L’Ebola è un’infezione virale rara e con elevata mortalità che colpisce l’uomo e i primati (scimmie, gorilla, scimpanzè). (leggi)
L’Ebola è un’infezione virale causata da un virus che appartiene alla famiglia delle Filoviridae, genere Ebolavirus. (leggi)
L’Ebola è una febbre emorragica caratterizzata da febbre febbre, forte mal di testa, dolore muscolare, diarrea, vomito, debolezza, dolore addominale e emorragie diffuse. (leggi)
La diagnosi di Ebola avviene per conferma della presenza del virus Ebola nell’organismo tramite test di laboratorio. (leggi)
Al momento non ci sono farmaci o vaccini contro il virus dell’Ebola. (leggi)
La prevenzione dell’infezione da virus Ebola si focalizza sull’isolamento del malato e sull’adozione di misure di sicurezza che impediscano la diffusione della malattia. (leggi)
Se ritieni di avere i sintomi dell’infezione da virus Ebola rivolgiti al tuo medico. (leggi)
Le medicine non convenzionali tendono ad avere un approccio olistico nei confronti della malattia, tendono cioè a considerare “il malato“ nella sua complessità di individuo, al di là del singolo organo malato. (leggi)
Le informazioni contenute nella ricerca Pharmamedix dedicata a ebola sono state analizzate dalla redazione scientifica con riferimento alle fonti seguenti.
(leggi)
Che cos'è la Ebola?
L’Ebola è un’infezione virale, rara, con elevata mortalità che colpisce l’uomo e i primati (scimmie, gorilla, scimpanzè).
Il virus che provoca l’Ebola appartiene alla famiglia delle Filoviridae, genere Ebolavirus. E’ uno dei 30 virus che provocano la sindrome da febbre emorragica. Questi virus possiedono caratteristiche comuni: sono tutti virus a RNA con un rivestimento lipidico, sono tutti trasmissibili all’uomo da animali infetti (zoonosi) e provocano tutti danno al microcircolo con aumento della permeabilità vascolare e appartengono alle seguenti 4 famiglie: Arenaviridae, Bunyaviridae, Flaviviridae e Filoviridae.
La famiglia Filoviridae appartenente all’ordine Monohenavirales comprende solo 2 generi: l’Ebolavirus e il Marburgivirus.
Mentre il Marburgivirus conta una sola specie virale per l’Ebolavirus sono state finora identificati sei specie di virus, di cui quattro infettano l’uomo, una (Reston ebolavirus) infetta i primati ma non l’uomo e l’ultima in ordine di scoperta (27 luglio 2018), la specie Bombali ebolavirus (BOMV), ha evidenziato la capacità di infettare le cellule umane, ma non ancora di provocare la malattia nell’uomo (la specie è stata individuata nei pipistrelli). Le quattro specie in grado di provocare la malattia nell’uomo sono: Ebola virus (Zaire ebolavirus, EBOV), Sudan virus (Sudan ebolavirus, SUDY), Tai Forest virus (Tai Forest ebolavirus, TAFV, precedentemente identificato come Costa d’Avorio ebolavirus) e Bundibugyo virus (Bundibugyo ebolavirus, BDBV) (Epicentro, 2019; Center for Disease Control and Prevention - CDC, 2014).
Il virus dell’Ebola è stato scoperto per la prima volta nel 1976 nei pressi del fiume Ebola, da cui il nome. Il fiume Ebola si trova nella Repubblica democratica del Congo. Sporadicamente focolai di Ebola sono stati poi localizzati in diverse regioni africane. Negli anni passati, sono stati alternativamente colpiti dalla malattia oltre alla Repubblica Democratica del Congo, il Gabon, il Sud Sudan, la Costa D’Avorio, l’Uganda, la repubblica del Congo e il Sud Africa. L’epidemia di Ebola che si è sviluppata nel 2013-2016 nella parte occidentale dell’Africa ha coinvolto principalmente la Liberia e la Sierra Leone e si sta diffondendo in Guinea e Nigeria.
