Quali farmaci per l'AIDS?
I farmaci utilizzati nel trattamento dell’Aids sono farmaci antiretrovirali che agiscono ostacolando la replicazione del virus all’interno dell’organismo.
L’obiettivo della terapia antiretrovirale è quello di arrivare alla soppressione virologica che si ottiene quando la concentrazione dell’RNA virale nel sangue (viremia) scende al di sotto del valore soglia di 50 copie/ml. La soppressione virologica si associa da un lato al miglioramento del quadro clinico (riduzione del rischio di comorbidità) e alla riduzione della mortalità del paziente, e dall’altro alla riduzione della trasmissibilità dell’infezione e quindi della sua diffusione.
Se la terapia antiretrovirale non consente di raggiungere la soppressione virologica (fallimento virologico) si parla di fallimento terapeutico. Il fallimento virologico è diagnosticato da valori di viremia > 50 copie/ml dopo 24 settimane di terapia o dall’aumento della carica virale, in due test consecutivi, dopo aver ottenuto una soppressione virale completa. Il fallimento virologico comporta la modifica della terapia antiretrovirale combinata.
La viremia deve essere misurata anche prima della terapia perchè in pazienti con concentrazioni di HIV-RNA molto elevate potrebbe essere necessario un periodo di tempo superiore alle 24 settimane per ottenere la soppressione della viremia.
Le linee guida per la gestione del paziente con infezione da HIV raccomandano pertanto la valutazione al basale della viremia, da ripetersi ogni 3-4 mesi fino all’inizio della terapia antiretrovirale. La viremia andrebbe poi ripetuta immediatamente prima di iniziare la terapia farmacologica oppure quando si modifica la terapia per fallimento virologico. Iniziata l’assunzione dei farmaci antiretrovirali, la viremia deve essere valutata periodicamente, ogni 4-8 settimane fino al raggiungimento di valori di viremia non rilevabili (< 50 copie/ml). Nei pazienti in soppressione virologica, con un quadro clinico soddisfacente, l’intervallo di tempo fra controlli successivi della viremia potrebbe essere aumentato a 6 mesi. Nei pazienti che modificano la terapia farmacologica, la viremia andrebbe valutata al momento del cambio, dopo 2-4 settimane, quindi con cadenza periodica ogni 3-4 mesi fino a quando non si raggiunge la soppressione virologica (Linee Guida Italiane, 2013).
La terapia antiretrovirale viene iniziata sulla base dei valori della conta dei linfociti T CD4+. Questa particolare popolazione di linfociti, che svolge una funzione regolatrice nella risposta immuno-cellulare, rappresenta il bersaglio dell’infezione del virus HIV. Nei pazienti non trattati con terapia antiretrovirale, il numero di linfociti T CD4+ si riduce del 4% all’anno. Nei pazienti trattati che rispondono alla terapia (risposta virologica sostenuta), l’aumento dei linfociti T CD4+ è pari a 50-100 cellule/microlitro/anno. In circa il 25% dei pazienti, l’incremento dei linfociti T CD4+ può essere inferiore al valore sopra riportato o oscillante.
La quantità di linfociti T CD4+ può essere espressa come conta assoluta o come conta percentuale. Entrambi i valori sono importanti e devono essere valutati in quanto marker di funzionalità del sistema immunitario (Taylor et al., 1989). E’ stata infatti osservata progressione della malattia in pazienti con basse conte percentuali dei linfociti T CD4+ ma con valori assoluti elevati. Mentre si possono avere valori percentuali stabili in presenza di riduzioni dei valori assoluti dei globuli bianchi e conseguentemente dei linfociti T CD4+.
Valori assoluti inferiori a 200 cellule/microlitro o valori percentuali inferiori al 14% di linfociti T CD4+ sono associati ad un aumento del rischio di infezioni opportunistiche (Ledergerber et al., 2004; Gourlay et al., 2012).
In sintesi, quindi, la misurazione della conta linfocitaria T CD4+ (conta assoluta e percentuale) deve essere effettuata (Linee Guida Italiane, 2013):
• inizio/cambio terapia farmacologica (effettuare almeno due misurazioni consecutive)
• ogni 3-4 mesi se il paziente in terapia presenta un recupero immunologico soddisfacente
• ogni 2-3 mesi se il paziente in terapia presenta un recupero immunologico limitato (<50-150 cellule/anno)
• ogni 4-6 mesi se il paziente presenta conta linfocitaria > 500 cellule/ml e soppressione virologica
• ogni 1-2 mesi dopo interruzione della terapia
Se la risposta del paziente in terapia farmacologica non consente di arrivare o di mantenere valori di linfociti T CD4+ superiori a 200 cell/microlitro si parla di fallimento immunologico della terapia antiretrovirale. il fallimento immunologico non necessariamente richiede variazioni della terapia antiretrovirale di combinazione (Linee Guida Italiane, 2013).
