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Enalapril

Enapren, Converten, Vasoretic e altri

Farmacologia - Come agisce Enalapril?

L'enalapril è un ACE-inibitore, inibisce cioè l'enzima chinasi II (ACE) che converte l'angiotensina I in angiotensina II. Derivato dal captopril per sostituzione del gruppo sulfidrilico con un dipeptide N-carbossimetilico, è un profarmaco: viene idrolizzato, a livello epatico, con formazione del composto attivo, enalaprilato. È impiegato nel trattamento dell'ipertensione e dell'insufficienza cardiaca congestizia (gli ACE-inibitori rappresentano farmaci di prima scelta nel trattamento dell'ipertensione in pazienti con disfunzione ventricolare sinistra o scompenso cardiaco).

La chinasi II, o enzima convertenete, svolge un ruolo importante per il sistema renina-angiotensina-aldosterone e per il sistema callicreina-bradichinina-prostaglandine.

La renina viene rilasciata dall'apparato iuxtaglomerulare ed è responsabile dell'attivazione dell'angiotensinogeno ad angiotensina I; la chinasi II, a livello polmonare, converte l'angiotensina I in angiotensina II. L'angiotensina II è un potente vasocostrittore che agisce principalmente sui vasi arteriosi aumentando la resistenza vascolare. Stimola inoltre la secrezione di aldosterone dalle ghiandole surrenali: l'aldosterone favorisce la ritenzione di sodio e acqua a livello renale e favorisce l'escrezione di potassio. Il risultato finale consiste nell'aumento della pressione arteriosa.

La callicreina attiva la bradichinina che provoca vasodilatazione e conseguente diminuzione della pressione arteriosa.

L'enalapril provoca l'inibizione della chinasi II con conseguente blocco della formazione di angiotensina II e inibizione della trasformazione di bradichinina a frammenti inattivi.
Dopo somministrazione orale di enalapril diminuiscono le concentrazioni plasmatiche di angiotensina II ed aumentano quelle di angiotensina I, aumentano i livelli ematici di renina e diminuiscono quelli di aldosterone (Cody, 1985). All'inizio del trattamento con enalapril si manifesta natriuresi che può essere dovuta all'inibizione dell'aldosterone o al ruolo svolto dall'angiotensina II sull'escrezione tubulare del sodio (Tood, Heel, 1986).

Il meccanismo d'azione dell'enalapril sembra coinvolgere anche il sistema nervoso simpatico (Kohlmann et al., 1984): la modificazione dei riflessi barocettori (Ibsen et al., 1983); il blocco alfa-adrenergico post-sinaptico; l'aumento del flusso sanguigno renale.

L'enalapril presenta minor efficacia antipertensiva nei soggetti di razza nera: possibile maggior prevalenza di bassi livelli di renina nella popolazione nera con ipertensione (effetto di classe).

L'enalapril può provocare ipotensione dopo somministrazione della prima dose: si è verificata riduzione della pressione sistolica pari a 50 mmHg in più del 10% dei pazienti trattati (Cleland et al., 1985).

Gli ACE-inibitori risultano efficaci nel ridurre i valori pressori sia in caso di ipertensione acuta che cronica senza modificare la frequenza e la portata cardiaca; inoltre sembrano in grado di indurre la regressione dell'ispessimento parietale delle arterie e di prevenire o ridurre l'ipertrofia cardiaca (l'angiotensina agirebbe in qualità di fattore trofico sulle cellule muscolari del cuore, favorendone l'accrescimento e l'ispessimento) (Corr. Med., 1990).

L'enalapril in dose singola (5-40 mg) provoca diminuzione della pressione arteriosa con un effetto massimo dopo 6-8 ore dalla somministrazione; il controllo sui valori pressori si mantiene per circa 24-36 ore. Rispetto al captopril l'insorgenza d'azione è più lenta, essendo legata all'idrolisi epatica che porta alla formazione del metabolita attivo dell'enalapril, l'enalaprilato. Somministrando, infatti, direttamente il metabolita attivo, l'inizio dell'azione farmacologica si manifesta rapidamente, entro 15 minuti. L'effetto massimo è raggiunto in 1-4 ore e l'azione antipertensiva permane per circa 6 ore.

L'enalapril riduce le resistenze vascolari periferiche, renali e coronariche. La somministrazione di una dose singola (20 mg) riduce le resistenze vascolari periferiche del 14%; la somministrazione di dosi multiple determina una riduzione del 21-34%.

