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Ceftriaxone

Rocefin e altri

Avvertenze - Quali informazioni conoscere prima di usare Ceftriaxone?

Ipersensibilità: l’assunzione di ceftriaxone risulta controindicata in pazienti con ipersensibilità verso le cefalosporine o le penicilline a causa della possibile ipersensibilità crociata tra le due classi di farmaci; somministrare il farmaco con cautela a pazienti che hanno mostrato precedenti reazioni allergiche ad altri farmaci. In caso di reazione anafilattica associata all’assunzione di ceftriaxone, somministrare adrenalina e cortisonici per via parenterale.

Soluzioni iniettabili contenenti calcio: lo ione calcio determina la precipitazione del ceftriaxone. Non impiegare soluzioni contenenti calcio (soluzione di Ringer o di Hartmann) per ricostituire la soluzione di ceftriaxone o per diluire la soluzione già ricostituita. Evitare la contemporanea somministrazione di ceftriaxone e soluzioni iniettabili per via endovenosa contenenti calcio nei pazienti di età inferiore a 28 giorni e nei neonati prematuri; in pazienti di età superiore a 28 giorni, la somministrazione può avvenire in modo sequenziale previo accurato lavaggio o sostituzione delle linee di infusione (FDA, 2009).

Iniezione intramuscolare: il solvente per la preparazione della soluzione di ceftriaxone per uso intramuscolare contiene lidocaina; prima di effettuare la somministrazione di ceftriaxone per via intramuscolare verificare la presenza di eventuali controindicazioni alla lidocaina. Non somministrare per via endovenosa preparazioni contenenti lidocaina.

Diarrea persistente e grave: la somministrazione di antimicrobici può alterare la normale flora batterica intestinale e favorire la proliferazione del Clostridium difficile, agente eziologico della colite pseudomembranosa. Poichè sono stati rilevati casi di colite pseudomembranosa in seguito ad assunzione di ceftriaxone è importante considerare questa diagnosi in pazienti che manifestino diarrea dopo l’uso di cefalosporine. In caso di infezione da Clostridium difficile, sospendere l’assunzione di ceftriaxone e istituire una terapia antibiotica idonea (metronidazolo, vancomicina); se necessario somministrare liquidi, elettroliti e supplementi proteici.

Anemia emolitica: in seguito a trattamento con ceftriaxone, sono stati riportati casi di anemia emolitica, alcuni dei quali fatali, sia in pazienti adulti che in pazienti di età pediatrica. L’esposizione alle cefalosporine sembra determinare una fase di sensibilizzazione ed in seguito la formazione di anticorpi, che durante la successiva esposizione al farmaco causano emolisi (Arndt et al., 1999; Kapur et al., 2008). Se si verifica anemia emolitica durante la terapia con ceftriaxone sospendere l’assunzione del farmaco ed effettuare opportune analisi per accertarne la causa. In caso di trattamento prolungato con ceftriaxone, monitorare periodicamente la crasi ematica.

Resistenza batterica: prima di iniziare il trattamento con ceftriaxone se possibile effettuare opportune analisi per individuare il microrganismo patogeno responsabile dell’infezione e la sua sensibilità al farmaco. La somministrazione di ceftriaxone in assenza di infezione, accertata o fortemente sospettata, causata da batteri sensibili o per periodi prolungati può favorire lo sviluppo di batteri resistenti al farmaco. La resistenza batterica risulta maggiore verso microrganismi quali Enterobacteriaceae e Pseudomonas; l’insorgenza di resistenza a ceftriaxone è inoltre maggiore in casi di trattamento associato con altri beta lattamici o in pazienti immunodepressi.

Insufficienza renale: in caso di insufficienza renale il ceftriaxone è eliminato maggiormente per via biliare per cui occorre ridurre le dosi solo se vi è anche insufficienza epatica. Se l’insufficienza renale è molto grave (clearance della creatinina minore di 10 ml/min) si consiglia di adattare la posologia e di non superare 2 mg/die di ceftriaxone.

Coagulopatie: in alcuni pazienti in trattamento con ceftriaxone sono stati riportati prolungamento del tempo di protrombina e ipoprotrombinemia (Agnelli et al., 1986); somministrare ceftriaxone con cautela in pazienti che presentano bassi livelli di vitamina k o alterazioni nel processo di sintesi. In caso di prolungamento del tempo di protrombina durante la terapia con ceftriaxone, co-somministrare vitamina k.

Superinfezioni: come tutti gli antibiotici ad ampio spettro, il ceftriaxone può alterare la normale flora batterica dell’organismo, che evita la proliferazione eccessiva di microrganismi patogeni, e favorire l’insorgenza di infezioni. In caso di superinfezioni causate da microrganismi non sensibili, istituire una terapia adeguata.

