Home News About us Comitato scientifico Iscriviti Utenti Etica Contenuti Guida Faq Stage Contatti
Logo Pharmamedix
A B C D E F G H I J K L M N O P Q R S T U V W X Y Z

Fosfomicina

Monuril e altri

Farmacologia - Come agisce Fosfomicina?

La fosfomicina è un antibiotico a largo spettro utilizzato soprattutto, sotto forma di sale di trometamolo, per il trattamento della cistite.

La fosfomicina è stata isolata nel 1969 da colture di Streptomyces fradiae, Streptomyces viridochromogenes, Streptomyces wedmorensis. Originariamente utilizzata come sale di calcio, è disponibile attualmente come sale di sodio (somministrazione parenterale) e sale di trometamolo (somministrazione orale).

La fosfomicina è caratterizzata, strutturalmente, dalla presenza di un residuo fosfonico nella molecola.

La fosfomicina evidenzia attività battericida, in vitro, verso batteri Gram-positivi (Staphylococcus aureus, alcuni streptococchi ed enterococchi) e Gram-negativi (Enterobacteriaceae, Haemophilus influenzae, Neisseria, E. coli, Proteus, Pseudomonas aeruginosa, Salmonella, Shigella). Non è attiva verso Bacteroides e altri anaerobi.

La fosfomicina possiede effetti immunomodulatori soprattutto sulla funzione dei linfociti e dei neutrofili.

La fosfomicina penetra nel batterio attraverso un sistema di trasporto specifico ed esplica un’azione battericida inibendo la sintesi della parete batterica dei Gram-positivi, dei Gram-negativi, di patogeni aerobi e anaerobi.

La fosfomicina inibisce l’enzima piruviltransferasi grazie alla sua analogia strutturale con il fosfoenolpiruvato; in questo modo viene impedita l’utilizzazione, da parte della cellula batterica, dell’acetilglucosamina per la sintesi del peptidoglicano, elemento costitutivo della parete cellulare (Kahan, et al., 1974).

La fosfomicina non interferisce nel metabolismo delle cellule animali in quanto il fosfoenolpiruvato viene utilizzato in maniera differente. L’antibiotico perciò possiede un’azione citotossica selettiva.

La fosfomicina può indurre resistenza batterica: sono stati segnalati casi di resistenza sia in vitro che in vivo. L’incidenza di ceppi resistenti è comunque scarsa, per l’E. coli si parla di tassi dell’1-2%. La resistenza batterica alla fosfomicina è causata dalla presenza di determinati plasmidi, presenti soprattutto nella Serratia marcescens, in grado di determinare resistenza multipla (Martindale, 1996). La resistenza può essere indotta anche per mutazione spontanea.

Con fosfomicina è poco diffuso il problema della cross-resistenza fra farmaci. Questo può essere spigato in base al tipo di meccanismo d’azione dell’antibiotico, che inibisce la costruzione della parete cellulare batterica allo stadio iniziale.

La fosfomicina trometamolo rappresenta il farmaco di scelta per il trattamento delle infezioni urinarie acute non complicate. La cistite rappresenta l’infezione urinaria acuta più frequente, seguita da uretrite, prostatite e vaginite. Le infezioni urinarie acute interessano prevalentemente la donne; nell’uomo si riscontrano raramente prima dei 45 anni e sono in genere associate ad anomalie urologiche. Fino al 50% delle donne di età compresa fra 20 e 40 anni esperimentano, almeno una volta, un episodio di infezione urinaria acuta che nell’80% dei casi è una cistite.

La diagnosi di infezione urinarie acuta è positiva quando la concentrazione di patogeni nelle urine è uguale o superiore al valore di 105 CFU/ml (Unità formanti colonia per millilitro). In alcuni casi (donne sintomatiche, uomini giovani, presenza di E. coli) la diagnosi può essere positiva anche per valori inferiori a 105 CFU/ml (Agenzia Sanitaria e Sociale Regionale dell’Emilia Romagna, 2010).