Esiste un terzo tipo di fallimento terapeutico, indicato come fallimento clinico, che consiste nella comparsa di eventi HIV/Aids-correlati in pazienti con risposta virologica.
I farmaci antiretrovirali sono distinti in 5 classi a seconda del meccanismo d’azione:
• inibitori nucleosidici/nucleotidici della transcrittasi inversa (N(t)RTI)
• inibitori della proteasi
• inibitori non nucleosidici della trascrittasi inversa (NNRTI)
• inibitori della fusione
• inibitori dell’integrasi
N(t)RTI
Gli inibitori della transcrittasi inversa nucleosidici (NRTI, Nucleoside Reverse Transcriptasi Inhibitor) o nucleotidici (NtRTI, Nucleotide Reverse Transcriptasi Inhibitor) rappresentano la prima classe di farmaci antiretrovirali autorizzati per il trattamento dell’infezione da HIV. Il capostipite di questa classe è la zidovudina, approvata nel 1987 dalla Food and Drug Administration (FDA), l’ente americano che si occupa di farmaci.
Gli N(t)RTI agiscono nella fase di sintesi del DNA virale in quanto competono con i deossinucleotidi (citidina, guanosina, timidina e adenosina) normalmente incorporati nella molecola del DNA. A differenza di questi ultimi mancano di un gruppo ossidrile (-OH) nella posizione utile per formare il legame fosfodiesterasico necessario all’allungamento della catena del DNA. La presenza quindi di un N(t)RTI nel DNA virale ne blocca la sintesi.
La differenza fra gli inibitori nucleosidi e nucleotidici della transcriptasi inversa consiste nel fatto che i nucleosidi devono essere convertiti in nucleotidi all’interno dell’organismo. I nucleotidi poi subiscono una fosforilazione sequenziale, ad opera di una chinasi, prima di poter essere incorporati nella molecola di DNA.
Il gruppo degli NRTI comprende (le specialità medicinali sono riportate in corsivo):
• zidovudina, anche nota come azidotimidina, analogo della timidina, autorizzata in USA nel 1987 (Combivir, Lamivudina/Zidovudina, Retrovir, Trizivir)
• didanosina, analogo dell’adenosina, autorizzata in USA nel 1991 (Videx)
• zalcitabina, analogo della citidina, autorizzata in USA nel 1992
• stavudina, analogo della timidina, autorizzata in USA nel 1994 (Zerit)
• lamivudina, analogo della citidina, autorizzata in Europa nel 1996 (Combivir, Epivir, Kivexa, Lamivudina, Lamivudina/Zidovudina, Trizivir, Zeffix)
• abacavir, analogo della guanosina, autorizzata in Europa nel 1999 (Kivexa, Trizivir, Ziagen)
• emtricitabina, analogo della citidina, autorizzata in USA nel 2003 (Atripla, Emtriva, Eviplera, Truvada, Stribild)
Il gruppo degli N(t)RTI comprende:
• tenofovir, analogo dell’adenosina, autorizzato in Europa nel 2002 (European Medicines Agency - EMA, 2014c) (Atripla, Eviplera, Stribild, Truvada)
Inibitori della proteasi
Gli inibitori della proteasi rappresentano la seconda classe di farmaci antiretrovirali sintetizzati.
La proteasi è l’enzima virale responsabile della maturazione in proteine mature, e quindi funzionanti, di gag e gag-pol. L’inibizione della proteasi impedisce la maturazione, la replicazione e l’infettività virale.
I farmaci che inibiscono la proteasi virale, entrati in commercio nel 1995, rappresentano un elemento cardine della terapia antiretrovirale diretta contro il virus HIV; in combinazione con gli NRTI e NNRTI costituiscono l’associazione terapeutica nota come HAART, cioè Highly Active Antiretroviral Therapy (terapia antiretrovirale altamente reattiva).
Il capostipite della classe, primo farmaco ad essere utilizzato in clinica, è il saquinavir, un inibitore competitivo della proteasi.
