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BPCO

Diagnosi

Come si diagnostica la BPCO?

Gli esami disponibili per diagnosticare la BPCO o broncopneumopatia cronica ostruttiva comprendono:

La visita medica consente attraverso l’anamnesi individuale e familiare e l’esame obiettivo del paziente di accertare la presenza di sintomi e/o fattori di rischio compatibili con la diagnosi di broncopneumopatia cronica ostruttiva. Tale diagnosi infatti andrebbe presa in considerazione in presenza di difficoltà respiratoria (dispnea), tosse cronica ed espettorato in pazienti con età superiore ai 40 anni, soprattutto se fumatori. L'ipotesi di BPCO andrebbe comunque sempre posta in presenza di ostruzione bronchiale, parzialmente irreversibile anche dopo inalazione di un broncodilatatore, anche in assenza di sintomi respiratori (Rugarli, 2015).

Altri indicatori, rilevabili con un’accurata anamnesi, che possono indirizzare la diagnosi verso la BPCO comprendono oltre al fumo di sigaretta: a) infezioni ricorrenti delle basse vie respiratorie, b) esposizione professionale a fumi, particelle, gas e altri agenti chimici, c) familiarità per BPCO, d) fattori legati all’infanzia (basso peso alla nascita e infezioni respiratorie gravi sono state correlati ad un aumento di rischio di BPCO in età adulta) (Global Iniziative for Chronic Obstructive Lung Disease – GOLD, 2018).

Durante l’anamnesi è importante accertare l’eventuale presenza di altre malattie che possono influenzare negativamente il decorso (prognosi) della BPCO, come le malattie cardiovascolari, le malattie muscoloscheletriche inclusa l’osteoporosi, tumori, ansia e depressione.

La spirometria è un esame che valuta i volumi polmonari e il flusso d’aria durante l’atto respiratorio e consente la diagnosi clinica di BPCO. I parametri considerati sono il volume espiratorio forzato in 1 secondo (FEV1 o VEMS), la capacità vitale forzata (FVC o CVF) ovvero la quantità d’aria che può essere espulsa con un atto forzato dopo aver inspirato quanta più aria possibile con un’inspirazione forzata (inspirazione massimale) e il loro rapporto (FEV1/FVC). I dati ottenuti sono quindi confrontati con dati di riferimento standard in rapporto all’età all’altezza, al sesso, e all’etnia. I pazienti con BPCO mostrano valori di FEV1 e FVC più bassi. Un rapporto FEV1/FVC < 0,70 dopo somministrazione di un broncodilatatore indica una riduzione significativa del flusso d’aria a livello polmonare (il broncodilatatore a breve durata d’azione, somministrato per inalazione, serve per ridurre il tasso di variabilità).

Nei pazienti con limitazione significativa al flusso d’aria (FEV1/FVC < 0,70), la gravità di tale limitazione viene definita in base al valore di FEV1 (Global Iniziative for Chronic Obstructive Lung Disease – GOLD, 2018):

Poiché la correlazione tra il valore di FEV1 e la sintomatologia osservata nel paziente è debole, per definire la gravità della BPCO è importante valutare anche i sintomi, le riacutizzazioni e la presenza di altre malattie. Dipendentemente dalla gravità della BPCO viene poi individuato il trattamento terapeutico più opportuno.

Per la valutazione dei sintomi, molto diffuso è l’uso del COPD Assessment Test (CAT), test diviso in 8 punti, con una scala di punteggio che va da 0 a 40. Altro test utilizzato è il COPD Control Questionnaire (CCQ). Questi test misurano l’impatto dei sintomi sulla qualità di vita del paziente ma non suddividono i pazienti in base alla gravità di malattia e quindi da soli non sono sufficienti per orientare la terapia medica.

Rientra nella valutazione della gravità della BPCO anche il test che definisce la severità della dispnea. Questo test, indicato con l’acronimo mMRC, è il questionario modificato del British Medical Research Council e consente di attribuire un valore di gravità crescente alla difficoltà respiratoria percepita dal paziente (gradi 0-4).

