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Vitamina C (Acido Ascorbico)

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Avvertenze - Quali informazioni conoscere prima di usare Vitamina C (Acido Ascorbico)?

Somministrazione parenterale: somministrare la vitamina C (acido ascorbico) per via parenterale solo in caso di vomito o diarrea persistente o in presenza di altre cause che rendono impossibile la somministrazione orale. La somministrazione intramuscolare può provocare dolore al sito d’iniezione. La somministrazione endovena deve essere effettuata lentamente.

Iperossaluria: somministrare con cautela la vitamina C (acido ascorbico) nei pazienti con iperossaluria perchè la vitamina C, soprattutto in dosi elevate, può indurre la formazione di calcoli renali di ossalato di calcio (la vitamina C può essere convertita in ossalato). L’iperossaluria o ossaluria patologica è un disordine metabolico raro che riconosce forme familiari infantili dovute a deficit enzimatico e forme secondarie causate da malassorbimento (celiachia, morbo di Crohn), deficit di vitamina B6, eccessivo apporto di ossalati o alterato rapporto calcio/ossalato. La malattia provoca la formazione di depositi di ossalato di calcio in diversi tessuti con formazione di calcoli renali fino a infezioni batteriche secondarie e ostruzione delle vie renali, aritmie, ipertensione, artrite agli arti e fratture con limitazione parziale o completa delle articolazioni (anchilosi).

Calcolosi renale: poichè la vitamina C (acido ascorbico) può aumentare l’assorbimento intestinale di ossalato e può essere convertita nello stesso ossalato, il consumo di elevate quantità (oltre i 2 g/die) di vitamina C potrebbe favorire la formazione di calcoli renali di ossalato di calcio, in particolare nei pazienti con anamnesi positiva per nefro e urolitiasi (formazione di calcoli sia a livello del parenchima renale sia delle vie urinarie).

Interruzione improvvisa della terapia con alte dosi di vitamina C: la sospensione repentina in caso di terapia prolungata con elevati dosaggi di vitamina C (acido ascorbico), sebbene possa essere associata ad un’aumentata clearance o metabolizzazione della stessa vitamina C, non comporta una riduzione dei livelli ematici di acido ascorbico.

Gotta: poichè la vitamina C (acido ascorbico) diminuisce i livelli di acido urico, il consumo di elevate quantità di vitamina potrebbe avere un effetto preventivo verso l’iperuricemia (concentrazione sierica di acido urico > 6 mg/dL) e la gotta (Gao et al., 2008).

Deficit di glucosio-6-fosfato deidrogenasi (G6PD): la vitamina C (acido ascorbico) può provocare emolisi nei pazienti con carenza eritrocitaria di G6PD o favismo (Mehta et al., 1990).

Glicosuria: la vitamina C (acido ascorbico) può alterare i valori della glicosuria (presenza di glucosio nelle urine), pertanto interrompere l’assunzione di vitamina C alcuni giorni prima dell’esame.

Urine: la vitamina C (acido ascorbico) in quantità elevata può abbassare il pH delle urine (aumento dell’acidità) favorendo il riassorbimento tubulare delle sostanze acide e ostacolando quello delle sostanze di natura basica.

Test al guaiaco (ricerca di sague occulto nelle feci): l’assunzione di dosi di vitamina C (acido ascorbico) superiori a 1 g nelle 12 ore che precedono l’esecuzione del test al guaiaco per la ricerca del sangue occulto nelle feci può dare un esito falsamete negativo, dovuto all’inibizione dell’ossidazione del reagente da parte dell’emoglobina eventualmente presente nelle feci.

Emocromatosi, talassemia, anemia sideroblastica: la somministrazione di dosi elevate di vitamina C (acido ascorbico) può provocare un peggioramento di queste forme di anemia. Sia in caso di emocromatosi, sia di talassemia sia di anemia sideroblastica sussiste l’incapacità da parte dell’organismo di utilizzare in modo adeguato il ferro, il cui assorbimento viene invece stimolato dalla somministrazione di dosi elevate di vitamina C. Il ferro non utilizzato forma dei depositi a livello dei tessuti dell’organismo (emocromatosi) oppure negli eritroblasti del midollo osseo (anemia sideroblastica).

Tossicità esofagea: la somministrazione di vitamina C (acido ascorbico) per via orale come forma farmaceutica solida (compresse) è stata associata a danni esofagei dovuti all’acidificazione del pH o della soluzione acquosa in cui è disciolta la compressa o della saliva. Il danno esofageo in genere è risultato transitorio e autolimitante ed è consistito nella formazione di ulcere localizzate che regrediscono dopo la sospensione del farmaco e non causano stenosi (Kikendal, 1991; Collins et al., 1979).


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