In Nigeria i casi di Ebola sono stati limitati e le Autorità sanitarie sono riuscite ad arginare la diffusione della malattia tanto che a ottobre 2014, la Nigeria è stata considerata “Ebola-free”. Le ultime notizie di cronica (novembre 2014) riportano segni di rallentamento dell’epidemia in Liberia, ma un incremento di nove volta nella diffusione dell’infezione in Sierra Leone. Nelle aree rurali del paese, infatti, mentre all’inizio del mese di settembre si segnalavano 1,3 nuovi casi di Ebola al giorno, a fine ottobre tale valore è arrivato a 12 nuovi casi al giorno. Un aumento significativo è stato registrato anche nella capitale, Freetown, dove il numero medio di nuovi casi al giorno è aumentato di circa 6 volte (dati riportati dall’Ong Africa Governance Initiative).
I ricercatori ritengono che il virus sopravviva in specie animali che svolgono la funzione di “serbatoio” naturale e, secondo le indicazioni disponibili, si ritiene che l’animale più probabile sia il pipistrello. Cinque delle sei specie di virus Ebola infatti sono state trovate in animali ospiti nativi dell’Africa.
Il virus Ebola provoca nell’uomo una febbre emorragica, caratterizzata da febbre, forte mal di testa, dolore muscolare, diarrea, vomito, debolezza, dolore addominale e emorragie diffuse. I sintomi compaiono in un lasso di tempo di 3-21 giorni dall’esposizione al virus. Il tempo di incubazione media nei focolai epidemici verificatesi nel 2013-2016 in Africa è stato di 9-11 giorni (Center for Disease Control and Prevention - CDC, 2014a). I primi sintomi a manifestarsi sono febbre, brividi, dolore muscolare e malessere diffuso. Dopo circa 5 giorni iniziano a comparire problemi di tipo gastrointestinale, diarrea, nausea, dolore addominale, che possono essere associati a dolore al petto, respiro corto, mal di testa, confusione. Sono stati inoltre riportati singhiozzo, convulsioni ed edema cerebrale. Possono poi comparire sintomi emorragici, non sempre presenti in tutti i pazienti, come petecchie, ecchimosi/ematomi, formazione di liquido da lacerazioni puntiformi venose, emorragie da mucose. Le manifestazione di emorragie franche sono meno frequenti. Nell’epidemia di Ebola 2004-2016 in Africa, i pazienti con sintomi emorragici sono stati il 18%, soprattutto per la presenza di sangue nelle feci (6%). Può svilupparsi anche eritema diffuso maculopapulare che può desquamare. Nei casi che hanno avuto esito fatale, i pazienti hanno evidenziato un quadro sintomatologico grave già nella fase precoce dell’infezione e la morte si è verificata in genere dopo 6-16 giorni dallo sviluppo di complicazioni quali insufficienza multi-organo e shock settico (nell’epidemia 2013-2016 in Africa, la morte si è verificata dopo una media di 7,5 giorni dall’esordio dei sintomi). Nei casi non fatali, i pazienti presentano febbre per diversi giorni con miglioramento a partire in genere dal sesto giorno, a cui segue poi una lunga convalescenza (Center for Disease Control and Prevention - CDC, 2014a).
Nei pazienti con Ebola la mortalità arriva all’80%. Nell’epidemia 2013-2016 in Africa occidentale la mortalità è risultata pari al 71% (sulla base dei dati noti disponibili) con un range da 46% in Nigeria al 69-72% in Guinea, Sierra Leone e Liberia (Center for Disease Control and Prevention - CDC, 2014a). I pazienti che sopravvivono sviluppano anticorpi che permangono per almeno 10 anni. Una volta sconfitta la malattia, il paziente non può più diffondere il virus che permane però fino a 3 mesi nel liquido seminale.
Data la bassa specificità dei sintomi, comuni ad altre malattie come ad esempio la malaria e la febbre tifoidea, la diagnosi di Ebola avviene per conferma della presenza del virus Ebola tramite test di laboratorio.
L’introduzione del virus Ebola nelle comunità umane avviene per contatto con fluidi corporei di animali infetti (scimpazè, gorilla, pipistrelli della frutta, scimmie, antilopi, porcospini) (Epicentro, 2019). In Africa uno dei rischi di esposizione al virus Ebola è rappresentato dalla caccia di animali selvatici la cui carne viene poi manipolata per la preparazione di alimenti.
Il virus Ebola si trasmette per contatto diretto con sangue, liquidi corporei (es. saliva, urina, sudore, feci, vomito, latte materno, liquido seminale), mucose (occhi, naso, bocca) di persone infettate che presentano già i sintomi della malattia; per contatto con oggetti infettati (ad esempio aghi e siringhe, vestiti, biancherie da letto); per contatto con animali infetti (scimmie, pipistrelli).