Neurotossicità: l’assunzione di cefalosporine può determinare l’insorgenza di tossicità a livello neurologico, che si presenta con differenti sintomi clinici che comprendono convulsioni, stato epilettico non convulsivo, mioclono, alterazioni dello stato mentale, encefalopatie, fino al coma. Il rischio di sviluppare neurotossicità in seguito all’impiego di cefalosporine risulta aumentato nei casi di pregresse patologie neurologiche, nei pazienti anziani e nei pazienti con insufficienza renale (Grill, Maganti, 2008).

Patologie gastrointestinali: somministrare il ceftriaxone con cautela in pazienti affetti da patologie gastrointestinali, soprattutto in caso di coliti.

Ecografie biliari: in seguito ad esame ecografico della cistifellea di alcuni pazienti in trattamento con ceftriaxone ad alte dosi è stata riscontrata la presenza di ombre simili a calcoli biliari. Tali reperti sembrano essere causati dalla precipitazione di un complesso ceftriaxone-calcio; in genere sono asintomatici e reversibili con la sospensione della terapia. In caso di comparsa di sintomi clinici, valutare la sospensione del trattamento con ceftriaxone e istituire una terapia idonea (Schaad et al., 1988; Heim-Duthoy et al., 1990).

Pancreatite: in seguito a trattamento con ceftriaxone sono stati riportati alcuni casi di pancreatite acuta insorta in pazienti adulti e un episodio in un paziente di età pediatrica (Zimmermann et al., 1993; Famularo et al., 1999; Ruggiero et al., 2010). In caso di insorgenza di pancreatite acuta, sospendere la somministrazione di ceftriaxone.

Nefrolitiasi: in letteratura sono descritti casi di litiasi renale verificatisi in pazienti di età pediatrica; in tali pazienti il trattamento con ceftriaxone ad alte dosi può causare a livello renale la precipitazione di un complesso costituito dal calcio e dal farmaco stesso (Cochat et al., 1990; Dulac et al., 1995; de Moor et al., 1999).

Attività che richiedono attenzione e coordinamento costante: il ceftriaxone può indurre capogiri; valutare gli effetti del farmaco sul paziente se questi deve svolgere attività che richiedono attenzione e coordinazione prolungate.

Prima infanzia: la somministrazione di ceftriaxone a nati prematuri o neonati fino a 28 giorni di vita affetti da iperbilirubinemia è controindicata; il ceftriaxone può interferire con la bilirubina per i siti di legame all’albumina plasmatica e causare encefalopatia da bilirubina. La somministrazione di ceftriaxone per via endovenosa risulta controindicata per i pazienti nati prematuri o neonati che richiedono o che potrebbero richiedere trattamenti per via endovenosa con soluzioni contenti calcio. Sono stati riportati alcuni casi di eventi avversi fatali associati a ritrovamento in sede autoptica di depositi cristallini nei polmoni e nei reni in pazienti neonati trattati con ceftriaxone per via endovenosa in concomitanza a soluzioni contenenti calcio (FDA, 2007; AIFA, 2007).

Esami di laboratorio: il ceftriaxone può interferire con il test di determinazione della galattosemia e della glicosuria; in caso di risultati positivi al test di determinazione della glicosuria effettuare ulteriori analisi con metodi enzimatici per confermare la diagnosi. Nei pazienti in trattamento con ceftriaxone sono stati riportati risultati falsi positivi anche al test di Coombs.

Contraccettivi orali: il trattamento con ceftriaxone può ridurre l’efficacia dei contraccettivi ormonali assunti per via orale; si raccomanda di adottare misure di contraccezione aggiuntive sia durante il trattamento con ceftriaxone che nel mese seguente.

Gravidanza: sono disponibili dati limitati relativi all’impiego del ceftriaxone durante la gravidanza; il farmaco non sembra causare effetti tossici nel neonato (Cavenee et al. 1993; Sanchez-Ramos et al., 1995). La FDA ha inserito il ceftriaxone in classe B per l’impiego in gravidanza. La classe B comprende i farmaci i cui studi riproduttivi sugli animali non hanno mostrato un rischio per il feto e per i quali non esistono studi controllati sull'uomo oppure i farmaci i cui studi sugli animali hanno mostrato un effetto dannoso (oltre a un decremento della fertilità) che non è stato confermato con studi controllati in donne nel I trimestre (e non c'è evidenza di danno nelle fasi avanzate della gravidanza). La somministrazione di ceftriaxone in gravidanza deve essere riservata ai casi di effettiva necessità, dopo un’attenta valutazione del rapporto rischio/beneficio; monitorare segni e/o sintomi riconducibili ad una eventuale tossicità del farmaco.

Allattamento: il ceftriaxone viene escreto nel latte materno; sono disponibili dati limitati relativi alla sicurezza e alla tossicità del farmaco quando impiegato durante l’allattamento. La concentrazione di ceftriaxone rilevata nel latte materno è risultata pari al 3-4% di quella presente nel siero materno e non sembra causare effetti avversi nei neonati (Kafetzis et al., 1983).


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