverse sono state 35 per il vaccino bivalente e 89 per il tetravalente, di cui gravi, rispettivamente il 22,9% e il 15,7%. Le segnalazioni più frequenti sono state (vaccino bivalente) cefalea e febbre (5 casi ciascuno); (vaccino tetravalente) cefalea (20 casi), astenia, febbre (11 casi) (Agenzia Italiana del Farmaco – AIFA, 2017a).
La vaccinazione anti-HPV non è risultata aumentare il rischio di malattie autoimmuni: questo l’esito dell’analisi effettuata nel 2013 dalla commissione di esperti dell’Organizzazione Mondiale della Salute preposta a fornire pareri sulla sicurezza dei vaccini. I dati presi in considerazione erano quelli relativi all’uso dei vaccini bivalente e tetravalente in Australia, USA e Giappone e quelli forniti dalle aziende produttrici per un totale di più di 175 milioni di dosi distribuite nel mondo. L’analisi ha preso in considerazione anche 15 casi di sclerosi multipla riportati in Francia, tutti classificati come di “dubbia” causalità con la vaccinazione (World Health Organization – WHO, 2014). Sempre in Francia in uno studio coorte che ha interessato 2 milioni di ragazze fra i 12 e i 16 , il tasso di ospedalizzazione per reazioni autoimmuni è risultato sovrapponibile fra il gruppo vaccinato per l’HPV (2,1/10000 pazienti/anno) e non vaccinato (2,09/10000 pazienti anno) ad eccezione della sindrome di Guillan Barrè per la quale è stato osservato un aumento del rischio, seppure molto piccolo (circa 1 caso su 100mila bambine vaccinate), soprattutto nei primi tre mesi successivi alla vaccinazione che non era stato osservato in studi di più piccole dimensioni (World Health Organization – WHO, 2016).
In alcuni paesi la vaccinazione anti-HPV è stata associata ad un aumento delle segnalazioni della sindrome da dolore regionale complesso (CRPS, complex regional pain syndrome) e sindrome da tachicardia posturale ortostatica (POTS, postural orthostatic tachycardia sundrome). Si tratta di disturbi non ben definiti con cause probabilmente dipendenti da più fattori e la cui epidemiologia non è ancora ben chiara. La CRPS è una condizione cronica dolorosa che interessa un solo arto e che in genere si manifesta dopo un trauma o dopo un periodo di immobilizzazione dell’arto stesso. La POTS è caratterizzata da un aumento eccessivo del battito cardiaco quando si passa dalla posizione sdraiata a quella in piedi che causa la comparsa di vertigini, svenimento, mal di testa, dolore al torace, debolezza. Il potenziale legame fra CRPS e POTS e vaccino HPV ha portato la Danimarca a richiedere all’Agenzia Europea dei Medicinali, l’EMA (European Medicines Agency), una revisione del profilo di sicurezza dei vaccini per il papilloma virus umano. Nonostante le difficoltà di diagnosi e di caratterizzazione di queste due sindromi, le evidenze scientifiche disponibili non supportano una relazione di causalità tra tali sindromi e la vaccinazione anti-HPV (World Health Organization – WHO, 2016; European Medicines Agency – EMA, 2015; Agenzia Italiana del Farmaco – AIFA, 2017a).
Piano vaccinale nazionale 2017-2019
Il nuovo piano nazionale di prevenzione vaccinale per il biennio 2017-2019 raccomanda la vaccinazione anti-HPV nelle femmine e nei maschi di 12 anni, con un richiamo fra i 13 e i 26 anni. La vaccinazione è proposta sia ai ragazzi che alle ragazze per il legame tra l’infezione virale e l’insorgenza di alcuni tumori del tratto anogenitale. L’infezione da HPV infatti oltre ad essere responsabile di quasi la totalità dei tumori del collo dell’utero, è causa anche di quasi tutti i carcinomi dell’ano, di circa la metà dei tumori del pene e di alcuni tumori di testa e collo. Ad eccezione del tumore del collo dell’utero, per il quale esiste un programma di screening (pap test), gli altri tumori, non disponendo di un test per la diagnosi precoce delle lesioni precancerose, presentano un tasso di mortalità elevato in entrambi i sessi. La raccomandazione della vaccinazione sia per i maschi che per le femmine ha come obiettivo la riduzione della trasmissibilità del virus e conseguentemente delle malattie HPV-correlate.