Il virus Ebola infetta diversi tipi di cellule: monociti, macrofagi, cellule dendritiche, cellule endoteliali, fibroblasti, epatociti, cellule adrenaliche corticali e cellule epiteliali. Dal sito iniziale di infezione, il virus migra e va ad infettare i linfonodi regionali, il fegato, la milza e la ghiandole adrenaliche (Ansari, 2014). Sebbene il virus dell’Ebola non sia in grado di infettare i linfociti, questi ultimi vanno incontro a morte programmata (apoptosi) determinando una riduzione del numero di linfociti circolanti. A livello epatico, la diffusione del virus provoca necrosi epatocellulare con ripercussioni sui fattori della coagulazione e conseguente coagulopatia. A livello delle ghiandole adrenaliche, la presenza del virus comporta ipotensione e ridotta sintesi steroidea. I test di laboratorio indicano spesso uno stato di leucopenia e linfopenia associata, in un secondo momento, ad aumento della conta dei neutrofili; piastrinopenia; aumento della concentrazione dell’enzima amilasi (marker di infiammazione/infezione pancreatica); aumento degli enzimi epatici (< 1000 UI/L) con un rialzamento dell’aspartato aminotransferasi (AST) rispetto all’alanino aminotransferasi (ALT); proteinuria; prolungamento dei tempi di coagulazione (tempo di protrombina e tempo di tromboplastina parziale) associati ad un aumento dei prodotti di degradazione della fibrina coerenti con una condizione di coagulazione intravascolare disseminata (Center for Disease Control and Prevention - CDC, 2014a).
Per limitare il contagio e la diffusione del virus è importante isolare i pazienti malati, utilizzare materiale sanitario usa e getta o sterilizzato, indossare un equipaggiamento completo (tuta, guanti, maschera, occhiali protettivi) usa e getta.
La terapia del paziente con Ebola è sostanzialmente sintomatica, volta cioè ha controllare la sintomatologia che caratterizza l’infezione: contrastare la diarrea e il vomito somministrando liquidi e sali per endovena per mantenere l’idratazione e l’equilibrio elettrolitico; mantenere la funzionalità respiratoria (stato di ossigenazione) e la pressione arteriosa, trattare eventuali altre infezioni che possono svilupparsi come conseguenza della profonda debilitazione del paziente. Non si sa al momento se gli anticorpi che si sviluppano contro il virus nei soggetti che guariscono diano luogo ad una immunizzazione permanente e/o proteggano anche verso le altre specie di ebolavirus. Alcuni dei pazienti guariti hanno sviluppato nel lungo periodo complicanze di natura articolare e oftalmica (Center for Disease Control and Prevention - CDC, 2014).
La ricerca si sta focalizzando sulla realizzazione di farmaci e vaccini. Per quanto riguarda i farmaci, il più famoso è il siero ZMapp sperimentato su tre persone, due sopravvissute e una morta. Questo siero è stato realizzato utilizzando tre anticorpi monoclonali in grado di stimolare la reazione immunitaria dell’organismo. Negli studi sugli animali il siero ZMapp è risultato efficace nel 100% dei casi (gli animali utilizzati erano macachi) fino a 5 giorni dopo il contagio. Il siero era risultato efficace anche negli animali che evidenziavano uno stadio avanzato dell’infezione, caratterizzata da aumento delle transaminasi epatiche, emorragia alle mucose e petecchia generalizzata (Qiu et al., 2014). Il secondo farmaco in sperimentazione è costituito da frammenti di RNA che legandosi al virus ne impediscono la replicazione (Med. Monatsschr. Pharm., 2014). In studi su animali, il farmaco è stato associato ad un tasso di guarigione dell’82% se somministrato entro 48 ore dall’infezione. Il terzo farmaco è similare al secondo ed è in sperimentazione sull’uomo.
Per quanto riguarda invece i vaccini, a novembre 2019, L’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) ha rilasciato un’autorizzazione condizionata per il vaccino rVSV-ZEBOV-GP (nome commerciale Erbevo), frutto della ricerca Merck e brevettato per la prima volta nel 2003. Lo stesso vaccino ha ricevuto il via libera anche dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Il vaccino Erbevo è efficace contro la specie Zaire del virus Ebola: rimangono scoperte le altre specie di virus. Attualmente (novembre 2019) sono in sperimentazione altre sette vaccini (Callaway, 2019).