Altro aspetto da considerare è il rischio di riacutizzazione della malattia. La riacutizzazione della BPCO è un peggioramento acuto dei sintomi che richiede una terapia aggiuntiva. A seconda della gravità della riacutizzazione, i farmaci da utilizzare sono diversi: broncodilatatore a breve durata d’azione in caso di riacutizzazione lieve; broncodilatatore a breve durata d’azione più antibiotici e/o corticosteroidi orali in caso di riacutizzazione moderata; ricovero o visita medica urgente in caso di riacutizzazione grave. La riacutizzazione grave di BPCO può associarsi a insufficienza respiratoria acuta. La frequenza delle riacutizzazioni varia da un paziente all’altro. Comunque, tanto più la gravità della limitazione al flusso d’aria aumenta, tanto più aumenta il rischio di riacutizzazione e il ricovero per riacutizzazione si associa ad una prognosi peggiore della malattia e ad un amento della mortalità (Global Iniziative for Chronic Obstructive Lung Disease – GOLD, 2018).

La broncopneumopatia cronica ostruttiva può favorire lo sviluppo di altre malattie (comorbidità) soprattutto nella popolazione anziana perché possiede degli effetti extrapolmonari tra cui perdita di peso, alterazioni nutrizionali e disfunzione muscolare a carico dei muscoli scheletrici (si osserva sia perdita di fibre muscolari che malfunzionamento delle fibre muscolari che rimangono) con conseguente ridotta tolleranza all’esercizio fisico. Nei pazienti con BPCO, le malattie che si osservano con maggior frequenza sono quelle cardiovascolari, disfunzione dei muscoli scheletrici, sindrome metabolica, osteoporosi, depressione, ansia e tumore polmonare (Mannino et al., 2008). In quest’ultimo caso non è chiaro se l’associazione sia dovuta a fattori di rischio comune (fumo), a ridotta capacità di eliminare sostanze cancerogene o a suscettibilità genetica (Brenner et al., 2012; Fry et al., 2012). Comunque sia, la presenza di comorbidità influenza il decorso della BPCO, il rischio di ricovero ospedaliero e la mortalità.

Altri test aggiuntivi che possono essere indicati per la valutazione della gravitò di BPCO comprendono (Global Iniziative for Chronic Obstructive Lung Disease – GOLD, 2018):
a) test per il deficit di alfa-1 antritripsina (raccomandato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità per tutti i pazienti con BPCO almeno una volta; il deficit di alfa-1 antitripsina è un fattore di rischio per BPCO)
b) radiografia del torace (per valutare comorbidità; la radiografia viene eseguita in due posizioni, postero-anteriore e laterale e permette di accertare la presenza di enfisema e di bronchite cronica e di eventuali segni di ipertensione polmonare)
c) tomografia computerizzata (TC) (indicata in caso di sospetto di tumore polmonare, di diagnosi differenziale e di procedura chirurgica per BPCO)
d) misurazione della capacità di diffusione e dei volumi polmonari (per caratterizzare la gravità della BPCO e l’impatto funzionale dell’enfisema sulla malattia)
e) misurazione della saturazione di ossigeno del sangue (per valutare un’eventuale ossigenoterapia)
f) test da sforzo (per misurare la tolleranza all’esercizio fisico; la tolleranza all’esercizio fisico è indicatore dello stato di salute e di come evolverà la malattia)

Il processo diagnostico individua la malattia secondo un procedimento che esclude via via altre patologie inizialmente possibili (diagnosi differenziale). La diagnosi differenziale della BPCO avviene rispetto a:

Alcuni pazienti (fino al 30%) possono presentare coesistenza di asma e BPCO. Questa condizione è indicata come sindrome da sovrapposizione Asma-BPCO (Asthma-COPD Overlap Syndrome o ACOS). I pazienti con sintomi respiratori sia di asma sia di BPCO presentano un declino della funzionalità respiratoria maggiore, una qualità di vita inferiore, un tasso di riacutizzazioni più alto, un aumento di mortalità rispetto ai pazienti con sola BPCO (Rugarli, 2015).