Lo studio ANPB2 (Second Australian National Blood Pressure Study) ha confrontato enalapril con idroclorotiazide nel trattamento dell'ipertensione. Lo studio, in aperto, ha arruolato più di 6000 pazienti, con un'età media di 71,9 anni, per la maggior parte di razza bianca (95%); circa il 7% presentava diabete. Dopo un follow up di 4,1 anni, l'incidenza di eventi cardiovascolari o di mortalità per qualsiasi causa è risultata lievemente inferiore con enalapril (-11%), nonostante la riduzione dei valori pressori sia risultata sovrapponibile nei due gruppi di trattamento. I benefici clinici sono stati osservati solo nei pazienti di sesso maschile. Al termine dello studio, un terzo dei pazienti era in terapia con due o più farmaci per ottenere un controllo pressorio ottimale (Wing et al., 2003).

L'ipertensione reno-vascolare è una risposta "compensatoria" ad una riduzione del flusso glomerulare insufficiente (placca ateromatosa in arteria renale). Il ridotto flusso glomerulare porta il rene ad aumentare la produzione di renina per mantenere un'adeguata pressione di filtrazione. In queste condizioni, la somministrazione di un ACE-inibitore può scatenare un'insufficienza renale acuta. Sebbene l'enalapril sia indicato nel trattamento dell'ipertensione reno-vascolare, nella pratica clinica non viene usato.

In pazienti affetti da insufficienza cardiaca congestizia, la riduzione della pressione arteriosa è associata a modificazioni emodinamiche: diminuzione della pressione polmonare, di quella dell'atrio destro e aumento della gittata cardiaca.

L'insorgenza della risposta compare 2 ore dopo la somministrazione di enalapril; l'effetto massimo dopo 4-8 ore (Dickstein et al., 1984) e dura per 12-24 ore.

L'enalapril è risultato efficace nel migliorare la sopravvivenza in pazienti affetti da scompenso cardiaco (Corr. Med., 1990): in associazione alla terapia standard riduce la mortalità del 40% in 6 mesi in caso di scompenso grave (NEJM, 1987); riduce la mortalità del 16% e le ospedalizzazioni del 26% in caso di scompenso sintomatico (classe NYHA II-III) (NEJM, 1991, studio SOLVD - Study of Left Ventricular Dysfunction); diminuisce l'incidenza di scompenso cardiaco sintomatico, le ospedalizzazioni e la mortalità, in pazienti con scompenso asintomatico e con volume di eiezione minore od uguale a 35% (NEJM, 1992, studio SOLVD Prevention). L'impiego di dosi elevate rispetto a quelle standard non ha comportato un miglioramento statisticamente significativo sulla mortalità, ma una riduzione della tollerabilità del farmaco (Nanas et al., 2000; Eur. Heart J., 1998).

Nello scompenso cardiaco cronico, l'enalapril è risultato più efficace di idralazina/isosorbide dinitrato nel ridurre la mortalità (mortalità: 18% vs 25% dei pazienti trattati) (NEJM., 1991a).

E' probabile che gli effetti degli ACE-inibitori sulla mortalità, nei pazienti con scompenso cardiaco, siano in parte indipendenti dall'azione emodinamica di questa classe di farmaci (i benefici clinici sulla mortalità sono precoci, evidenti prima che possano intervenire delle modifiche a livello di circolazione vascolare). Gli ACE-inibitori agirebbero sul sistema renina-angiotensina del cuore. Questo sistema localizzato si attiverebbe molto precocemente in risposta allo stress di parete (stress telesistolico) in pazienti con attività reninica plasmatica ancora nella norma (Neri et al., 1996).

L'enalapril è stato confrontato con amlodipina e placebo in pazienti con cardiomiopatia ischemica normotensivi (pressione arteriosa diastolica < 100 mmHg). L'esito primario dello studio, della durata di 2 anni, era rappresentato dall'incidenza di eventi cardiovascolari (morte cardiovascolare, infarto miocardico non fatale, rivascolarizzazione coronarica, ictus/TIA, ospedalizzazione per insufficienza cardiaca, angina e arteropatia periferica). Mentre nel gruppo placebo i valori pressori hanno registrato un lieve incremento (+0,7/0,6 mmHg), negli altri due gruppi la pressione arteriosa è diminuita in modo sovrapponibile (-4,9/2,4 mmHg e -4,8/2,5 mmHg rispettivamente con amlodipina e enalapril). L'incidenza degli eventi cardiovascolari è stata pari a 20,2% vs 16,6% vs 23,1% rispettivamente con enalapril, amlodipina e placebo. Nei pazienti trattati con i due farmaci cardiovascolari non è stata osservata progressione della malattia aterosclerotica (lieve trend in aumento) a differenza del gruppo placebo (Nissen et al., 2004).