Le infezioni urinarie acute possono essere non complicate o complicate. I fattori di rischio per un’infezione complicata comprendono: sesso maschile, età avanzata, recente ospedalizzazione o intervento urologico, gravidanza, uso di catetere urinario, uso di antibiotici, anomalie funzionali o morfologiche delle vie urinarie, diabete mellito, immunodepressione, durata dei sintomi superiore ad una settimana.

In Italia, il patogeno più frequentemente responsabile delle infezioni urinarie acute non complicate o recidivanti è l’E. coli. Nelle infezioni acute non complicate delle vie urinarie, il 90% dei ceppi patogeni sono rappresentati da E. coli. La restante parte delle infezioni è sostenuta da Klebsiella, Proteus, Enterobacter e Staphylococcus (tassi di incidenza pari al 4-8%). Nelle infezioni ricorrenti delle vie urinarie, oltre ad E. coli (60-70% dei casi) troviamo come altro patogeno frequentemente coinvolto il Proteus (10-15% dei casi).

Rispetto ad altri farmaci, anch’essi indicati nel trattamento delle infezioni urinarie acute non complicate, la fosfomicina è associata ad un minor tasso di resistenza batterica. Con lo sviluppo delle beta-lattamasi, enzimi capaci di inattivare gli antibiotici beta-lattamici, l’efficacia terapeutica di diversi antibiotici è diminuita. Fra questi ricordiamo le aminopenicilline e il cotrimossazolo; quest’ultimo è indicato nel trattamento delle infezioni urinarie acute solo se il tasso di resistenza non supera il 10-20% dei ceppi. La nitrofurantoina, altro farmaco alternativo alla fosfomicina, risulta efficace verso E. coli ma non verso Proteus e i fluorochinoloni sono usati poco in caso di infezioni urinarie acute per evitare lo sviluppo di resistenze batteriche che potrebbero ridurre la loro efficacia in caso di infezioni urinarie complicate. Come farmaci di prima linea nel trattamento delle infezioni urinarie acute non complicate, oltre alla fosfomicina trometamolo, si usano l’amoxicillina associata ad acido clavulanico e le cefalosporine di II e III generazione. Sia l’ampicillina sia le cefalosporine richiedono trattamenti più lunghi rispetto alla fosfomicina (rispettivamente 3 giorni e 3/7 giorni vs 1 giorno con fosfomicina trometamolo).

Sulla base della sensibilità ai diversi antibiotici dei patogeni individuati in donne con infezione urinaria acuta non complicata, la fosfomicina è risultata l’antibiotico più efficace verso E. coli (ceppi sensibili: 98,9%) e quello con il più ampio spettro d’azione (ceppi sensibili: 97,1%) rispetto a mecillina (suscettibilità E. coli: 97,8%), nitrofurantoina (suscettibilità E. coli: 92,2%; totalità ceppi sensibili: 85,2%), ciprofloxacina (suscettibilità E. coli: 92,2%; totalità ceppi sensibili: 93,1%), cotrimossazolo (suscettibilità E. coli: 80,0%; totalità ceppi sensibili: 80,7%) e ampicillina (suscettibilità E. coli: 40,0%; totalità ceppi sensibili: 43,2%) (Chlabicz et al., 2011).

La fosfomicina costituisce il farmaco di scelta nel trattamento della cistite perchè permette di ottenere concentrazioni elevate di antibiotico nelle urine per almeno 48 ore con una sola somministrazione riducendo da un lato il rischio di resistenza batterica e facilitando, dall’altro, la compliance del paziente (aderenza alla terapia).

Circa il 20% delle donne con cistite acuta vanno incontro ad un secondo episodio entro 2 settimane dalla fine del trattamento antibiotico (recidiva) oppure a reinfezione successiva con un patogeno diverso da quello che aveva scatenato l’episodio iniziale di cistite (reinfezione). La fosfomicina è risultata efficace nel trattare queste forme di cistite ricorrente. Lo schema posologico prevede la somministrazione di una dose di antibiotico di 3 g ogni 10 giorni per 3-6 mesi.