Appartengono a questa classe:
• saquinavir, autorizzato negli USA nel 1995 (Invirase)
• ritonavir, autorizzato in USA nel 1996 (Kaletra, Norvir)
• indinavir, autorizzato in USA nel 1996 (Crixivan)
• nelfinavir, autorizzato in USA nel 1997 (Viracept)
• amprenavir, autorizzato in USA nel 1999
• lopinavir, autorizzato negli USA nel 2000 (Kaletra)
• atazanavir, autorizzato negli USA nel 2003
• fosamprenavir, autorizzato negli Usa nel 2003 e in Europa nel 2004 (Telzir)
• tipranavir, autorizzato negli USA nel 2005 (Aptivus)
• darunavir, autorizzato negli USA nel 2006 (Prezista)
NNRTI
Gli inibitori non nucleosidici della trascrittasi inversa (NNRTI, Non Nucleoside Reverse Transcriptase Inhibitor) inibiscono con legame non competitivo la transcrittasi inversa RNA-polimerasi virale. L’inibizione della polimerasi blocca la replicazione virale.
Il primo farmaco appartenente a questa classe è stato approvato dalla Food and drug Administration (FDA) nel 1997 con il nome di nevirapina. Successivamente sono stati autorizzati, sempre dalla FDA, la delavirdina nel 1997 e l’efavirenz nel 1998. Nel 2008 è stato approvata in USA e in Europa l’etravirina che costituisce il primo NNRTI di seconda generazione e nel 2011 è stata approvata (USA e Europa) la rilpivirina (European Medicines Agency - EMA, 2014d). Gli NNRTI sono efficaci contro il virus HIV di tipo 1, ma non di tipo 2. Per il rischio di resistenza non sono somministrati in monoterapia ma combinati con altre molecole (terapia HAART, Highly Active Antiretroviral Therapy).
I farmaci NNRTI comprendono (le specialità medicinali sono riportate in corsivo):
• nevirapina (Nevirapina, Viramune)
• delavirdina
• efavirenz (Atripla, Efavirenz, Sustiva)
• etravirina (Intelence)
• rilpivirina (Edurant, Eviplera)
Inibitori della fusione
Gli inibitori della fusione sono farmaci che impediscono l’ingresso del virus HIV nella cellula ospite. A questo gruppo appartengono l’enfuvirtide e il maraviroc.
L’enfuvirtide è un peptide di sintesi che si lega alla glicoproteina di membrana gp41 presente sulla superficie del virus HIV e ne modifica la conformazione. Il legame fra enfuvirtide e la glicoproteina gp41 inibisce la fusione fra la membrana virale e la membrana cellulare impedendo il passaggio dell’HIV-RNA all’interno del linfocita T CD4+. L’enfuvirtide non è attivo verso il virus HIV2. Il farmaco è stato approvata negli Usa e in Europa nel 2003 (European Medicines Agency - EMA, 2014).
Il maraviroc, autorizzato in Europa nel 2007, si lega al corecettore CCR5 presente sulla cellula del linfocita T CD4+ e ne antagonizza l’interazione con la glicoproteina virale gp120 (European Medicines Agency - EMA, 2014a). La mancata interazione fra CCR5 e gp120 non permette l’ancoraggio fra virus e cellula e quindi la successiva fusione fra membrana virale e membrana cellulare e il passaggio dell’RNA virale nella cellula umana. Il maraviroc non è attivo verso i virus HIV che possono utilizzare un altro tipo di corecettore cellulare, il CXCR4, per interagire con la cellula ospite. E’ opportuno quindi eseguire un test che verifichi l’affinità del virus HIV per il corecettore CCR5 e/o CXCR4 prima di somministrare il maraviroc.
Gli inibitori della fusione comprendono (le specialità medicinali sono riportate in corsivo):
• enfuvirtide (Fuzeon)
• maraviroc (Celsentri)
Inibitori dell’integrasi
L’integrasi è l’enzima del virus HIV che permette al DNA virale (provirus), sintetizzato dall’RNA virale ad opera della transcrittasi inversa, di essere inglobato nel DNA della cellula infettata. Gli inibitori dell’integrasi sono farmaci che inibiscono l’attività dell’enzima integrasi virale e quindi impediscono al virus HIV di replicarsi e di infettare nuove cellule.
Appartiene a questa classe il raltegravir, autorizzato in Europa nel 2007 (European Medicines Agency - EMA, 2014b) e l’elvitegravir, autorizzato in Europa nel 2013 (European Medicines Agency - EMA, 2014e).
Gli inibitori dell’integrasi comprendono (le specialità medicinali sono riportate in corsivo):
• raltegravir (Isentress)
• elvitegravir (Stribild, Vitekta)
Terapia antiretrovirale di combinazione
I farmaci antiretrovirali sono utilizzati in combinazione per ridurre il rischio di resistenza virale e il conseguente insuccesso terapeutico.
L’obiettivo della terapia antiretrovirale di combinazione è quello di migliorare comorbidità e mortalità del paziente e di ridurre la trasmissibilità del virus. Recentemente è stato osservato come l’utilizzo dei farmaci antiretrovirali in pazienti con bassi valori di linfociti T CD4+ sembri comportare un effetto deprimente sulla capacità di replicazione del virus HIV, che pertanto tenderebbe a diventare meno virulento, aumentando il periodo di latenza (sieropositività) che precede la malattia conclamata (Aids) (Payne et al., 2014).
