L’asma bronchiale è una malattia cronica infiammatoria delle vie aeree (bronchi) caratterizzata da difficoltà respiratoria (dispnea), da non confondere con l’asma cardiaco (o asma cardiaca) causata da scompenso cardiaco ventricolare sinistro. (leggi)
L’asma bronchiale è causata dal contatto ripetuto con particolari sostanze (pollini, acari, animali) o dall’esposizione a condizioni ambientali (fumo, inquinamento, stress, aria fredda, infezioni, sforzo fisico) in grado di indurre uno stato di infiammazione delle vie aeree (bronchi). (leggi)
I sintomi dell’asma bronchiale comprendono dispnea, respiro sibilante, costrizione toracica e tosse. Il respiro sibilante è il sintomo più frequente nei bambini con asma. (leggi)
Il primo passo per la diagnosi di asma bronchiale è rappresentato dalla visita medica (esame obiettivo) a cui seguono dei test per valutare la funzionalità respiratoria. (leggi)
La cura dell’asma bronchiale si avvale di diverse classi di farmaci utili per controllare i sintomi della malattia e impedirne la riacutizzazione. La terapia di prima linea dell’asma prevede l’impiego di corticosteroidi per inalazione (es. beclometasone e budesonide). (leggi)
La prevenzione dell'asma bronchiale nel soggetto non asmatico (prevenzione primaria) e nel soggetto asmatico controllato (prevenzione secondaria) è argomento ampiamente dibattutto con esiti contrastanti. (leggi)
Se ritieni di avere i sintomi dell’asma bronchiale, o se a qualcuno dei tuoi familiari è stata diagnosticata l’asma, parlane con il tuo medico di fiducia. (leggi)
Le medicine non convenzionali tendono ad avere un approccio olistico nei confronti della malattia, tendono cioè a considerare “il malato“ nella sua complessità di individuo, al di là del singolo organo malato. (leggi)
Le informazioni contenute nella ricerca Pharmamedix dedicata all’asma bronchiale sono state analizzate dalla redazione scientifica con riferimento alle fonti seguenti. (leggi)
Che cos'è l'Asma?
L’asma bronchiale è una malattia cronica infiammatoria delle vie aeree (bronchi) caratterizzata da difficoltà respiratoria (dispnea), da non confondere con l’asma cardiaco (o asma cardiaca) causata da scompenso cardiaco ventricolare sinistro.
Si riconoscono diverse tipologie di asma a seconda del o dei fattori che scatenano i sintomi della malattia: asma allergica, asma da sforzo, asma da farmaci (es. acido acetilsalicilico e antinfiammatori non steroidei FANS).
Nel paziente con asma, le vie aeree (bronchi) sono caratterizzate da uno stato di reattività accentuato e cronico (iperreattività bronchiale) che porta, per azione di fattori scatenanti di vario tipo (allergeni, sforzo fisico, variazioni repentine della temperatura dell’aria inalata), ad un peggioramento rapido e improvviso della capacità respiratoria (attacco d’asma). Durante l’attacco d’asma si verifica ingrossamento della mucosa (edema) e contrazione della muscolatura liscia delle vie aeree (broncocostrizione) con conseguente diminuzione del flusso di aria nei polmoni, che si traduce per il paziente asmatico nella familiare sensazione di “fame d’aria“. L’episodio acuto ha una durata ed una intensità che varia da individuo a individuo ed è influenzato dalla gravità della malattia. Lo stato di infiammazione delle vie aeree che caratterizza l’asma porta ad un rimodellamento tissutale che si instaura lentamente ma in maniera irreversibile e che comporta ispessimento dello strato di muscolatura liscia (iperplasia muscolare), un ingrossamento delle ghiandole che producono muco (iperplasia ghiandolare) e formazione di nuovi vasi sanguigni (neoangiogenesi). Se non trattata l’asma bronchiale può portare a ostruzione irreversibile delle vie aeree (Linee Guida GINA, 2010).
Dal punto di vista propriamente infiammatorio, i linfociti Thelper2 (Th2) giocano un ruolo fondamentale nello sviluppo dell’asma perchè stimolano la presenza di eosinofili e la produzione delle immunoglobuline E (IgE) da parte dei linfociti B. I linfociti sono dei leucociti (globuli bianchi del sangue) che intervengono nelle reazioni immunitarie dell’organismo; i linfociti T sono responsabili delle reazioni di immunità cellulo-mediata (attivazione di macrofagi, cellule natural-killer, citochine) mentre i linfociti B sono responsabili delle reazioni di immunità umorale tramite la produzione di anticorpi (immunoglobuline). Sia gli eosinofili (varietà di leucocita) sia le IgE sono elementi fondamentali nel processo di infiammazione su base allergica; le IgE sono gli anticorpi coinvolti nelle reazioni allergiche immediate come l’allergia alimentare e l’anafilassi. Secondo alcuni autori un contatto insufficiente con virus e batteri nella prima infanzia, condizione che potrebbe verificarsi quando bambini molto piccoli vivono in ambienti eccessivamente protetti da un punto di vista igienico, impedirebbe l’instaurarsi di un corretto equilibrio fra linfociti Th1 e Th2 (ipotesi igienista). Nel feto e nel neonato il sistema immunitario privilegia una risposta di tipo Th2 (aumento delle IgE e attivazione eosinofila). Il contatto nei primi anni di vita con virus e batteri stimola la risposta di tipo Th1 (reazioni ritardate di ipersensibilità) a scapito della risposta Th2 spostando l’equilibrio Th1/Th2 verso un profilo maggiormente Th1 (inibizione delle reazioni atopiche) (Del Prete, 1992).