L’analisi di 27 studi clinici relativi all’uso di antibiotici nel trattamento della cistite acuta ha evidenziato una sostanziale sovrapponibilità di efficacia tra fosfomicina trometamolo e gli antibiotici con cui è stata confrontata (10 RTCs, 1657 pazienti, RR=1,00 CI95% 0,98-1,03) ed una migliore tollerabilità di fosfomicina nel sottogruppo di pazienti in gravidanza (4 RTCs, 507 pazienti, RR=0,35 CI95% 0,12-0,97) (Falagas et al., 2010). Gli studi clinici considerati comprendevano trial clinici in doppio cieco (8), in singolo cieco (2) e in aperto (17). Gli studi clinici condotti in cieco (10) non avevano arruolato pazienti in gravidanza; 16 studi clinici avevano arruolato donne non in gravidanza con cistite; 3 studi avevano arruolato una popolazione mista (donne non in gravidanza e uomini) rispettivamente con infezioni urinarie acute o ricorrenti, sintomi riconducibili a infezioni urinarie acute, cistite; 5 studi clinici avevano arruolato donne in gravidanza con batteriuria asintomatica (3 trial), cistite acuta (1 trial), batteriuria asintomatica e sintomatica (1 trial); 3 studi avevano arruolato pazienti pediatrici con infezioni urinarie acute. Gli antibiotici verso cui è stata confrontata la fosfomicina comprendevano: norfloxacina, ciprofloxacina, ofloxacina, pefloxacina, acido pipemidico, trimetoprim, cotrimossazolo, cefalexina, ceftibutene, amoxicillina, nitrofurantoina, netilmicina, amikacina.

Si parla di batteriuria asintomatica quando la concentrazione di patogeni nelle urine è significativa, superiore a 100 mila CFU/ml (Unità formanti colonie per ml), ma non si accompagna a sintomi clinici. Questa forma di infezione è considerata benigna e non richiede necessariamente un trattamento farmacologico. La prevalenza di batteriuria asintomatica aumenta progressivamente con l’età, più nelle donne che negli uomini. Il tasso di batteriuria asintomatica nella popolazione generale si attesta sul 3,5%; nelle donne di età compresa fra 18 e 40 anni la batteriuria asintomatica interessa il 5% delle pazienti, nelle donne più anziane arriva al 20%. Nelle donne con più di 70 anni, il rischio di sviluppare una batteriuria asintomatica è pari a 3 volte il rischio osservato negli uomini (16-18% vs 6%).

Mentre nell’anziano o nel portatore di catetere la batteriuria asintomatica non richiede un trattamento farmacologico di routine, nella donna in gravidanza è necessario intervenire. In caso di batteriuria asintomatica non trattata, in gravidanza aumenta il rischio di evoluzione a cistite acuta fino a pielonefrite acuta (circa il 20-40% delle donne con batteriuria asintomatica sviluppa una pielonefrite) che si accompagna a insufficienza renale nella madre, a parto prematuro e a basso peso neonatale. Inoltre, la batteriuria asintomatica espone la gestante ad una maggior probabilità di ipertensione, pre-eclampsia, anemia e infezione del liquido amniotico. Data l’asintomaticità della batteriuria si raccomanda di effettuare uno screening tramite urinocoltura alla sedicesima settimana di gravidanza. I farmaci indicati per il trattamento della batteriuria asintomatica in gravidanza sono gli stessi prescritti per il trattamento della cistite acuta o ricorrente: fosfomicina trometamolo oppure amoxicillina più acido clavulanico oppure cefalosporine di II o III generazione. Tutti i farmaci raccomandati sono stati inseriti dalla FDA in classe B per l’uso in gravidanza. Mentre per la fosfomicina lo schema posologico prevede anche per quest’indicazione una sola somministrazione, per l’amoxicillina e le cefalosporine la durata della terapia è di 7-10 giorni.