Nei pazienti con infezione da HIV mai trattati la terapia combinata deve tener conto di fattori legati ai farmaci, di fattori clinici e non clinici. Tra i primi devono essere considerati l’efficacia virologica e immunologica, il profilo di tollerabilità del farmaco, il potenziale di interazione farmacologica, la barriera genetica. I fattori clinici comprendono il quadro clinico del paziente (stadio della malattia e comorbidità), la viremia, l’eventuale presenza di resistenza virale e le caratteristiche genetiche del paziente. Tra i fattori non clinici sono da annoverare particolari contesti di popolazione e/o di condizione.
Poichè inoltre il trattamento farmacologico è un trattamento a lungo tempo le linee guida raccomandano di individuare una terapia di “induzione”, che mira ad indurre una buona risposta terapeutica, e una terapia di “mantenimento” che riesca a soddisfare le necessità cliniche e non cliniche del paziente nel tempo. Il limite della terapia antiretrovirale di combinazione infatti è rappresentato dall’impossibilità di ottenere l’eradicazione dell’infezione da HIV.
Le Linee guida italiane per il trattamento dell’infezione da HIV raccomandano di iniziare la terapia antiretrovirale precocemente sia nel paziente con infezione cronica sia nei pazienti con infezione acuta o recente (entro 6 mesi da possibile episodio a rischio o sindrome retrovirale acuta) asintomatico o non asintomatico. Nel paziente con infezione cronica l’intervento terapeutico precoce, quando cioè la conta dei linfociti T CD4+ è compresa tra 350 e 500 cell/microlitro (trattamento precoce), in base a studi di coorte ha evidenziato benefici clinici (ridotta incidenza di eventi correlati e non correlati alla malattia), prognosi migliore e una ricostituzione del sistema immunitario maggiore sia in termini qualitativi che quantitativi. L’indicazione di trattare il paziente con infezione cronica quando la conta dei linfociti T CD4+ è inferiore a 350 cell/microlitro si basa invece su prove fornite da studi clinici randomizzati controllati (Linee Guida Italiane, 2013).
Lo standard di cura del paziente naive con HIV è rappresentato dalla combinazione di due farmaci N(t)RTI più un terzo farmaco (terapia HAART, highly active anti-retroviral therapy ovvero terapia antiretrovirale altamente attiva). Le combinazioni più utilizzate sono tenofovir/emtricitabina e abacavir/lamivudina; il terzo farmaco della combinazione può essere efavirenz, atazanavir più ritonavir come booster, darunavir più ritonavir come booster, raltegravir, dolutegravir, elvitegravir più cobicistat come booster (i booster sono farmaci utilizzati in qualità di potenziatori farmacocinetici). Il terzo farmaco viene selezionato in base alla carica virale del paziente. Alcune combinazioni farmacologiche risultano più efficaci quando la carica virale è superiore a 100.000 copie/ml, altre mantengono la propria efficacia terapeutica anche quando la carica virale scende al di sotto delle 100.000 copie/ml.
Altre combinazioni terapeutiche sono considerate “alternative” o “opzionali” rispetto a quelle raccomandate perchè non soddisfano pienamente i criteri di efficacia e/o tollerabilità e sono supportate da dati clinici limitati o non pienamente convincenti. Vengono considerati regimi alternativi per una terapia antiretrovirale di combinazione iniziale l’associazione tenofovir/emtricitabina più lopinavir (con ritonavir come booster) oppure più nevirapina e la combinazione abacavir/lamivudina più lopinavir (con ritonavir come booster). Sono considerati opzionali la combinzione tenofovir+lamivudina+efavirenz oppure l’associazione di lopinavir (con ritonavir come booster) con raltegravir oppure con maraviroc oppure con lamivudina.
Alcuni regimi terapeutici poi non sono raccomandati come terapia d’esordio perchè associati ad una efficacia virologica non soddisfacente che si accompagna spesso a tossicità elevata. Rientrano ad esempio in questo gruppo la monoterapia con qualsiasi farmaco, la combinazione di due soli NRTI oppure di tre NRTI, l’associazione di un solo NRTI con farmaco di altra classe.
A seconda poi che il paziente presenti comorbidità, alcuni farmaci possono essere preferiti ad altri. Ad esempio in pazienti con insufficienza renale è indicata la combinazione abacavir/lamivudina come prima scelta, mentre in pazienti con rischio cardiovascolare o dislipidemia i farmaci indicati sono il tenofovir associato a emtricitabina.