Un altro aspetto importante nello sviluppo dell’asma è rappresentato dalla reattività bronchiale, che si ipotizza abbia una base genetica. Inizialmente transitoria, l’iperreattività bronchiale sostenuta da una continua stimolazione (presenza costante dei fattori scatenanti quali allergeni, inquinanti, infezioni) evolve in uno stato permanente di iperreattività.
L’asma bronchiale si sviluppa frequentemente durante l’infanzia in bambini atopici (bambini con predisposizione genetica a manifestare allergie quali dermatiti, orticaria, riniti), ma può manifestarsi anche nell’età adulta (il 50% dei casi si manifesta entro i primi dieci anni di vita e un altro 30% entro i 40 anni). Nell’infanzia e nella preadolescenza l’asma colpisce in percentuale maggiore la popolazione maschile; la differenza tra i due sessi tende ad annullarsi durante l’adolescenza. Insieme all’obesità, l’asma costituisce la malattia cronica più frequente dell’infanzia.
L’asma è una malattia diffusa a livello mondiale, con una distribuzione geografica non omogenea fra paese e paese e nel singolo paese (in Europa presenta una maggior prevalenza nei paesi anglosassoni). E’ stata riconosciuta come malattia sociale nel 1999.
In Italia la prevalenza dell’asma bronchiale si attesta su circa il 3,6% nei giovani adulti, con una maggiore diffusione nelle zone a clima mediterraneo rispetto a quelle con clima continentale (prevalenza: 4,2% vs 3,3%). Il clima mediterraneo, caratterizzato da temperature annuali più alte, da minor escursione fra temperatura massima e minima e minor concentrazione di NO2 rispetto al clima continentale è stato associato ad un aumento del rischio di respiro sibilante (odds ratio, OR, 1,23), costrizione toracica (OR 1,21), respiro corto (OR 1,21) e attacco d’asma (OR 1,19) (de Marco et al., 2002).
In alcuni paesi, fra cui l’Italia, il numero di nuovi ammalati per anno sembra aver raggiunto un valore stabile (assenza di trend in aumento). E’ stato ipotizzato un effetto di “saturazione“, cioè di sviluppo della malattia in tutti gli individui predisposti. Confrontando i dati epidemiologici dell’asma fra popolazione pediatrica italiana e immigrata è stata osservata una maggiore prevalenza nei bambini immigrati, che tendono a sviluppare la malattia in seguito a sensibilizzazione ad allergeni locali dopo pochi anni di soggiorno in Italia.
La mortalità dell’asma nella popolazione di età compresa fra 5 e 34 anni, è stata stimata inferiore a 2 casi ogni 100.000 abitanti negli Stati Uniti e a più di 4 casi ogni 100.000 abitanti in Nuova Zelanda (Giustini et al., 1993).
L’asma bronchiale è una malattia cronica che può essere mantenuta sotto controllo con il ricorso a diversi trattamenti farmacologici, per via sistemica o inalatoria, i quali consentono di ridurre l’iperreattività bronchiale (trattamento di base) e le manifestazioni acute della malattia (trattamento dell’attacco asmatico). La sporadicità dell’attacco acuto di asma è segno di un controllo adeguata della malattia. Il mancato controllo dell’asma comporta un peggioramento progressivo della qualità di vita per il paziente e aumento dei costi di gestione del paziente stesso. Tali costi, che si possono distinguere in costi diretti (farmaci, visite mediche, esami, ricovero ospedaliero) e costi indiretti (giornate lavorative perse), aumentano con la gravità della malattia: il 50% delle risorse è appannaggio del 15% dei pazienti con asma grave (Antonicelli et al., 2004). In Europa nonostante la messa a punto di linee guida definite per ottimizzare la gestione del paziente asmatico e l’ampia gamma di opzioni terapeutiche disponibili, 6 pazienti su 7 in terapia corticosteroidea per inalazione (terapia di prima linea per il trattamento dell’asma), non raggiungono un controllo adeguato della malattia asmatica (Linee Guida GINA, 2010).
Due recenti studi clinici presentati al congresso 2014 dell’American Heart Association hanno evidenziato un legame fra asma e rischio di infarto miocardico. Il primo studio ha messo in evidenza come persone affetta da asma di grado tale da richiedere una terapia giornaliera abbiano un aumento del rischio di infarto e ictus e di condizioni correlate del 60% in un periodo di 10 anni (follow up) rispetto alle persone non asmatiche. Sia l’asma che le malattie cardiache hanno come denominatore comune un aumento dei livelli di infiammazione. Lo studio clinico, condotto su 6792 pazienti, ha osservato come i livelli di marcatori di infiammazione, quali la proteina C reattiva, l’interleuchina-6 e il fibrinogeno, andassero progressivamente aumentando dai pazienti non asmatici a quelli asmatici che richiedevano un trattamento farmacologico al bisogno, agli asmatici in terapia quotidiana (Tattersall et al, 2014). Nel secondo studio clinico, che ha coinvolto 1086 pazienti, di cui metà colpiti da infarto, i pazienti con asma presentavano un rischio di infarto superiore del 70% rispetto ai pazienti non asmatici e, nel gruppo degli asmatici, il rischio era doppio in quelli con riacutizzazione recente della malattia respiratoria rispetto a quelli senza riacutizzazione recente (Bang et al., 2014).