Come si diagnostica l'Infezione da HPV?
Gli esami disponibili per diagnosticare l’infezione da HPV dipendono dal tipo di papilloma virus e comprendono:
L’HPV o papilloma virus comprende più di 120 genotipi virali, ciascuno identificato tramite un numero e distinti in base alla capacità di indurre lesioni dei tessuti in grado di evolvere in senso tumorale (potenziale oncologico).
Visita medica
La visita medica è sufficiente a porre diagnosi di infezione da HPV per quei ceppi che infettano la cute e causano la formazione di verruche o condilomi.
Per i ceppi virali invece che infettano le mucose e che sono associati alla formazione di lesioni pretumorali o tumorali (ceppi ad elevato potenziale oncologico) la diagnosi di infezione richiede l’esecuzione di test molecolari per la ricerca del materiale genetico virale.
HPV-DNA test
L’HPV-DNA test rileva la presenza del papilloma virus tramite la ricerca del suo DNA. Con il metodo basato sulla reazione a catena della polimerasi (PCR, Polymerase chain reaction), che consente di amplificare il DNA virale eventualmente presente nelle cellule prelevate (campione biologico), si accerta la presenza e si determina il tipo di virus HPV coinvolto nell’infezione. In alternativa il test HPV può essere eseguito con un metodo di ibridazione DNA/RNA noto come HC2 (Hybrid Capture 2). Con questo metodo si verifica la presenza del virus e si può distinguere tra HPV a basso e ad alto rischio oncologico. La PCR è più sensibile di HC2, ma a differenza di quest’ultimo non è utilizzabile in programmi di screening.
Pap Test
Il pap test è un esame che rileva eventuali anomalie delle cellule del tessuto epiteliale del collo dell’utero che non sono visibili ad occhio nudo. Il pap test è pertanto utilizzato per lo screening di primo livello del tumore del collo dell’utero, anche noto come tumore o carcinoma della cervice uterina, primo tumore riconosciuto dall’Organizazione Mondiale della Sanità (OMS oppure secondo l’acronimo inglese WHO, World Health Organization) come totalmente riconducibile all’infezione da HPV.
Il pap test non rileva la presenza del DNA del virus HPV, ma eventuali lesioni indotte dal virus a carico delle cellule della superficie del collo dell’utero (cellule squamose). Le cellule squamose che presentano modificazioni strutturali causate dall’infezione da HPV si chimano coilociti. Nella maggior parte dei casi le lesioni precancerose dell’epitelio cervicale regrediscono o persistono senza ulteriori modificazioni, progrediscono a tumore vero e proprio solo in un numero limitato di casi. Comunque non essendo ancora in grado di identificare quali lesioni evolveranno e quali no, le linee guida raccomandano di trattare tutte le lesioni di grado uguale o superiore al 2.
In caso di pap test positivo, viene effettuata la colposcopia, esame diagnostico di secondo livello che utilizzando uno strumento ottico (colposcopio) permette di guardare il tessuto del collo dell’utero con ingrandimenti da 6 a 40 volte e se necessario di effettuare la biopsia, ovvero il prelevamento di campioni di tessuto su cui effettuare poi l’esame istologico.
Il pap tast viene eseguito durante la visita ginecologica e consiste nello sfregare una speciale spatolina sulla superficie del collo dell’utero per prelevare cellule e muco. Il test è indolore. Il campione prelevato è analizzato al microscopio. Se il campione biologico, dopo la raccolta, è inserito in un apposito contenitore con del liquido si parla di pap test in fase liquida. In questo caso la soluzione viene centrifugata e le cellule raccolte ossevate tramite microscopio.
Le linee guida più recenti della Società Italiana di Virologia e dell’Italian HPV Study group propongono l’uso dell’HPV-DNA test come test diagnostico di primo livello e il pap test come esame di secondo livello poiché il primo è risultato più efficace nel selezionare le donne a rischio (maggiore sensibilità del test), il secondo nell’individuare nelle donne HPV-positive quelle con lesioni pre-tumorali (maggiore specificità del test). L’analisi dei dati di quattro studi clinici condotti in Europa su un totale di 170mila donne (20-64 anni), seguite per 8 anni, ha evidenziato come l’HPV-DNA test sia risultato più efficace (del 60-70%) nel proteggere dal tumore del collo dell’utero invasivo rispetto al pap tast (Ronco et al., 2014). In Italia l’HPV-DNA test dovrebbe essere introdotto definitivamente nello screening primario per il tumore del collo dell’utero entro il 2018 (Piano nazionale della Prevenzione 2014-2018). Attualmente le raccomandazioni per lo screening per il tumore del collo dell’utero prevedono l’esecuzione del pap test ogni tre anni nelle donne di età compresa fra 25 e 64 anni; lo screening non è raccomandato per le donne con meno di 25 anni e per quelle con più di 65 anni (La Colposcopia in Italia, 2014). Secondo il protocollo proposto, che prevede l’uso dell’HPV-DNA test per lo screening di primo livello al posto del pap test, lo screening dovrebbe essere iniziato nelle donne con 30-35 anni di età per la maggiore prevalenza di infezioni da HPV rispetto alle donne più giovani. Il test dovrebbe essere ripetuto ogni 5 anni in caso di test negativo perché è stato visto che il rischio di lesioni CIN (neoplasia intraepiteliale cervicale) di alto grado fino a 5 anni dopo HVP-DNA test negativo è inferiore a quello osservato dopo pap test con esito normale (L’implementazione del DNA-HPV come test primario nei programmi italiani di screening del cervicocarcinoma, 2016).