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Salbutamolo

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Farmacologia - Come agisce Salbutamolo?

Il salbutamolo (INN: salbutamol; USAN: albuterol) è un farmaco simpaticomimetico diretto, dotato di attività agonista nei confronti dei recettori adrenergici; presenta una certa selettività d’azione verso i recettori beta2 e provoca quindi rilasciamento della muscolatura liscia di bronchi, utero, vasi della muscolatura scheletrica.

Il meccanismo alla base dell’attività farmacologica del salbutamolo è correlato agli eventi post-recettoriali: il legame del farmaco con i recettori beta2 determina attivazione beta2 dell’adenilciclasi che catalizza la conversione dell’ATP a cAMP, responsabile del rilascio della muscolatura liscia.

Il salbutamolo non permea la barriera ematoencefalica, quindi, non interagisce con i recettori adrenergici o colinergici centrali e non provoca depressione del SNC.

Può invece produrre alcuni effetti metabolici conseguenti alla sua azione beta agonista: aumentare il rilascio di acidi grassi liberi e di insulina; innalzare lievemente la glicemia; ridurre la potassemia; non sembra modificare i livelli di trigliceridi o di idrocortisone.

Rispetto all’isoprenalina presenta una maggior durata d’azione, indipendentemente dalla via di somministrazione: questo sembra essere dovuto alla sua mancata sensibilità all’azione delle COMT. Rispetto all’isoprenalina presenta anche una maggior selettività d’azione e, quindi, minor incidenza di effetti sul cuore (Ahrens, Smith, 1984).

Il salbutamolo è particolarmente efficace nel trattamento di attacchi asmatici acuti, poichè riduce la frequenza degli attacchi e la gravità degli episodi asmatici cronici e ricorrenti: agendo, infatti, direttamente sui recettori beta2, rilascia la muscolatura liscia bronchiale (aumento della capacità vitale e del volume espiratorio).

Il salbutamolo possiede inoltre attività stabilizzante la membrana dei mastociti e quindi inibisce la loro degranulazione e la liberazione di agenti che provocano spasmo bronchiale; può anche stimolare l’attività ciliare favorendo l’eliminazione di muco.

L’impiego continuato di beta2 agonisti sembra indurre tolleranza in quanto, pur continuando a indurre broncodilatazione, diminuisce progressivamente l’azione protettiva verso la broncocostrizione stimolata da metacolina o allergeni (Cockcroft et al., 1993).

Il salbutamolo in associazione con beclometasone migliora il controllo della sintomatologia asmatica soprattutto durante le ore notturne (Bonnaud, Desfougeres, 1991). L’associazione farmacologica è risultata efficace anche nell’antagonizzare la reattività precoce e tardiva causata dall’esposizione ad allergeni in pazienti sensibilizzati (Paggiaro et al., 1991).

Le linee guida raccomandano l’uso regolare di corticosteroidi inalatori anche nei pazienti con asma lieve persistente. Uno studio condotto tra 455 pazienti con asma lieve ha però dimostrato che l’uso combinato di beclometasone (250 mcg) e salbutamolo (100 mcg) in singolo inalatore al bisogno, è più efficace dell’uso del solo salbutamolo al bisogno, ma soprattutto, è efficace quanto l’uso regolare di beclometasone inalatorio (250 mcg 2 volte/die) nell’aumentare il picco di flusso espiratorio mattutino e nel ridurre il numero di riacutizzazioni dopo 6 mesi di trattamento ed è associato ad una inferiore dose cumulativa di corticosteroide inalato (Papi et al., 2007).

La somministrazione di salbutamolo per via inalatoria (nebulizzazione) in bambini di 6-9 mesi, nati prematuri (età gestazionale compresa fra le 26 e 32 settimane e peso compreso fra i 720 e 1800 g) e affetti da tosse ricorrente e respiro affannato, riduce (25%) le resistenze delle vie respiratorie e ne migliora la conduttanza specifica. Questi parametri non risultano affatto modificati in pazienti della stessa età con funzionalità respiratoria normale (Yuksel, Greenough, 1991).

In caso di pazienti, sempre in età pediatrica, asmatici, il salbutamolo non è risultato efficace nel ridurre gli episodi di tosse notturna, sebbene sembri indurre un miglioramento obbiettivo della funzionalità polmonare (Hoskyns et al., 1991).

È risultato anche efficace nel risolvere gli episodi di broncospasmo improvviso in corso di anestesia senza influenzare il sistema cardiovascolare.

Nell’asma il salbutamolo (formulazione a rilascio controllato) è risultato più efficace di teofillina nel migliorare il volume espiratorio massimo per secondo (FEV1: 2,53 vs 2,13 L), la capacità vitale (CV: 4,23 vs 3,05 L), la massima velocità espiratoria di flusso (PEF: 6,03 vs 5,03 L/sec) (Brune, Desfougeres, 1991).

Da una revisione sistematica di 13 studi randomizzati sull’impiego degli agonisti beta 2 adrenergici vs placebo nei pazienti con broncopneumopatia cronica ostruttiva (bpco) stabile, è emerso che l’uso regolare, per almeno 7 giorni, di broncodilatatori a breve durata d’azione, come il salbutamolo, per via inalatoria, migliora la funzionalità polmonare e riduce la mancanza di fiato (Sestini et al., 2002).

