Quali farmaci per la Chikungunya?
Il trattamento della chikungunya è sintomatico, volto cioè al trattamento dei sintomi dell’infezione virale.
La scelta dei farmaci dipende dal quadro clinico del paziente e dal suo stato fisico.
I farmaci che possono essere utilizzati sono antipiretici, per ridurre la febbre, come ad esempio il paracetamolo, antinfiammatori e analgesici per ridurre il mal di testa e il dolore articolare e muscolare.
Come primo analgesico viene in genere prescritto il paracetamolo. Nella fase acuta della chikungunya, il rischio di epatite da paracetamolo può aumentare come conseguenza della combinazione fra viremia, dosi elevate di paracetamolo (dose massima in un adulto sano: 60 mg/kg/die), interazioni farmacologiche e presenza di altre malattie. Nelle donne in gravidanza con infezione acuta da chikungunya, la dose massima di paracetamolo è di 1 g per 4 giorni. Nelle donne che contraggono l’infezione della chikungunya al temine della gravidanza, il parto cesareo non protegge dal rischio di trasmissione madre-figlio (Okeoma, 2016).
Nel caso il paracetamolo non sia sufficientemente efficace, possono essere somministrati oppioidi deboli (ad esempio tramadolo oppure tramadolo più paracetamolo). Il ricorso ad oppioidi più forti è limitato ai casi ospedalieri, dopo un’attenta valutazione del rapporto fra benefici (analgesia) e rischi (complicanze gastrointestinali, respiratorie neurologiche della terapia oppiacea) (Okeoma, 2016).
Nei pazienti con dolore neuropatico (fase post acuta dell’infezione) i farmaci analgesici (paracetamolo con o senza oppioidi) possono essere associati a farmaci quali gabapentin, pregabalin, nefopam.
Gli antinfiammatori non steroidei (FANS) e l’acido acetilsalicilico dovrebbero essere somministrati dopo le prime due settimane di malattia se non è stato possibile escludere una eventuale co-infezione con la dengue (rischio di emorragia) e per il rischio di sindrome di Reye associato all’acido acetilsalicilico. Nessuna delle classi di FANS ha evidenziato una superiorità nel trattamento dei sintomi nella fase post acuta della chikungunya. Questi farmaci dovrebbero essere somministrati a dose piena, a meno di controindicazioni, secondo uno schema posologico che permetta di coprire l’intera notte, eventualmente ricorrendo a formulazioni a lento rilascio. Se la risposta terapeutica dopo 10 giorni di trattamento non dovesse essere soddisfacente, le indicazioni prevedono di passare ad un’altra classe di FANS: la raccomandazione è quella di continuare la terapia con i FANS per diverse settimane (Okeoma, 2016).
I corticosteroidi (indipendentemente dalla via di somministrazione) non sono raccomandati perché non sono risultati indurre benefici clinici nel medio-lungo periodo e perché potrebbero causare artrite e tenosinovite gravi come effetto rebound (una volta cessata la loro somministrazione). Questi farmaci dovrebbero essere usati (somministrazione per via sistemica) solo in presenza di un grave quadro di infiammazione coinvolgente più articolazioni (artrite poliarticolare), soprattutto se associata a tenosinovite, o in caso resistenza o controindicazione all’impiego dei FANS (fase post acuta della chikungunya). La dose indicata di corticosteroide in caso di grave presentazione poliarticolare è di 0,5 mg/kg/die di prednisone per 5 giorni, da ridurre gradualmente in 10 giorni; in caso di controindicazione ai FANS, la dose indicata è di 10 mg/die di prednisone per 5 giorni, da ridurre gradualmente in 10 giorni (Okeoma, 2016).
Una terapia antinfiammatoria locale (topica o per infiltrazioni) dovrebbe essere prescritta in caso di tenosinovite, borsite, sindrome del tunnel carpale, capsulite o sinovite.
Nei pazienti in fase post acuta da almeno 8 settimane (circa 2 mesi) che manifestano artrite persistente possono essere prescritti farmaci antireumatici modificanti la malattia (DMARD, disease-modifying antirheumatic drug) come il metotrexato (in questa classe di pazienti non è stata verificata l’efficacia dell’idrossiclorochina).