L'ipertensione arteriosa si associa ad una perdita di funzionalità renale mediata da lesioni a carico sia del sistema vascolare renale (vasocostrizione dei vasi a cui segue lesioni della struttura dei vasi stessi) sia del glomerulo (ipertensione e ipertrofia glomerulare). Gli ACE-inbitori rallentano il declino della velocità di filtrazione glomerulare sia nella nefropatia diabetica sia in quella non diabetica. Nei pazienti diabetici con nefropatia iniziale, gli ACE-inibitori riducono l'albuminuria e rallentano la progressione verso una condizione di nefropatia conclamata. Nei pazienti diabetici con nefropatia clinicamente evidente (macroalbuminuria) gli effetti esercitati sulla proteinuria e sull'albuminuria rallentano il peggioramento della funzionalità renale. In caso di nefropatia diabetica l'enalapril è efficace nel controllare la proteinuria; riduce i valori di proteinuria e albuminuria a meno della metà rispetto a quelli osservati in pazienti trattati con metoprololo (proteinuria: 1,3 g/24 ore vs 2,2 g/24 ore, rispettivamente con enalapril e metoprololo; albuminuria: 1,0 g/24 ore vs 1,7 g/24 ore, rispettivamente con enalapril e metoprololo) (Corr. Med., 1990a). Gli effetti sulla funzionalità renale evidenziati dagli ACE-inibitori, risultano, in parte, indipendenti dall'azione propriamente antipertensiva. In pazienti diabetici, sia con diabete di tipo 1 sia di tipo 2, normotensivi con microalbuminuria, l'enalapril è risultato efficace nel ridurre l'escrezione di albumina e preservare la funzionalità renale (Hallab et al., 1993; Ravid et al., 1994).

I benefici clinici degli ACE-inbitori sulla funzionalità renale (riduzione della proteinuria e rallentamento del deterioramento della capacità di filtrazione renale) sono stati osservati anche in caso di nefropatia non diabetica, soprattutto nei pazienti con elevata proteinuria. Una metanalisi che ha preso in considerazione 11 studi clinici randomizzati (7 dei quali utilizzavano enalapril come ACE-inibitore) ha messo in evidenza come dopo 2,2 anni la percentuale di pazienti che entrava in dialisi è risultata significativamente minore nel gruppo trattato con ACE-inibitore, così come inferiore è risultata la quota di pazienti che mostrava un raddoppio della creatinina sierica iniziale (Jafar et al., 2001). In uno studio di comparazione, l'enalapril è risultato più efficace di atenololo o acebutololo nel rallentare l'insufficienza renale con un minor numero di pazienti che hanno raggiunto lo stadio terminale della malattia (Hannedouche et al., 1994). Quest'ultimo parametro tende ad invertirsi in caso di malattia renale policistica, patologia la cui evoluzione è poco influenzata dalla riduzione pressoria e dalla terapia con ACE-inibitori (Van Essen et al., 1997).

In pazienti con disfunzione ventricolare sinistra, l'enalapril è risultato efficace nel ridurre l'incidenza di diabete, in particolare nei pazienti con un'alterata glicemia a digiuno. In un studio retrospettivo, la somministrazione di enalapril è stata associata ad un'incidenza di diabete (diagnosticato quando la glicemia a digiuno risultava uguale o superiore a 126 mg/dL dopo due visite) pari al 5,9% vs 22,4% nel gruppo placebo riduzione del rischio assoluto di sviluppare diabete pari al 16,5%). Nei pazienti con valori di glicemia alterata (compresi fra 110 e 126 mg/dL), l'effetto dell'ACE-inibitore si è dimostrato ancor più significativo con una percentuale di nuovi casi di diabete pari a 3,3% vs 48% nel gruppo placebo (Vermes et al., 2003).

In pazienti con retinopatia diabetica, l'enalapril è stato confrontato con nisoldipina per una media di 5,3 anni. Lo studio non ha rilevato differenze significative sulla progressione della retinopatia diabetica nei pazienti con controllo intensivo dei valori pressori vs quelli con controllo più moderato (precedentemente era stato ipotizzato che il controllo dei valori pressori potesse essere correlato con la progressione della retinopatia diabetica). E' possibile che la mancanza di differenze fra i due approcci sia dipendente dallo scarso controllo della glicemia nei due gruppi di pazienti (Estacio et al., 2000 - studio ABCD).

L'enalapril è risultato efficace nel prevenire la tolleranza ai nitrati in caso di infusione continua con nitroglicerina in pazienti con malattia coronarica ischemica, probabilmente attraverso l'aumento dei livelli di cGMP nella cellula muscolare liscia, l'aumento dei livelli di bradichinina (la cui azione vasodilatante è mediata dalla prostaglandina PGI2) e l'inibizione dell'angiotensina II (l'angiotensina II stimola un'eccessiva produzione di radicali all'ossigeno che riducono la disponibilità di NO endoteliale) (Watanabe et al., 1997).

L'enalapril è risultato porfirinogenico.