Tuttavia, nei pazienti affetti da bpco, l’uso regolare di un beta2 agonista a breve durata d’azione porta all’assunzione di una quantità doppia di farmaco e non determina maggiori benefici clinici rispetto all’uso “al bisogno” (Cook et al., 2001).

Molti dei vantaggi dell’associazione salbutamolo-ipratropio per il trattamento di pazienti con bpco stabile risultano ormai superati dal recente sviluppo e approvazione di beta2-agonisti ed anticolinergici più potenti e a maggior durata d’azione e di nuove terapie combinate (Gordon, Panos, 2010).

Il salbutamolo inibisce le contrazioni uterine (può essere infatti usato per prevenire minacce di aborto) (Liu et al., 1978).

La somministrazione di salbutamolo (0.1-0.4 mg in bolo endovena) in 57 donne con feto podalico al termine della gravidanza ha aumentato il tasso di successo della versione cefalica esterna rispetto a nessuna tocolisi (70,2% [40/57] vs 36.8% [21/57]; p<0,001). Il numero di parti cesarei è stato più basso nel gruppo salbutamolo rispetto al gruppo controllo (31,6% [18/57] vs 63.2% [36/57]; p = 0,001) (Vani et al., 2009).

La somministrazione di salbutamolo (2 mg 3 volte/die per 1 anno) a bambini (n=23, età: 30 mesi-6 anni) affetti da atrofia muscolare spinale di tipo II ha provocato miglioramenti significativi (p=0,006) nei punteggi della scala di funzionalità motoria Hammersmith (Pane et al., 2008).

L’uso del salbutamolo non è raccomandato per il trattamento di danni polmonari acuti da esposizione a fosgene. Infatti, somministrato per nebulizzazione a suini precedentemente esposti a fosgene, non ha avuto effetti sulla mortalità ed effetti deleteri sull’ossigenzaione arteriosa, sulla frazione shunt (percentuale di sangue pompato da cuore non completamente ossigenato) e sulla frequenza cardiaca. Ha ridotto leggermente il numero di mediatori infiammatori nel liquido di lavaggio broncoalveolare ma non nel plasma (Grainge et al., 2009).

La glicirrizina (0,3 mcmol/L) aumenta i livelli di RNA messaggero per i recettori beta2-adrenergici in vivo, e l’accumulo di cAMP, responsabile del rilascio della muscolatura liscia, in vitro. La combinazione di glicirrizina e salbutamolo risulta in significativi effetti anti-infiammatori complementari rilevati sia in vitro che in vivo (in un modello animale) attraverso l’inibizione dell’attivazione dell’NF-KB, (fattore di trascrizione implicato nei processi infiammatori), della degradazione dell’I-KB (proteina inibitoria che lega l’NF-KB mantenendolo in forma inattiva), della produzione di IL-8 (citochina che attrae neutrofili e linfociti T ai siti infiammatori). La glicirrizina potrebbe quindi in futuro essere utilizzata in combinazione con agonisti beta2-adrenergici per il trattamento dell’asma (Yang et al., 2010).

A seguito della somministrazione di levosalbutamolo o salbutamolo racemico per il trattamento di esacerbazioni acute di asma in bambini (n= 60 di età compresa tra 5 e 18 anni) è stato evidenziato che i miglioramenti (del livello di saturazione d’ossigeno, del picco di flusso espiratorio, del punteggio di controllo dell’asma) sono stati maggiori nel gruppo trattato con levosalbutamolo, mentre la tachicardia e l’ipopotassemia sono stati più marcati nel gruppo trattato con salbutamolo racemico (Punj et al., 2009).

I bambini con recenti infezioni alle vie respiratorie, i quali hanno un’iperreattività bronchiale simile a quella dei pazienti asmatici, presentano una minor incidenza di episodi avversi respiratori perioperatori (laringospasmi, broncospasmi, desaturazione d’ossigeno, tosse grave) se vengono pretrattati con salbutamolo (von Ungern-Sternberg et al., 2009).

L’applicazione topica di R-salbutamolo (in crema allo 0,5% 2 volte/die per 8 settimane) in 19 pazienti con lesioni da lupus erimatosus discoide resistente alle terapie si è rivelata sicura e ben tollerata ed ha migliorato significativamente l’ipertrofia o la desquamazione, l’indurimento, il prurito, il dolore associati alle lesioni e le condizioni globali del paziente rispetto al placebo (Jemec et al., 2009).

La somministrazione di L-adrenalina nebulizzata a bambini di età inferiore ai 2 anni con bronchiolite acuta si è rivelata più efficace dell’associazione salbutamolo più ipratropio bromuro (Kadir et al., 2009).

Il salbutamolo (16 mg/die in formulazione a rilascio sostenuto per 3 settimane seguite da 1 settimana di sospensione) in pazienti affetti da distrofia muscolare facioscapolomerale (n=56, età 18-60 anni), non ha prodotto variazioni significative della forza muscolare. Non si possono escludere miglioramenti a seguito degli effetti anabolici del salbutamolo derivanti da un trattamento di maggior durata (Payan et al., 2009). E’ stato infatti dimostrato, in vitro, che il salbutamolo esercita effetti anabolici attraverso l’agonismo al recettore degli androgeni (von Bueren et al., 2007).